Correvano gli anni 2014 e 2015…e 2016. Verso le mie 50 candeline, un viaggio nel tempo in musica e eventi

1972 al 2023 verso i miei 50 anni, ogni giorno un anno da ripercorrere in musica e negli eventi di quell’anno

Non c’è due senza tre, ovvero dopo i post per 2 anni arriva quello di 3 anni. Il weekend appena trascorso è stato per me un pieno di attività legate alla mia progettualità con l’Istituto Solaris, due giorni di formazione e due giorni di stimoli belli e di crescite. Quindi caro il mio blog, cari miliardi di lettori😁😁 e caro progetto siate accoglienti e non me ne vogliate a male…ero totalmente impegnato altrove. Quindi vado per 3 anni in un post, impegnativo, e spero di saper essere sintetico al punto giusto. Prendo fiato quindi e chiudo gli occhi per far salire alla memoria e all’area delle emozioni questi tre anni. 41-42 e 43 anni…come sono andati? E che cosa ho fatto di bello…o di brutto?

In questi anni sempre più lavoro a crescere in una nuova identità professionale. Anni impegnativi in senso fisico ed anche progettuale. Collaboro con società che offrono prodotti assicurativi e finanziari e trovo, il mondo del lavoro, sempre molto stimolante perché è per me come un laboratorio in cui tante mie parti emergono e dalle relazioni con colleghi e con l’azienda traggo preziosi, e non sempre facili, stimoli ad evolvere.

Il 2014 … rullo di tamburi… nasce il mio blogggggg…Yeeeee.  Statisctiche alla mano da quando è nato il mio blog ha avuto 40.749 Visualizzazioni (grazie), 22.922 visitatori (grazieee), 2.774 commenti ( wow grazissimo), il sito è seguito da 560 altri blog…ancora grazie a tutti. In questi anni ho scritto molti articoli, molti li ho poi tolti perché non mi piacevano più, al momento sono 722 (bravo a meeee). Dai sono contento, voglio bene a questo spazio e mi piace prendermene cura.

In questo anno insieme con una mia collega mettiamo in piedi e realizziamo un ciclo di eventi che si ispira al mito di Ulisse così come ce lo propone Antonio Mercurio nel libro “Ipotesi su Ulisse”. Il titolo era “Cosa farebbe Ulisse al posto mio?” ricordo ancora con soddisfazione tutto il percorso che abbiamo fatto insieme alle varia persone che hanno partecipato agli incontri.

All’orizzonte mi si prepara un nuovo cambiamento professionale.

Il 2014 è anche l’anno in cui i Foo Fighters pubblicano The River

Il 2015, come dicevo, approdo ad un nuovo lavoro e questo cambiamento devo dire si presenta con nuove, ed inizialmente impreviste, opportunità.

E’ un periodo della mia vita in cui sono molto appassionato di fotografia, poi negli anni il mio rapporto con la macchina fotografica è cambiato e devo dire che mi sono un po’ impigrito. Ogni tanto ancora la mia reflex mi guarda come dire “che facciamo? Usciamo a afre un giro?”. Questo è uno degli scatti a cui sono più legato e che ancora – a distanza di anni – lo utilizzo.

E visto che è tutto un turbinio di colori ecco che sempre nel 2015 collaboro con i direttori dell’Istituto Solaris alla scrittura della chiave di lettura per il XXXI° seminario di Cinematarapia. Il film di quel seminario era Rapunzel ed il tema proposto “Ad occhi aperti. Usiamo il perdono e la riparazione per accedere ad una nuova visione.

A guidare la macchina dell’oggi scruto nello specchietto retrovisore sugli eventi di questi anni le fasi embrionali e drammatiche del conflitto che invece oggi è cruento tra Russia e Ucraina e produce molti morti e dolore. Proprio in questo momento mentre scrivo leggo sui giornali on line di “incontri” tra leader di super potenze che mi viene rabbia a pensare (da una parte e dall’altra del mondo) a come siamo ancora instupiditi e non “immunizzati” al virus dell’odio e della volontà di dominio.

Il 2016 andiamo a farci un bel viaggetto a Venezia, il ricordo di quei giorni è agrodolce in me. Ero pieno di gioia perché avevamo saputo da poco che c’era un figlio/a in arrivo.  Poi purtroppo abbiamo dovuto fare i conti un aborto spontaneo. Si, succede è frequente! E anch’io me lo sono detto e ce lo siamo detti. Ma non pensavo facesse così maledettamente male. E ancora mentre scrivo fa male. Ho sempre pensato che si sarebbe chiamato Benedetto o Benedetta, non so perché ma in quei giorni e per tutto il tempo che è durata ho sentito questo nome dentro ed avevo una gran forza.

Ma la vita – a volte – non va come vorremmo noi e c’è sempre un identità nuova da acquisire mi ha insegnato Antonio Mercurio. Più cerco di rimuovere e più famale. Il dolore ha la sua dignità e solo riconoscendolo sento ogni volta che si può trasformare. Quel giorno noi abbiamo perso un figlio e mia figlia un fratello o sorella. Era già con noi e … lode a lui per il tempo del suo progetto.  Una prova importante per la mia famiglia.

In quello stesso mese conseguo il diploma da Cinematerapeuta. Ora essendo che questo diploma è esclusiva dell’Istituto Solaris ed essendo io il primo diplomato nei fatti ho un primato. No, vabbè, a parte il primato sono felice.  E’ un bel giorno caldo e ho dentro di me “tutta” la mia famiglia.

La mia tesi di diploma è basata anche sulla scrittura di una chiave di lettura di un film, il film che io ho scelto è “Frozen, il regno di ghiaccio”. Ho ancora negli occhi la meraviglia di quando siamo andati con Emma a vederlo al cinema e di tutte le volte che lo abbiamo rivisto a casa e abbiamo ballato, cantato e interpretato i brani canzoni….e poi abbiamo anche realizzato una nostra autentica e irripetibile danza. … Siamo troppo forti. Beh il brano di quel tempo è:

Incontriamoci in modo autentico.

Dico una banalità, lo so, ma mi serve per fare un passo verso la fissazione di un emozione. La tecnologia ha ridotto e in molti casi annullato le distanze, o almeno quel senso di “lontananza”(questa è la banalità). Nelle relazioni con le persone la “lontananza” assolveva un compito “anestetizzante” verso i temi e gli ostacoli che si frapponevano tra le persone. Una sorta di mutua intesa benedetta dai kilometri e dai rudimentali strumenti di comunicazione facevano si che alla fine ci si interessava allo scambio di telegrafici “Io sto bene e mi auguro lo stesso di te”.

Oggi però questo anestetico è stato superato e abbiamo un opportunità di “incontro” con l’altro. O almeno se non ci “incontriamo” non c’è l’alibi della distanza.

Quindi oggi è più facile? Magari, mi verrebbe da dire. Oggi è un bell’impegno “l’incontro” chiede tanta capacità di conoscenza di se, desiderio di evolvere e di dare un senso alle relazioni. Nel pratico siamo chiamati a conoscere le nostre emozioni e saper dare ad esse un nome, così che possano essere con noi nella relazione di incontro con l’altro e con le sue emozioni. Il far finta di niente, ed il lasciar correre sempre più è una strategia di breve termine. Ci vediamo e ci sentiamo spesso quindi già che ci siamo prima o poi diventa necessario presentarci e essere autenticamente noi stessi con le nostre potenzialità e i nostri limiti, il nostro straordinario essere persone che insieme con le altre cose hanno anche un ruolo nel grande progetto della vita e che, ci piaccia o meno, assolviamo scegliendo di essere pienamente noi stessi con tutta la nostra storia, con tutti i nostri sogni, con i toni chiari e quelli scuri, con i sorrisi e non, pienamente inseriti nella vita ma che ci dobbiamo dare da fare – trasformare gli ostacoli e i dolori che ci bloccano – e splendere della bellezza della nostra autentica progettualità profonda, l’essere energia che sorride intorno ad un immagine di noi, che sogna e realizza che sa armonizzare … e lo fa

5 azioni di successo per stare bene ed essere Felici. Liberi tutti!

Respiriamo pienamente e lasciamo aprirsi il sorriso, è un era nuova e lo è perché lo abbiamo deciso noi e tanto vale. 

Eccoci qua, dopo ave esplorato il collettivo “loro” ed esserci posti nella volontà di cambiare “epoca esistenziale” il prossimo passo è “l’Arte”, ovvero fare gli artisti con la nostra vita.

La prigione della reattività ha sbarre robuste e richiede altrettante robuste azioni di libertà.

La prima azione è l’accettare che “Loro”, nel bene e nel male, ci sono stati, ci sono e ci saranno anche in futuro ( se non nel colpo di certo nelle sopravvivenze attraverso le nostre proiezioni sugli “altri e sulla vita” delle dinamiche con “loro”; Accettiamo la frustrazione di sapere che non possiamo cambiare “Loro”, e che possiamo invece cambiare Noi.

La seconda Azione che sento importante è “Amarsi in modo folle”. Si follemente, essere pronti a tutto per il nostro bene.

La terza azione ha le radici nell’amore e i muscoli alimentati a “dono”, ed è perdonare ebbasta! Non ragionateci sopra, e non cercate autorizzazioni e legittimazioni a farlo. Fatevene “dono” per voi, qualsiasi cosa “loro” possono aver fatto e qualsiasi cosa “noi” possiamo aver fatto ora è tempo di andare avanti.

La quarta è riparare; non c’è un modo buono o sbagliato di farlo. Riparare, ricucire, ricostruire, ricollegare e ogni cosa che in sintesi dia dignità di prosecuzione a noi.

La quinta è godere di Sè. Qualsiasi cosa sia accaduta godiamo di noi, avanziamo verso il centro della pista della vita e lasciamo che gli altri si chiedano anche ” che cosa ancora possiamo avere da ballare”. Noi balliamo, viviamo, creiamo perché ce lo meritiamo.

Già vedo sbarre sgretolarsi. Le mani le strappano dai cardini e siamo già fuori all’aperto. Respiriamo pienamente e lasciamo aprirsi il sorriso, è un era nuova e lo è perché lo abbiamo deciso noi e tanto vale.

“…E siccome loro NON?… Beh allora Io…”. Parte 2. Inizia un’epoca nuova.

Meritiamo di godere della pienezza del nostro essere e di attuare l’opportunità di costruirsi una vita all’insegna di valori altri, nuovi, godere della pienezza dell’essere. 

Bentrovati, e spero abbiate letto il post dal titolo “…E siccome loro NON?… Beh allora Io…”,  se non avete ancora fatto beh…fatelo ok?

Siamo in un tempo epocale, stanno accadendo nel mondo eventi che segnano un epoca.  Passano sopra le nostre teste trasformazioni sociali e relazionali radicali, e le parole stanno scolorendo e sbadigliando. In questo momento storico di conflitto l’uso della parola “atomica” avviene con una tale frequenza che se dovesse (ci auguriamo di no) ricomparire il fungo mortale in qualche parte del mondo “forse” ci troverebbe già pronti e assuefatti.

watch-dealers-g25635f5db_1920E’ tempo di far suonare la sveglia, svegliarci. Le nebbie della posizione rabbiosa ci seducono, da una parte, e dall’atra ci imprigionano e ci fanno rischiare il naufragio.

Se abbiamo fatto – e continuiamo a fare – i conti con il tema trattato e che riassumo qui con la parola “reattività” allora la domanda che vi pongo è : “Vogliamo fare un passaggio epocale nella nostra vita? ”

Si “epocale” perché si tratta di passare da una dimensione all’altra “in toto”, uscire dal medioevo delle nostre rabbie e entrare nell’ rinascimento della vita libera.

La reattività ci tiene in prigione, questo deve essere ben chiaro. Il tema, se lo conosciamo, anche se magari non vogliamo ammetterlo. Lo abbiamo sperimentato da anni nelle nostre vite. Ma se vogliamo “oggi è un giorno nuovo”. E’ oggi la nuova epoca in cui possiamo e dobbiamo entrare, perché vogliamo tutti legittimamente  stare bene ed essere felici. Cambiamo l’assunto di base dal noto “voglio avere ragione” al “voglio essere felice”. No, non sto chiedendo a nessuno di svilirsi e non è nemmeno un atto di resa passiva e vigliacca, nulla di tutto questo. Vi sto chiedendo solo di spostare il baricentro da un obiettivo all’altro. Il dolore che ciascuno di noi ha provato – e prova – per le frustrazioni merita dignità e rispetto e io lo riconosco. Allo stesso modo riconosco che ognuno di noi merita di godere della pienezza di Sè e di attuare l’opportunità di costruirsi una vita all’insegna di valori altri, nuovi, e godere della pienezza dell’essere.

“La pienezza dell’essere è una novità continua di essere.(..) Appare ritmicamente, come il giorno e la notte, e si accresce all’infinito. Non ci può essere esperienza della pienezza dell’essere per chi non ha ancora deciso di lasciare l’utero e di nascere pienamente al mondo della realtà”. ( Le leggi delle vita di Antonio Mercurio)

Per fare questo passaggio dall’utero alla nascita, accedere all’epoca nuova, dobbiamo metterci ben saldi ok? Non è un giochetto, ho parlato non a caso di cambiamento epocale. E’ bellissimo anche se certamente richiede impegno. Siete pronti? Fatemi sapere in qualche commento se ci siete…ho gran voglia di andare avanti e proporvi anche qualche strumento per entrare in questa nuova era della pienezza di noi.

Al prossimo articolo quindi, e scrivetemi…che mi fa sempre tanto piacere. Grazie a tutti e uno speciale a Raffa per il commento ed il contributo al precedente post.

Musica per questa fase… Learn to Fly dei Foo Fighters

“…E siccome loro NON?… Beh allora Io…”. Prigionieri della rabbia.

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“Prima di leggere (e mi auguro lo facciate in tanti) vi chiedo sin da ora il dono di un secondo del vostro tempo per dare una risposta nei commenti alla mia domanda finale.

(…) … E siccome loro NON…allora Io … (…)”. Eccolo qui, l’inizio e i pilastri su cui si sviluppano molta parte della narrazione di tante vite.

Lavoro su me stesso a per crescere ed evolvere, lo stesso e da anni faccio con i miei clienti. Vogliamo tutti crescere, migliorarci, e questo è legittimo e buono. Continuiamo a lavorarci.

Chi sono “loro”? Loro sono i nostri genitori, i nostri partner, i nostri fratelli, i nostri datori di lavori, i nostri amici, i nostri governanti, i nostri insegnanti, ma anche il nostro meccanico … idraulico, sacerdote, parrucchiere ecc ecc. Insomma “Loro”!

Un tempo ciascuno di noi ha fatto esperienza con i limiti di “loro”; e quando non siamo stati gratificati … “Beh allora Io (…)”. E’ stato un tempo remoto e forse non ne abbiamo coscienza, poi a ben vedere ce ne sono state altre e di queste (a cercare con attenzione) la coscienza è maggiore.

Qundi “A ciascuno il suo” motivo di arrabbiatura, ed ognuno i propri “loro” che ce le fanno vivere e/o rivivere.

Dal momento che “loro NON hanno fatto, detto, pensato, evitato, dato, deciso, ecc ecc” potrebbe ( uso il condizionale ma io ne sono certo) essere partito un ritmo narrativo che si struttura sull’… “Allora Io …” non voglio, non faccio, non dico, sono arrabbiato, merito giustizia, non perdono, non sono contento, non so fare e quindi non faccio, non so pensare, non sono bravo come gli altri, prima tu devi … ecc ecc.

Risultato? Siamo bloccati credetemi, e persi in un labirinto.

Se sentiamo che questo palinsesto narrativo ed esistenziale ci appartiene non colpevolizziamoci troppo, è una reazione umana. Ciò posto, tuttavia, ritengo per la nostra crescita che non dobbiamo nemmeno giustificare la permanenza ” oggi consapevolmente” in questa dinamica. Quindi basta e stop! ok?

Stop perchè questo impianto è insieme aggressivo ed autoaggressivo, avvelena il nostro presente ed è una zavorra per il nostro futuro.

“Loro…loro…loro…loro. E un ritmo incalzanti e ispira narrazioni e “seghe mentali” che ci eccitano da morire, diciamocelo”.

Il dolore per la frustrazione che i limiti di “loro” ci hanno fatto sentire merita rispetto e serietà, meritano il giusto riconoscimento la giusta posizione di accoglienza e di elaborazione. E un lavoro difficile e faticoso, fa paura … ma è un fatto UMANO e non dobbiamo spaventarci o rimproverarci o punirci (o almeno non più di quanto abbiamo fatto e facciamo).

Cosa ci frega? Ecco un gruppo abili fregaioli.

  • Ci frega l’orgoglio. Ci frega se non lo conosciamo bene e non lo curiamo con l’umiltà.
  • Ci frega il lamento. Se non lo riconosciamo autenticamente e non decidiamo di sperimentare il vuoto.
  • Ci frega la nostra mente. Se non riconosciamo il modo con cui narra la “solita storia” per il solito obiettivo di “rivalsa”.

Come uscire dalla prigione che ci siamo costruiti.

Vorrei dirvi che c’è una bacchetta magica ma non è così. Ma vi dico come faccio io e come lavoro con i miei clienti.

Per oggi mi fermo qui con una domanda: ” Vi ci ritrovate con me i questa esposizione?

A continuare poi passeremo al “Come liberarci”.

A proposito “di ritmi incalzanti ed epiche narrazioni e “seghe mentali” che ci eccitano da morire, diciamocelo”. Più o meno la colonna sonora potrebbe essere questa (buon ascolto).

Il senso di tutto

Dimenticanze, omissioni, ritardi, conflitti interiori ed esteriori, salti di gioia e quant’altro ancora assumono una rilevanza speciale nella nostra vita. Il passaggio che “valorizza il tutto” è proprio quello della posizione di “senso” o meno che noi vogliamo prendere rispetto alle tanto famose “cose della vita”. Dimenticare un impegno importante ha un senso eccome! Si può far passare la cosa come sbadatezza o risultato del “corri corri”. Si, si può! Si può anche scegliere di cercare il senso delle cose. E cerca cerca poi magari, ad essere centrati e tenaci, poi il senso si trova. Allora una dimenticanza può accendere un faro di consapevolezza su un ostacolo interiore come la paura, ad esempio, di entrare in una situazione per le valenze pratiche e di scelte che ne consegue. Perché mi accade questo? Rispondo dicendo che il motivo è quello di emergere a coscienza un aspetto di se, e non è una sciagura (certo lo si può vedere anche così, se si vuole), io invito a vedere invece tutto come un contenitore di senso e significato, pieno di messaggi e indizi per noi, pieno di inviti a crescere. Quando una cosa accade e ci trova svegli beh allora possiamo essere persone nuove, nuove posizioni interiori e nuove decisioni…quindi nuova vita…e buona vita.

Restiamo luminosi.

Non dobbiamo mai smettere di credere che cambiate in meglio sia possibile. La fiducia è il risultato della nostra azione e della nostra disponibilità a rimanere sintonizzati con il nostro obiettivo di crescere ed evolvere. Siamo persone meravigliose, abbiamo un sole dentro che non ci abbandona mai. Siamo liberi di scegliere e, può suonare assurdi, ma a volte scegliamo di escludere il sole dalle nostre vite. Accade quando siamo arrabbiati e addolorati, facile in questi casi sentirsi affini e sedotti da emozioni reattive. Ma non smetterò mai di dirlo e lo ripeto ancora oggi che dobbiamo conoscerci a fondo per essere sempre padroni della nostra vita. Poi scegliamo, ma consapevolmente. E se il sole ci piace, allora non mettiamoci più all’ombra.

Conoscere le ragioni dell’odio per risolvere i conflitti ed essere felici

Di chi è la colpa? Quando c’è un conflitto è questo uno degli interrogativi a cui sentiamo di trovare una risposta. Ne ha bisogno la nostra mente per non soffrire troppo, ovvero per dare un senso a ciò che nel conflitto appare nebbioso e ci minaccia. Credo che inconsciamente ognuno tende a patteggiare per l’una o l’altra parte e penso che le motivazioni di tale – intimo – posizionamento abbiano un corrispettivo esperienziale da ricercare nella storia delle persone. Potremmo così accorgerci che i nostri motivi di astio e risentimento per non esserci, ad esempio, sentiti amati o riconosciuti come meritavamo magari ci fanno patteggiare con coloro che stanno rivendicando qualcosa di simile. Questo chiaramente a prescindere dalle ragioni di un conflitto che la storia probabilmente non saprà mai descrivere in modo obiettivo, ma ci saranno diverse versioni e diverse verità. Di chi è la colpa quindi? Partendo dalle nostre ragioni di risentimento, sento che presto ci ritroviamo a contattare le posizioni interiori intorno al sentimento dell’odio. Il nostro Odio spesso tenuto nascosto e che affonda le radici nel passato atomico delle nostre sofferenze percepite i subite. Seguendo i fumi velenosi dell’odio potremo vedere le sue azioni nella nostra vita, lo potremmo trovare ad esempio nel non amore e riconoscimenti che noi stessi non ci diamo, fermi nell’attesa e nella pretesa che arrivi il giusto risarcimento. Vi svelo un segreto, non ci sarà mai risarcimento l’unico a pagare siamo noi che ipotechiamo su queste follie risarcitorie la nostra vita. Rendiamo gli onori al nostro passato e deponiamo quelle armi. Lo so, non è facile assumersi la capacità di odiare, ed è questo forse uno dei motivi per cui cerchiamo fuori il colpevole, per non soffrire certamente e per non mettere le mani a fondo nel nostro dolore che tanto ci fa male Ma è il tempo di sanarlo, di liberarci, trasformarlo imparando a riparare verso di noi attraverso le azioni concrete del prendendoci cura sempre più e sempre meglio del nostro progetto. Quale progetto? Beh, certamente non quello di stare pronti con il fucile spianato in attesa del risarcimento. Probabilmente il nostro progetto lo abbiamo chiuso a protezione in uno scrigno nel profondo in un bunker del nostro cuore. Andiamo a liberarlo, ok? Partiamo con il riconoscere le ragioni del nostro odio che inquina la nostra vita e alimenta i rovi spinosi intorno al nostro progetto. Come fare? Iniziamo intanto a fissare questo obiettivo, rendiamolo palese alla nostra volontà cosciente. Poi rimaniamo svegli nel quotidiano per conoscerci meglio, imparare acaptare i fumi velenosi dell’odio con il suo corteo di pretese e ragioni assolute. Chiediamoci ogni volta se vogliamo avere ragione o se vogliamo essere invece felici. Scegliamo di liberarci e stiamo certi che dallo scrigno sentiremo pulsazioni di vita e di evoluzioni speciali e ci alimenteranno ogni giorno. Ci innamoreremo di noi e sapremo, al prossimo conflitto che ci troveremo ad affrontare, che la motivazione profonda e soprattutto la soluzione ha un noi una buona opportunità di risoluzione. Sarà impegnativo ma sarà anche bellissimo come bella e la libertà.

Divenire Artisti della propria vita. Regola 3 ”Correggete la rotta giorno per giorno” da: “Le Regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio

Come acqua di torrente ci è utile apprendere l’arte dell’essere fluidi,  disponibili e accoglienti verso le nostre fragilità. Così centrati siamo pur certi che troveremo sempre in noi un quantum di amore e di coraggio per cambiare percorso, a cercarne di nuovi, a crearne di nuovi per andare avanti e superare gli ostacoli. La meta che ci siamo prefissi di raggiungere è ambiziosa, ce la meritiamo e possiamo attuare decisioni di cambiamento, forti e decise. Come nel mare le correnti marine e i venti possono far deviare dalla rotta fissata ecco che allo stesso modo, ci dice Antonio Mercurio, nella vita bisogna conoscere a fondo il nostro animo per scoprire e bloccare sul nascere le decisioni dettate da volontà di dominio, da pretesa orgogliosa o da progetto vendicativo (per dirne alcune). Queste motivazioni ci fanno deviare dalla rotta e naufragare. La reazione al dolore produce rabbia, e come rivalsa pretendiamo di essere risarciti. Le pretese alimentano i veleni nel nostro animo e questi ci allontanano da noi stessi. Non è facile, ma noi siamo coraggiosi, e decidiamo di  imparare ogni giorno delle nostre pretese quando compaiono. Lo dobbiamo fare non per amore poi stessi. La nostra meta non è la rivalsa, la nostra meta è la creazione di bellezza nella nostra vita.  L’umiltà è un valore prezioso e alleato in questo percorso; lo scorso mese l’Istituto Solaris mi ha fatto dono delle pubblicazione di un articolo proprio sul valore dell’umiltà nel messaggio  di Antonio 

Buon ascolto

Per la foto grazie a Gerd Altmann da Pixabay

Divenire Artisti della propria vita. Regola 2 ”Fissare la rotta” da: “Le Regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio

La meta è invisibile fino a quando non viene raggiunta. Sono tanti gli obiettivi che tutti ci prefiggiamo e che ambiamo a raggiungere, di benessere, di realizzazione, di coppia, professionali ecc. Eppure tutti questi obiettivi saranno visibili nelle loro forme solo una volta raggiunti. Ciò non ci impedisce però di pianificare e, per dirla con le regole, di “Fissare la rotta”.  Fissiamo la rotta centrandoci sull’ascolto profondo del nostro progetto, sentiamo l’intima connessione con noi. I primi marinai osservavano a lungo il cielo da terra, prima di prendere il mare,  e così stabilivano le connessioni tra la meta che si erano prefissati e la stella polare (che è fissa) . Antonio Mercurio ci propone di avere il nostro Sé personale come stella polare e di trovare la connessione tra la meta che ci siamo prefissati ed il nostro Sè per tracciare la rotta in modo sicuro. Come i marinai con le stelle così anche noi dobbiamo imparare a conoscere il nostro Sè, la fonte di amore immodificabile e il nostro progetto, per fissare in sicurezza la rotta. 

Grazie per la Foto a FelixMittermeier da Pixabay

8 regole d’oro per vincere la Rabbia. Viva Noi e le nostre scelte d’Amore.

Cari miei, sapete io non ho ancora trovato una sola persona “arrabbiata” e che – in base al suo racconto – non avesse poi ragione ad essere arrabbiata.

Lo stesso vale per noi stessi, quanti romanzi da una sola “incazzatura”, e quanti dettagli e trame fitte fitte… quante pippe mentali. Ma anche STOP, direi!!.

Che fare? Ad un certo punto la vita (la nostra vita) ci chiede di decidere che posizione avere rispetto alla rabbia. Come fa a chiedercelo? La richiesta arriva frequentemente attraverso il disagio ed il malessere. Richiama in questo modo la nostra attenzione, ci mette davanti allo specchio e ci chiede: ” Questa rabbia ti aiuta a star bene ed essere felice? E’ questo che vuoi?

Per rispondere ci si può prendere anche del tempo, tutto quello che serve.

Se la risposta è “Si” allora continuate pure. Se invece è “NO” beh…allora mettiamo un “punto” al nostro racconto ed andiamo a capo. In un modo o nell’altro siamo liberi nella scelta.

Apprendiamo l’arte del RI-DECIDERE che farne della rabbia.

La rabbia ha una parte sana. Penso ad esempio a quando utilizziamo la forza e l’energia in essa contenuta per rinforzare i nostri talenti e che si traduce in impegno, perseveranza, anche chiedere aiuto. In sintesi è una cosa positiva quando è usata per decidere di mettere da parte le scuse e realizzare la nostra vita.

La rabbia invece non è sana, ed è solo distruttiva, quando diventa motivo di vita, ovvero quando sostituiamo il desiderio di rivalsa al nostro progetto autentico. Questo provoca sofferenze, sia chiaro! La gratificazione da rivalsa (la famosa vendetta) è un miraggio che ci porta alla deriva in compagnia di “ulteriore rabbia” e “ulteriori progetti di rivalsa”.

La rabbia è un veleno da eliminare. E’ come un boomerang, e ci ritorna indietro sotto forma di giudizio, sensi di colpa e rabbia, appunto, verso noi stessi.

Che fare allora? Ecco dei miei semplici e potenti consigli:

1- Prima cosa “non raccontiamocela più“. Tutti intimamente sentiamo quando la narrazione è diventata lunga e ripetitiva, sterile e mortifica. Ecco quando ci arriva questa percezione diamogli valore,  è il momento di “finirla”.

2 – Seconda cosa “diamo valore alla vostra decisione”. Ergiamo la decisione di “farla finita” a totem del nostro progetto d’amore, a onore della nostra grandezza. Rendiamo visibile e diciamolo al mondo intero ” Oggi è il giorno glorioso dell’avvento dell’amore nella mia vita”.

3- Terza cosa “siamo grati”. Si,  siamo grati a noi stessi per aver ascoltato e dato un senso a quel senso di malessere che vi ha nauseato in modo insopportabile. Siano grati per esserci resi disponibili ad ascoltarci ascoltarci profondamente. Siamo grati per aver scelto di parlarne con qualcuno e/o di esserci farci aiutare, siamo grati perché ci siamo scelti come protagonisti della  vita ed avete tolto alla “rabbia” il microfono.

4 – Quarta cosa “siamo gentili”. Si, pratichiamo la gentilezza con noi stessi quando ci riparte il loop. Seminiamola ogni giorno nei nostri pensieri e nelle nostre intenzioni. Pratichiamo la meditazione e facciamo in modo che la rabbia non trovi appigli sulla nostra anima per attaccarvisi. Siamo gentili sempre!

5 – Quinta cosa ” siate amorevoli”. Non siamo perfetti, pratichiamo accoglienza verso di noi e le nostre debolezze  fragilità. Andiamo bene così come siamo.

6 – Sesta cosa ” Siamo innamorati pazzi di noi stessi”. Perdoniamoci gli errori, facciamoci sempre il dono della possibilità di riparare, abbracciamoci, sorridiamoci allo specchio, siamo leggeri e morbidi. Voltiamo le spalle al corteo della rabbia quando lo sentiamo arrivare, siate signori della nostra vita e possiamo farlo.  Ce lo meritiamo.

7- Settima cosa ” Facciamoci un mondo di complimenti”. Si, ogni giorno. Ogni volta che ci  svegliamo nella consapevolezza della nostra libertà, ogni volta che notiamo la rabbia insinuarsi in parole e pensieri e scegliamo di essere gentili e amorevoli con noi e gli altri. Facciamoci tanti complimenti anche se arriviamo in ritardo e ci siamo già arrabbiati, non fa niente complimenti comunque perché siamo vivi, umani e imperfetti. Perdonatevi, riparate, ricominciate.

8- Ottava cosa ” Sentiamoci grandi”. Si, perché lo siamo! Gonfiamo il vostro petto d’amore per voi, ogni momento. Siamo fieri di noi per le nostre scelte e decisioni.  Godiamo della Nostra grandezza che è bella e luminosa.

Un grande abbraccio a tutti.

Divenire Artisti della propria vita. Regola 1 ” Fissare la meta” da: “Le regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio

Prima di iniziare un viaggio, prima di iniziare un progetto, prima di iniziare qualsiasi attività è saggio – buono e necessario – darsi del tempo. Non il tempo infinito delle elucubrazioni e dei 1000 calcoli in attesa che tutti sia perfetto, no quel tempo non serve a niente, è sterile ed è solo rimando. 

Il tempo serve per l’ascolto profondo, per sentire il coraggio che abbiamo. E’ il tempo per preparare la scelta di mettersi in viaggio per lasciare le nostre certezze quotidiane. Ulisse, ha ben fissata la sua meta, il ritorno ad Itaca, e sceglie di lasciare Circe prima e Calipso e tutte le loro promesse di grandezza e di immortalità. Possiamo farlo anche noi! Seminare questa consapevolezza,  armonizzarci con la capacità di di forza e di amore che abbiamo, rinnoviamo il nostro progetto nella volontà cosciente che in quella profonda.  Facciamolo vivere e scorrere in noi, assaporiamoli, visualizziamolo e percepiamoci nella totalità delle persone speciali che siamo. E’ un atto d’amore, seme piantato bene, l’inizio di tutto.     

Divenire Artisti della propria vita con “Le regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio – Introduzione

Questo progetto di pubblicazione è colmo di gratitudine per il prof. Antonio Mercurio, per la D.ssa Paola Capriani ed il Dr Giampiero Ciappina maestri e direttori dell’Istituto Solaris e per tutti i compagni del Movimento Cosmoartistico con cui ho l’onore di collaborare per la creazione di bellezza seconda. A tutti il mio ringraziamento per essere per me punti di riferimento e maestri.

Cari Amici oggi ho arricchito il mio blog di una nuova pagina stabile, ed era ora…mi dice il mio Sè!!!

Si tratta di una pagina interamente dedicata alle Regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi. Tengo molto alle regole, da circa 15 anni sono presenti nelle memorie dei miei vari dispositivi digitali, le ascolto frequentemente e non c’è volta che io non ne tragga beneficio.

Le regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi sono un opera del prof Antonio Mercurio che, ispirato al mito di Ulisse, ci fa dono di un corpus di regole profonde e belle anche artisticamente nella narrazione. Un linguaggio diretto che parla all’animo e che sa rinnovare e rinforzare l’alleanza per l’amore in noi, la nostra progettualità evolutiva sia individuale che corale. Come Ulisse capita anche a noi di incontrare, e di dover risolvere, qualche ostacolo nella navigazione sul mare della vita. La proposta Cosmo Artistica del prof. Mercurio è un potente alleato per la navigazione. Forti di buone regole e di coordinate spirituali chiare ecco che nostra la navigazione assumerà una prospettiva nuova. Ulisse ha come meta il ritorno ad Itaca e noi, gli Ulissidi, ci diamo come meta il “divenire artisti della nostra vita e della vita dell’universo”. Non vi dico altro, giusto il minimo per introdurvi all’ascolto della intro. Mi sono dato il progetto di pubblicarle tutte e di aggiungere giusto qualcosina di accompagno, ma proprio qualcosina. Se desiderate già ascoltarle tutte le trovate nella pagina. Consiglio per l’ascolto? Si…uno…con cuore♥️. Un caro saluto a tutti

Vivere le vacanze con amore

In vacanza non dimentichiamo di portare la cosa più importante, noi stessi.  

Siamo in un momento storico particolare. Le vacanze sono nei pensieri di tanti. Il periodo di graduali riaperture stimola le pianificazioni. Beh, allora prepariamoci per stare bene ed essere felici. 

I periodi di vacanza sono speciali, in piccolo anche i weekend. Li attendiamo per ricaricarci, li attendiamo per riposare e per “fare altro e per fare tutto”. Già…fare altro. Vi sarà capitato di sentire dire, o di dire frasi del tipo: “la prima settimana serve solo per organizzarsi”, e ancora ” ci vorrebbe più tempo “. Non di rado i primi giorni si vive, anche, un senso di confusione .

W le vacanze!! Eppure possiamo goderne sin dall’inizio. Seguitemi.

Arriviamo ai momenti vacanzieri, non di rado, sbilanciati e tendenti allo “sbrago”, ovvero lasciando (a volte abbandonando) la nostra centratura e tante nostre buone abitudini quotidiane.

Questo avviene perché è strisciante un mood che, in estrema sintesi, vuole che nei periodo di vacanze (più o meno lunghi) “dobbiamo smettere” di fare tutto ciò che è “quotidianità”.

Si annida nel profondo di noi l’illusoria convinzione che “chiudere”, ovvero lasciar la nostra vita a casa, sia il modo per approdare alla felicità. Come se la nostra identità del prima e quella del durante le vacanze non potessero siano incompatibili.

Seppur consapevoli della temporaneità delle fase delle vacanze ci accomuna una tendenza a “rimuovere il limite temporale”; quando partiamo, anzi quando già quando organizziamo, dentro di noi si annida il miraggio che durerà per sempre.  Così ecco che in ogni vacanza potrebbe anche annidarsi un un incoffessato desiderio di “chiudere” e “buttare la chiave”.

Con questo approccio, più o meno conscio, ci facciamo lo sgambetto privandoci di una prospettiva di godimento pieno ed autentico. L’errore che facciamo è quello di seguire troppo la parte psichica, ovvero quella che vuole il piacere immediato, e pur di raggiungere questo obiettivo non presta attenzione ad altro.

E se provassimo a cambiare l’assunto di partenza?

Si, perché nelle nostre giornate sono certo ci sono momenti preziosi, ci sono abitudini che amiamo. Io ad esempio amo al mattino quando alle 6:50 apro le persiane e vedo il sole che spunta da dietro le montagne, amo l’odore del caffè. Amo fare meditazione ogni giorno. Amo scrivere e trovo spunti di riflessione  proprio nella quotidianità che vivo, nel mio lavoro, nei miei progetti, nella mia famiglia. Amo portare avanti tanti progetti a cui collaboro, e ciascuno di essi mi richiede una finestra di attenzione quotidiana. Amo vedere mia figlia pronta che esce per andare a scuola. Amo in questo periodo di poco traffico poter andare a lavoro in macchina ed ascoltare la radio. Amo la sensazione a sera di ritorno a casa, amo vedere film con la mia famiglia, amo verso le 21:00 giocare a chi indovina tra di noi “il parente misterioso” su rai 1, amo leggere.

Molte abitudini, naturalmente, durante i periodo di vacanza subiscono delle variazioni, altre entrano nella nostra vita. La fase iniziale delle vacanze può anche portare un senso di confusione, nel piccolo ci richiede una “riorganizzazione”.

Allora ecco il mio suggerimento:  portiamo in vacanza “noi” e non lasciamo a casa le belle abitudini e la ricchezza del nostro quotidiano.

Entrare in una “fase nuova”, seppur temporanea, ci permette di poter consolidare la nostra storia arricchendola. Possiamo arricchire la nostra esperienza vacanziera con la totalità di noi stessi, ed arricchire noi stessi della esperienza vacanziera.

Prima di partire scegliamo cosa mettere in pausa e cosa invece portare con noi.

Se vi è capitato di vivere disagio questo tipo di disagio non colpevolizzatevi, succede perché siamo umani e la nostra mentre è molto ghiotta di pensieri.

Cosa fare allora?

Io suggerisco di fare un primo passo, di coraggio, che è proprio quello di assumere questo atteggiamento, farlo proprio, conoscerlo e non negarlo.   Approfittiamo di questo momento di grande consapevolezza per affermare e consolidare il nostro potere decisionale e di armonizzazione della nostra vita (ovvero nella valigia mettiamo le cose che amiamo).

Il dolore? Beh…vediamola così. Se non fosse stato per questo senso di disagio probabilmente non avremmo iniziato a prestare attenzione alle tante cose “qualità di noi” che abbandoniamo nei momenti di “pausa”. Il dolore in quest’ottica è un potente stimolo di crescita, e così invito a vederlo ed a usarlo.

In vacanza frequentemente si è presi dalla smania di “fare tutto”, ecco impariamo ad ascoltarci. I momenti di pausa non sono momenti in cui dobbiamo mettere in pensione la nostra identità, quella che costruiamo ogni giorno. Riposarsi dopo periodi di lavori intenso è un bel momento come lo è anche donarsi occasioni di svago e di nuove esperienze. Queste belle opportunità, sono certo, saranno ancor più piacevoli vivendole in pienezza.

La vita è una continua opportunità di crescita e di evoluzione, non facciamoci ingannare dai fumi tossici di “stravolgimenti esistenziali”. In vacanza non dimentichiamo di portare la cosa più importante, noi stessi.

In questo momento storico la seduzione di “mollare tutto” sarà ancora più forte, allora rinforziamoci per godere della bellezza che sapremo creare … non facciamoci fregare.

Fondamentalmente buoni

Abbiamo una natura innata positiva e buona. Amandoci accresciamo i nostri talenti ed i crediti di benessere e soddisfazione

Guardiamoci allo specchio e affermiamo che Siamo delle belle e buone persone! Si lo possiamo fare, corrisponde al vero.

La nostra natura interiore innata è buona intrinsecamente; l’impulso aggressivo e le parti “non buone” non sono innate ma sono il risultato della risposta reattiva contro le frustrazioni che, nel corso della esistenza, sperimentiamo quando non soddisfiamo i nostri bisogni, emozioni e capacità. Questo ci dice Abraham H. Maslow nella introduzione al suo libro dal titolo Verso una psicologia dell’essere.

Guardandoci attorno nella vita possiamo constatare questa natura umana fondamentale.

Ci riflettevo ieri mattina in coda in tangenziale, quando insieme con tanti automobilisti mi sono messo in coda per prendere l’uscita. Alcuni, come potete intuire, non l’hanno fatta ed hanno bypassato la fila e somo entrati, a malo modo, davanti.

Ho pensato a quello spaccato di situazione e l’ho riportata nella vita delle persone, alla nostra esperienza personale ed ho visto che come rappresentazione calzava bene. Ho ritrovato la nostra parte buona, maggioritaria, ed ho visto anche le nostre parti “non buone”, minoritarie. Quante volte quando siamo arrabbiati ci rifiutiamo di seguire le regole? Tante, poche? Diciamo che in linea di massima succede, e quando succede in qualche modo subiamo un rallentamento.

Stiamo attenti, ci dice Maslow nella introduzione al libro, che ogni deviazione rispetto alla virtù positiva viene registrato nell’inconscio come un demerito e questo produce sentimenti di disprezzo verso noi stessi, e poi l’autopunizione è dietro l’angolo.

Che fare allora? Coltiviamo e rinforziamo le nostre qualità positive ed acquistiamo crediti verso noi stessi, così nel bilancio della nostra vita troveremo il benessere in misura maggiore e tanta soddisfazione e gratificazione nel sapere, e sentire profondamente, che abbiamo agito bene.

Usiamo questo metodo e accresciamo la consapevolezza di noi. Impariamo a riportare al nostro mondo interiore le esperienze che viviamo nella vita, ad esempio chiediamoci spesso “questa situazione che corrispondenza ha con la mia vita?”. In questo modo togliamo il dito dal grilletto della rabbia reattiva. Sono certo che impareremo a rispondere anche in modo meno reattivo alle frustrazioni, accoglieremo meglio le nostre imperfezioni e quelle degli altri; quando commetteremo un errore non perderemo mai la speranza di poter riparare, e questo è argine difensivo d’amore concreto per noi contro le piene del disprezzo, del senso di svalutazione e di inadeguatezza.

Noi siamo capaci di amore, facciamolo vivere, diamogli spazio e siamo pur certi che la qualità della nostra di vita migliorerà sia nel rapporto con noi stessi che con gli altri.

Guardiamoci allo specchio e diciamocelo ” Sono contento di te e della bella persona che sei”. Ogni secondo è un momento buono per riconoscere e far crescere il nostro valore positivo, di vita e di crescita, innato. Abbiamo fatto tante cose buone, riconosciamocele.

La sensibilità è faro nella nebbia

Recentemente mi sono trovato per ben due volte a dover prendere una decisione. Dentro avevo un gomitoli di emozioni difficili da districare e mi confondevano nello scegliere. Ho seguito una sensazione, seppur non chiara ma che mi ha aiutato a scegliere; poi mi sono subito sentito bene, leggero, ed in armonia con me stesso. Il groviglio si è risolto, sono passati dei giorni ed ancora mi nutro della gratificazione di sapere che ho scelto la cosa che mi fa crescere.  Questa esperienza mi ha suggerito una parola, la sensibilità, e mi stimola a dire qualcosa che ho piacere di condividere con voi.  

La sensibilità è un valore, un faro nella nebbia, e ci guida saggiamente. Attraverso di essa la nostra natura profonda si esprime. Nelle nebbie dei momenti confusi la nostra sensibilità, certamente, ci conduce per mano e con grande cura fuori dalle nebbie grigie.

Non date retta a chi ancora dice che essere troppo sensibili non sia un bene; che conviene non mostrarsi sensibili per non essere feriti. La sensibilità per noi è come il sonar per i sottomarini, ci guida e ci fa percepire il clima delle situazioni ed il clima nelle relazioni con le persone. Liberiamola dal credo cinico che vuole la persona sensibile come una persona debole e che si espone al dolore ed alla sofferenza, non  è vero è una menzogna. Essere sensibili e dare valore a quesa qualità non apre le porte a nessuna scorribanda. La sensibilità non deve assolutamente essere etichettata come una inabilità ad essere forti. La sensibilità è affare proprio dei forti. Ci vuole forza e un grande coraggio a seguire la voce e i messaggi, non sempre in MAIUSCOLO STAMPATELLO, della nostra natura e saggezza profonda. Mostriamo al mondo liberamente le nostre sensibilità ai tanti aspetti della vita, sensibilità nel lavoro, nello stare con gli altri, nel prenderci cura del nostro mondo, nel sentire quando è il momento di cambiare e cambiare, nel sentire quale è la cosa giusta da fare e farla.

La sensibilità…è un dono, tutti lo abbiamo ricevuto. Penso possa essere un bene per tutti, se la abbiamo chiusa in qualche luogo nascosto della nostra anima, di tirarla fuori e imparare ad armonizzarci con essa. Con fiducia…assoluta fiducia che ci suggerirà cose buone e gratificanti.

Ciao, alla prossima😀

Sul Cambiamento

mi prendo cura del mio cambiamento

Un cambiamento, per potersi realizzare, deve essere ben motivato, sostenuto e accolto con fiducia nella nostra vita. Noi possiamo tanto, iniziamo con lo scegliere il tempo ed il luogo dove seminare il nostro coraggio, il nostro amore, il desiderio, le paure e la consapevolezza tutta. Poi una volta scelto e seminato ce ne prendiamo cura, siamo attenti alle erbacce che prontamente estirpiamo e siamo attenti anche agli inutili curiosi, preserviamo la sacralità del nostro utero d’amore. Mentre il seme cresce impariamo a pregare per trattenerci dal commettere errori, impariamo ad accoglierci perché non siamo infallibili, impariamo a riparare, impariamo a farci umili per non alimentare l’orgoglio e le sue infinite pretese. Accediamo alla sacralità del nostro cambiamento con rispetto per la nostra storia, qualunque essa sia stata. Siamo decisi a scrivere nuovi capitoli di vita e partiamo proprio da qui dove le nostre scelte passate e la nostra storia ci hanno portato. Tratteniamo il giudizio, dapprima interiormente e poi quando ci sentiamo pronti anche nelle parole e nei fatti, rendiamoci disponibili a sentirci figli della vita e sentire che il nostro essere è pienamente inserito nel progetto della vita ed in continua evoluzione. Scegliamo di vederci come genitori della nostra vita, autori del nostro cambiamento ed artisti della nostra vita e – insieme con la vita tutta – artisti anche della vita dell’universo. Ogni giorno il nostro cambiamento è più forte, senza giudizio e con gratitudine per le forze umane e spirituali lasciamo che il nostro cuore assapori la fiducia nella libertà, la gratitudine ed il benessere sublime del perdono totale per tutti e per noi stessi. Ogni istante che passa il cambiamento che desideriamo è una più grande e forte realtà, siamo grati a noi per l’impegno e l’amore che scegliamo di donarci. Buona giornata a tutti e grazie ai tanti uomini e donne speciali che donano al mondo intero il loro impegno nella ricerca di senso e per creare bellezza. Post liberamente ispirato alla Cosmo Art del Professor Antonio Mercurio, con immensa gratitudine.

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Meditazione di Louise Hay

Buongiorno cari, recentemente ho postato un video sulla preziosità della meditazione. Oggi condivido con voi una esperienza di meditazione proposta Louise Hay, una persona che ha donato all’umanità la sua esperienza ed il messaggi prezioso dell’amore per noi stessi che guarisce. In questo periodo di pausa natalizia ci si può dedicare, se già non lo facciamo, a piantare un semino di interesse verso la meditazione e farlo crescere. Buona giornata a tutti 

Il conflitto Padre-Figlio nei simboli della mitologia greca (del Dr. Giampiero Ciappina su www.solaris.it)

Cari, oggi ho piacere di condividere un articolo del Dr. Giampiero Ciappina uscito sull’ultimo numero del magazine on line Solaris.it

Buona lettura

Il conflitto generazionale nella mitologia greca

L’invidia per la creatività: dalla tragedia all’amore circolare

Il conflitto padre-figlio è stato spesso un significativo rappresentante del complesso rapporto tra generazioni. I romani usavano una terminologia che scandiva con precisione la successione degli anni. Secondo lo scrittore latino Varrone, a Roma si era Puer fino a 15 anni, Adulescens dai 15 ai 30, Juvenis dai 30 ai 45. Il rito di passaggio più importante era quello celebrato tra i 15 e 16 anni, la vestizione rituale della toga virile con la quale i giovani acquisivano la maggiore età e il diritto di voto e soprattutto la possibilità di ricoprire cariche e il diritto di sposarsi. Se oggi i rapporti tra genitori e figli sono improntati ad una maggiore empatia, storicamente essi erano caratterizzati – al contrario – da distanza affettiva e da convenzioni, le quali spesso sfociavano in incomunicabilità, aperto conflitto e frustrazioni reciproche. Anche se in questo articolo mi concentro sul conflitto genitore-figlio – e più specificatamente sul conflitto padre-figlio – analoghe riflessioni, con le dovute differenze, si potranno fare con la madre e la figlia.

La mitologia e la teoria sull’Invidia di Melanie Klein

Il mondo  allegorico dell’antica Grecia ci propone le quattro figure mitologiche a cui ispirarsi (che vedremo più avanti), e dove ognuno potrà riconoscere alcune sue caratteristiche, rileggendole però alla luce della teoria psicoanalitica sull’Invidia, proposta da .
Perchè proprio l’Invidia in senso kleiniano? Perchè tra i possibili livelli di indagine, certamente non l’unico con il quale si può leggere il conflitto padre-figlio, quello dell’Invidia può essere davvero molto illuminante. Infatti, spesso la consuetudine è quella di leggere il conflitto generazionale pressoché esclusivamente originato dalla spinta dei figli a crescere e dal loro desiderio di autonomia e indipendenza. Siamo stati tutti adolescenti, e la lettura mainstream del conflitto generazionale talvolta rimane prigioniera di una visione miope e monolitica: l’epica romantica dell’eroe che si deve liberare da chi lo tiene prigioniero. Questa chiave di lettura, ancorché valida (e di cui abbiamo già ampiamente trattato), è anche parziale e superficiale, poiché rimane ostaggio dello stereotipo del Padre-Padrone o della Eternalizza questi archetipi, senza tenere conto invece dei processi di crescita. Infatti, secondo la lettura più tradizionale e convenzionale dell’epica romantica, i giovani vorrebbero crescere, decollare e realizzarsi, ma sono impediti dal Padre-Padrone o dalla Madre-Divorante. E da qui nasce il conflitto. Ma perchè questa chiave di lettura è soltanto parziale? Perchè, ad esempio, in un proficuo percorso di crescita personale, dopo aver scoperto ed incontrato questi mostri interiori, spesso l’individuo può eventualmente anche simbolicamente sbarcare – come dice Antonio Mercurio – sull’Isola dei Feaci. E’ ciò effettivamente accade a chi, magari dopo anni di profondo lavoro su se stesso, sviluppa nuove competenze e progressivamente trasforma la propria vita. Può persino incontrare Re Alcinoo e la sua sposa Arete che ricoprono  di doni e che non hanno nessuna intenzione di trattenere Ulisse, ma semmai lo aiutano in tutti i modi nel suo viaggio verso Itaca. In questo caso, come si spiega il conflitto? Con il sostegno delle teorie kleiniane, è invece possibile ipotizzare, che una componente del conflitto sia alimentato – non tanto dal soffocamento parentale – ma piuttosto anche dall’invidia verso la creatività genitoriale.
E sebbene la Klein nei suoi testi faccia riferimento esclusivamente alla Madre, possiamo trasporre le sue proposte psicoanalitiche all’intero nucleo genitoriale (coppia accuditrice) e – con le dovute cautele e differenze – riferirle sia alla figura della Madre che a quella del Padre.

Sostiene Melanie Klein “[…] il seno, nel suo aspetto buono, è il prototipo della bontà materna, della sua inesauribile pazienza e generosità, come pure della sua “. Questa affermazione è rivoluzionaria, poichè nessuno prima della Klein aveva osato ipotizzare che il bambino poteva essere invidioso della creatività genitoriale. E poi prosegue: l’invidia deriva dalla sensazione del bambino che “la gratificazione di cui è stato privato viene vissuta come qualcosa che il seno frustrante ha tenuto per sè“. E prosegue ancora: “l’invidia cerca non solo di derubare la madre, ma anche di mettere ciò che è cattivo […] nella Madre, e in primo luogo nel seno allo scopo di danneggiarla e di distruggerla. Nel senso più profondo ciò significa distruggere la sua creatività.

L’invidia nelle relazioni

L’invidia è un argomento molto complesso e di difficile acquisizione. Ciò è dovuto alla onnipresente sensazione che di invidia ne siano terribilmente sofferenti gli altri, ma poi di essere – in prima persona – miracolosamente immunizzati. Essa affligge le relazioni in generale: anche molto al di là del ristretto tema di questo articolo sul conflitto padre-figlio, o in generale del conflitto generazionale. La si può osservare nei gruppi di lavoro, tra fratelli, tra amici, tra i soci di una azienda e in tutte quelle situazioni dove il Meccanismo di Proiezione attribuisce all’Altro una funzione materna (reale o immaginata). Può persino spiegare (almeno una parte de) i conflitti di coppia, dove prima si proietta sul partner la propria figura materna, e poi la si invidia (e la sia vuole distruggere) per la sua ricchezza e creatività. In ogni caso, il presupposto keiniano sull’invidia si articola su una polarità fondamentale: l’invidioso presuppone (o percepisce se stesso) come un essere vuoto e presuppone che esista un altro individuo pieno. Ma poichè il vuoto viene costantemente rimosso, la persona invidiosa non sa di esserlo.

Tornando al conflitto padre-figlio, da questo punto di vista, la Klein suggerisce una prospettiva che è in grado di illuminare uno degli elementi del conflitto generazionale facendolo proprio risalire all’invidia per la creatività. Entriamo più nel dettaglio e vediamo come.

Narciso: il conflitto padre-figlio nella non-nascita

Narciso è il figlio che non riesce a nascere. Non ci arriva neppure al conflitto generazionale. Narciso non riesce ad incontrare il Padre: nè per cercarlo e tanto meno per scontrarsi con lui. Jacques Lacan, riferendosi al Narcisismo, al bisogno di apparire e di gratificazione continue, di oggettivazione del rapporto con l’altro, ci ricorda che la passione di Narciso è fondamentalmente una passione suicidariaconflitto padre-figlioNarciso affoga nello stagno delle acque placentari in cui ama rispecchiarsi come metafora dell’impossibilità a nascere come  – la quale è definita da  – come capace sì di amarsi, ma poi anche capace di amare e di essere amato. Fuori dall’utero ci sono relazioni nuove, ma inarrivabili perché terrificanti. Richiederebbero una profonda revisione delle proprie radici identitarie, e Narciso si ritiene incapace di sostenere una rivoluzione così profonda. Lo stesso Lacan ci ricorda che il Narcisismo è una patologia senza conflitti esterni: in altre parole, il Narcisista è chiuso in una monade autistica dove l’invidia raggiunge livelli così estremi da essere totalmente negata e rimossa. Narciso apparentemente non entra neppure nel conflitto generazionale perchè ripiegato in una posizione fetale e schizoide, tesa a negare che esista una bellezza oltre se stesso. Narciso si illude di bastare a se stesso e il seno buono semplicemente non esiste. Non è stato nutrito e non deve essere riconoscente per questo. La creatività e la ricchezza della Madre (o del Padre) sono negati a tal punto che il narcisista si convince della propria autarchia e autoreferenzialità assoluti. Tutto al contrario del sincero riconoscimento che – alla corte del Re Alcinoo – Ulisse porge ai suoi ospiti.
Narciso quindi non è in grado di contattare né il proprio  e tantomeno il proprio . La  soprattutto è una meta irraggiungibile: un’illusione, una chimera soltanto teorica e interamente utopica. Sicché Narciso non può nascere in un Tu e in un Noi, perché rimane profondamente prigioniero dell’Io e non riesce ad uscire dal chiuso di quella relazione angusta, autistica e mortifera. Affoga e ritorna nelle acque dell’utero perché – in fondo – non è mai veramente riuscito a separarsene.

Icaro: il conflitto dell’orgoglio

Icaro è in contatto con il padre Dedalo, ma la mitologia ce lo consegna come il simbolo del figlio ribelle e presuntuoso. Non ascolta i suggerimenti del Padre, si avvicina troppo al Sole e si brucia le ali. Qui l’invidia distruttiva genera orgoglio e presunzione. Dedalo è un grande architetto, inventore e scultore di rinomata esperienza. Icaro invece è ancora un giovinetto: non è veramente in grado di costruire autonomamente le proprie ali – reali e simboliche – ma prende quelle sapientemente costruite dal Padre.  Ad una analisi superficiale, ciò potrebbe apparire come una capacità del figlio di essere erede: ma non è proprio così. conflitto padre-figlioIcaro prende sì le ali: ma non ascolta né consigli di prudenza, né accetta che vi siano regole da rispettare. Dice Ovidio nelle Metamorfosi (VIII, 183-235): “Allorché il giovinetto cominciò a godere dell’audace volo, abbandonò la sua guida….” E’ la ribellione alla funzione normativa del Padre. In altre parole, Icaro è un figlio che sembra accettare una eredità soltanto materiale: ma profondamente poi rifiuta quella spirituale.
Scrive ancora la Klein: “L’esperienza mi ha insegnato che il primo oggetto di invidia è il seno che nutre, in quanto il bambino sente che il seno possiede tutto quello che desidera, ha una quantità illimitata di latte e di amore, ma che lo tiene per il suo godimento“. Ma “[…] anche il seno gratificante può esser oggetto di invidia“. Anche se si sente gratificato dal fluire del latte, “il seno può esser oggetto di invidia in quanto al bambino questo dono sembra qualcosa di irraggiungibile“. Dedalo dimostra di avere una creatività e un’inventiva che il giovane Icaro ancora non possiede, e verosimilmente ciò può apparirgli come qualcosa di inarrivabile.
Certamente Icaro non ha ancora la saggezza e l’esperienza per usare le ali con la necessaria perizia. Non importa se quelle regole possono salvargli la vita. Per Icaro prevale il bisogno di imporre la propria volontà su quella del Padre e ne rifiuta la guida: non lo ascolta. Invece di saper saggiamente ereditare quelle ali, costruite con gli anni e l’esperienza, ha la presunzione di saperle già utilizzare con tutta la maestria che sarebbe necessaria. Non è consapevole dei propri limiti, è rapito da una insana ambizione e non ha l’umiltà necessaria di ascoltare chi ne sa più di lui. Il rapporto tra Dedalo e Icaro è un rapporto filiale appena iniziato: ma poi l’invidia spezza il rapporto.  Generando presunzione, Icaro decide di ascoltare soltanto il proprio orgoglio, e non è in grado di raccogliere l’eredità generazionale. E’ l’antico conflitto tra Puer e Senex, dove al posto dell’alleanza prevale invece l’arroganza e la trasgressione. A differenza di Narciso, Icaro è un figlio che è nato e che avvia un percorso di crescita. Ma poi –  non avendo sciolto il tema dell’invidia verso la creatività parentale – Icaro non sa come separarsi: la sua separazione diventa inevitabilmente uno strappo, una lacerazione, una sciagura. Anche Icaro muore nelle acque: scompare nei flutti, riabbracciato dalla madre-oceanica che lo porterà sempre più a fondo.

Edipo: il conflitto Padre-Figlio nella violenza persecutoria

Il rapporto di aperta conflittualità tra le generazioni possono essere ulteriormente rappresentate dalla terza figura mitologica: quella di Edipo. Con il mito di Edipo, il conflitto padre-figlio fa un salto di qualità: non è più sufficiente soltanto la trasgressione. Edipo ci mostra molto chiaramente l’invidia verso la creatività del padre: vuole letteralmente uccidere e usurpare il trono del Re di Tebe. Mentre il personaggio di Icaro – almeno inizialmente – aveva accettato il rapporto con il Padre, ora con il personaggio di Edipo non c’è più nessuna possibilità di trasmissione tra una generazione e l’altra. conflitto padre-figlioCon le parole di Antonio Mercurio, invece di costruire una vita come dono, Edipo sceglie letteralmente la vita come furto. Il senso della regola – non soltanto non viene ascoltato – ma viene qui deliberatamente rifiutato nel modo più violento e conflittuale. Edipo vive il padre come un nemico: ci restituisce la percezione di un Padre che non vorrebbe farlo crescere. Un Padre frustrante, perfino minaccioso, che vuole impedire la felicità del figlio, e dove l’unica soluzione è quella di ucciderlo e rubargli il trono. Edipo è quindi il simbolo di quelle relazioni padre-figlio cariche di angoscia, dove l’invidia distruttiva si mostra come una conflittualità aperta. Edipo rappresenta un’antropologia minacciata dall’angoscia di castrazione citata da Sigmund Freud: un adulto (uomo o donna) perennemente tormentato dal non essere all’altezza delle sfide dell’esistenza, afflitto dalla disistima in se stesso e dalla sfiducia nelle proprie capacità. Edipo è il prototipo di quegli adulti in perenne conflitto con i padri, perché costantemente temuti (vedi la “Lettera al Padre” di F. Kafka) e caricati di una proiezione persecutoria: in costante conflitto con l’autorità, con i rappresentanti del mondo delle regole, incapaci di perdonare veramente la Madre seduttiva (Giocasta) che li ha imprigionati in un rapporto incestuoso il quale viene – costantemente e ciclicamente – rimosso e negato.
Melanie Klein ancora una volta ci ricorda come simbolicamente l’uccisione del padre può avvenire in tante circostanze diverse. Perfino all’interno di un percorso di psicoterapia. “L’invidia primaria viene rivissuta anche nella situazione di transfert. Per esempio: lo psicoanalista ha appena fornito un’interpretazione che ha dato sollievo al paziente […]. Questa interpretazione buona può essere oggetto di critica distruttiva […]. La critica può rivolgersi a particolari di minore importanza: l’interpretazione doveva essere fornita prima, è stata troppo lunga o ha disturbato le associazioni del paziente, oppure è stata troppo concisa e non è stata capita a sufficienza. Questo tipo di paziente è invidioso del successo dell’analista e […] non può introiettarlo sufficientemente come un oggetto buono, nè accettare la sua interpretazione come vera convinzione e assimilarla.[…]. Il paziente invidioso potrebbe anche essere convinto di non essere degno del beneficio perché si sente colpevole per aver svalutato l’aiuto che gli è stato dato“.
Sofocle racconta che Edipo scoprirà la realtà consultando l’oracolo Tiresia, soltanto dopo molti anni, e accettando una verità su se stesso terribile e dolorosa.

Telemaco: le soluzioni al conflitto Padre-Figlio

Dopo tanti Juvenis che scelgono un destino tragico, finalmente la mitologia greca ci consegna anche una antropologia più armonica: l’immagine di Telemaco. Con la figura simbolica di Telemaco non ci sono morti. Non deve morire nessuno. telemacoTutte le precedenti figure allegoriche infatti, sono vittime – direbbe Antonio Mercurio –  di una volontà omicida (Edipo), oppure di una volontà suicida (Narciso e Icaro). Telemaco invece sente il bisogno del Padre e – pur sapendo di correre un grave pericolo – si impegna per cercarlo. Sa che questa ricerca è rischiosa per la sua stessa vita, ma decide che il rapporto spirituale con il Padre è indispensabile. Si stabilisce quindi un amore circolare. L’Amore circolare è un tipo di amore – che al contrario del triangolo edipico – è capace di includere, senza che ci sia un escluso in maniera oppositiva. Dice Mercurio – “L’amore circolare, proposto dalla Sophia-Analisi, si augura di vedere realizzato un salto qualitativo molto importante: arrivare a chiedere come dono – e non come un diritto – l’oggetto d’amore desiderato“.
La figura di Telemaco ci racconta quindi una storia completamente diversa del rapporto tra generazioni, della possibilità di meritarsi una eredità. In un’epoca come la nostra, dove nessuno accetta che vi possano essere regole se non quelle proprie, dove la figura del Pater Familias è continuamente aggredita, assente, evaporata, “il processo dell’ereditare, della filiazione simbolica” – afferma Luciana Sica – “sembra venire meno e senza di esso non si dà possibilità di trasmissione del desiderio da una generazione all’altra e la vita umana appare priva di senso“.
Telemaco all’inizio dell’Odissea, è un figlio in attesa del padre. Guarda l’orizzonte del mare, e lo invoca. Attende che il nome del padre riporti la regola nella reggia invasa dai Proci. La presenza del Padre Ulisse infatti è l’unica in grado di riportare la giustizia e l’ordine. Telemaco sa coltivare la dimensione etica della vita e riconosce pienamente questo ruolo normativo del Padre: non ha bisogno di trasgredire e comprende l’importanza fondamentale delle Regole. “Telemaco cerca il padre” – sostiene Recalcati – “non come un rivale con il quale battersi, ma come un augurio, una speranza, come la possibilità di riportare la Legge sulla propria terra“. Siamo lontani dalla presunzione e dall’orgoglio che hanno condotto al suicidio di Icaro, oppure dalla violenza persecutoria che ha reso cieco Edipo. Successivamente Telemaco dimostra la sua volontà di superare l’invidia distruttiva verso il padre, perchè esce dall’attesa passiva e attivamente intraprende il proprio viaggio. E’ simbolicamente il viaggio del Puer alla ricerca del Senex il viaggio metaforico che permette al figlio di scoprire il Padre. Ma in fondo, non si tratta qui del Padre biologico, ma di quello spirituale: è una vera imitatio patris, un viaggio alla ricerca del proprio se stesso nel futuro, del Padre che quel determinato figlio un giorno vorrà essere. E’ proprio questo uscire dalla passività, il mettersi in moto, questo voler ridurre le distanze, questo desiderio di entrare veramente in contatto, che consente metaforicamente il ritorno del padre. In altre parole: il Padre torna, se il figlio decide attivamente di cercarlo. Similmente ad un brano del film “L’uomo dei Sogni” (di P.A. Robinson, 1989) dove proprio in riferimento alla riconciliazione tra padre e figlio, una voce ultraterrena suggerisce a Ray Kinsella: “… Se lo costruisci, lui tornerà“.
Nella cultura mediterranea dell’antica Roma, il rapporto fra padre e figlio era di grande importanza. Dal momento che il figlio era destinato a succedere al padre nel far fronte agli oneri della casa, doveva sforzarsi di imitare sempre le sue qualità migliori e le sue virtù. “Telemaco è il figlio giusto” – dice ancora Recalcati – “perché sa essere erede, e sa ricomporre il giusto rapporto tra le generazioni e non solo contrapporre sterilmente le generazioni tra di loro“.
E se Narciso, Icaro e Edipo rimangono nell’incesto intrauterino, distruggono e si autodistruggono per l’invidia, Telemaco trova una soluzione all’invidia. Vuole una alleanza, vuole lavorare con Ulisse, ha bisogno del sodalizio con il Padre e gli riconosce il suo ruolo di Senex.  Per dirlo ancora con le parole di Freud, Telemaco è il figlio che trova la chiave per superare quell’angoscia di castrazione attraverso la positiva identificazione con Ulisse.
Telemaco rappresenta la nuova generazione che finalmente non ha bisogno di tragedie per continuare a crescere. Partire alla ricerca del Padre infatti è anche significativo del rapporto di riconoscenza e gratitudine con Ulisse. E la gratitudine, ci ricorda la Klein, “è strettamente collegata alla generosità. La ricchezza interiore deriva dal fatto che si è assimilato l’oggetto buono e si può ora dividerne i doni con gli altri“.
Dopo tanti figli che non sanno nascere e non sanno separarsi perchè devono ingannare, mentire, rubare e scontrarsi con il Padre, Telemaco sa evitare qualunque dramma. E’ il prototipo del figlio che vuole veramente uscire dall’utero, che sa riconoscere il Padre e accettare le sue ali. Attraverso l’alleanza, la sintesi della coniunctio oppositorum, il riconoscimento e la gratitudine, Telemaco può – non soltanto proseguire il suo percorso di crescita senza lasciarsi cadaveri alle spalle – ma anche potendo pienamente accogliere e meritare l’eredità del regno di Ulisse.

Scacco matto al lamento!

IMG_9044Il titolo oggi dice tutto e forse non c’è altro da aggiungere. Ma vi racconto di stamattina…e di come andare oltre. 

2 dicembre 2020. Vado a lavoro in macchina, in genere vado in moto. A volte uso la macchina ma sono super eccezzionissime. Mi muovo in moto quindi, e spesso mi lamento invidiando chi va in macchina. Oggi sono in macchine e indovinate un po? All’inizio tutto ok e già pregustavo il successo … e poi all’improvviso un incolonnamento, be 30 minuti per fare qualche centinaio di metri. Capita nelle città, lo so!! E vabbè sono in macchina e non mi lamento, sono partito con largo anticipo e pioviccica … per cui ok…ascolto musica e mi muovo come una lumaca insieme agli altri. 

Arrivo in ufficio dopo aver lasciato la macchina al primo parcheggio utile, mi faccio 10 minuti di strada, conto 111 scalini e chiaramente rifletto. Non è tutto oro nelle vite dei famosi “altri”.

Penso che un modo per togliere alimento al lamento è proprio quello di fare esperienza delle famose vite degli altri. Non ci piace il ns lavoro, ci lamentiamo di piccoli problemi fisici, ingigantiamo risentimenti, alimentiamo sempre rancori ed abbiamo un talento speciale nel vedere ciò che non va? Indubbio…su questa linea siamo talentuosi. 

Bene, ma cosa possiamo fare? Ecco la mia proposta di oggi. Ognuno di noi – se vuole – può visualizzarsi mentre si porta in un luogo luminoso, il luogo speciale bello in cui abita la più intima frequenza del suo ascolto profondo ed autentico.

GuidoReni_MichaelDefeatsSatanVabbè diciamocelo. Lamentarci un poco ci piace, a volte non si riesce a trattenervi dal farlo. Lo sappiamo, questa cosa non porta nulla di buono nella vita e danneggia il nostro desideri di cambiamento? Bene, sempre nell’intimo sacro del nostro spazio autentico di ascolto profondo, tiriamo fuori del cassetto delle nostre immagini una “di svolta” che ci piace, che sia quella di un film o di un racconto o di una canzone VA BENISSIMO.   Se ci piacciono le immagini religiose suggerisco quella dell’arcangelo  Michele, avete presente? Ecco sintonizziamoci allora con questa immagine. Vedete il suo occhio fermo e la decisione granitica con cui solleva la sua spada (la decisione) ed è chiaro il seguito di “far fuori” il male. Ecco In questo spazio sacro e intimo del nostro mondo respiriamo e decidiamo di fare un passo avanti contro questa sterile abitudine.  Non c’è fretta, prendiamoci tutto il tempo per sintonizzarci, ascoltarci, decidere di farla finita con il lamento.

In termini più pratici può tornare utile anche fare un giro nelle vite degli altri. Sicuramente tante volte ci siamo già trovati in questa consapevolezza, ecco rispolveriamo tutte quelle volte e tute quelle situazioni. Non lasciamole nel dimenticatoio, spolveriamole come si deve e utilizziamole.  Usciamo volutamente dalle nostre abitudini e per qualche giorno entriamo nelle tanto desiderate realtà degli altri, nelle abitudini, nei lavori che fanno, negli spostamenti che fanno, nelle responsabilità che hanno, nelle relazioni che vivono.

Magari scopriremo che anche il nostro mondo non è affatto male, non lo è il nostro lavoro, non lo sono le nostre abitudini, le nostre relazioni.

Nel nostro speciale spazio d’amore vediamo che copriremo che è sempre l’ora buona di infliggere un colpo deciso al lamento, recidere il nostro legame con esso.

Scegliamolo intimamente, non dobbiamo raccontare a nessuno le ragioni del “perché abbiamo deciso”, non dobbiamo avere l’approvazione di nessuno, alleggeriamoci del giudizio e mandiamo a quel paese il Giudice Interiore”. 

freedom-2053281_1280Scegliamo di darci il valore che meritiamo, accettiamo che non tutto e perfetto, accettiamo che andiamo a piccoli passi verso il cambiamento ma che non sempre è semplice, che lavoriamo sodo, che stiamo facendo un grande lavoro e che stiamo scrivendo e creando qualcosa di straordinario,  e che è faticoso si ma noi siamo tenaci e non ci raccontiamo cavolate, ora scegliamo di volerci bene, di essere grati di quanto facciamo, di onorare ogni giorno le nostre azioni e le nostre decisioni.

Impariamo a non lamentarci, quando qualcuno ci stimola…decidiamo anche di stare zitti, immaginate questa scena…inseritela nella vostra storia e vedete come siete luminosi e splendenti. Gli altri di tutto questo non devono sapere nulla, e non dovete dare nessuna spiegazione se decidete di cambiare e di volervi bene state pur certi che tutto andrà bene.  

E se desiderate un aiuto per lavorare a questo ostacolo fatelo senza se e senza ma, ve lo meritate, e solo i forti sanno chiedere aiuto…gli altri sanno solo lamentarsi. 

Buona giornata a tutti e buona creatività. 

Il Counseling dell’IStituto Solaris, per essere sempre gli artisti della nostra vita, anche in tempo di Covid

In questi mesi il Covid ha modificato le abitudini di tutti gli abitanti del pianeta, in misura variabile tutti abbiamo dovuto rinunciare a qualcosa. 

In questa parentesi di tempo e di vita a tutti gli abitanti del mondo è capitato di pensare, anche qui in misura variabile, a cosa avrebbero fatto quanto tutto fosse finito. 

Io ho immaginato il momento della sconfitta definitiva del virus come ad un momento in cui avremmo fatto tutti una grande festa, la festa dell’abbraccio, e tutti gli abitanti del mondo saremmo stati invitati. Avremmo festeggiato per le strade, nelle piazze ed in ogni luogo in cui poter stare “insieme ed assembrati”. 

In questo momento, a più riprese, gli informatori istituzionali parlano di luce alla fine del tunnel, la luce sarebbero i vaccini e penso che è una prospettiva buona (a prescindere dal giudizio e dall’idea che si possa avere sui vaccini).

Io con questa prospettiva di soluzione mi sono confrontato e mi sono chiesto: Cosa farò dopo?  Mi spiego meglio. 

La fase del covid è venuta in qualche modo a favore, offrendo una giustificazione socialmente accettabile, per le tante cose che non potevamo fare. Il covid ha giustificato tante cose, ad esempio:

  • il fatto di non poter realizzare i nostri progetti;
  • di non poter prendere delle decisioni a cui da tanto stavamo lavorando o che da tanto stavamo rimandando;
  • di realizzare i cambiamenti tanto attesi; 

Insomma il tanto odiato Covid a molti di noi, in misura variabile, ha dato una mano. Eh … non posso farlo… c’è il covid!!!

Ora che si parla di luce alla fine del tunnel può capitare di percepire un pò di ansia, e ci sentiamo spiazzati. Ma come? Pensiamo intimamente. Perché ora che tutto sembra sul punto di finire mi sento quasi minacciato dalla libertà tanto desiderata? 

Mah…mettiamola così. Il Covid può farci veder con maggior chiarezza a delle nostre parti profonde e interiori. Il messaggio del nostro Sé, della vita, arriva ora amplificato e dice pressappoco: Beh…allora a che punto eravamo? Già… a che punto eravamo!

FACCIAMOCI UN GRANDE DONO; NON MASSACRIAMOCI TROPPO, FACCIAMO GLI ARTISTI E NON FACCIAMO LE VITTIME. ECCO COME:

Usiamo questo malessere in modo positivo, accendiamo un faro di consapevolezza stabile sugli ostacoli di prima, e che abbiamo rimosso poi. E’ tutto umano! Non colpevolizziamoci, ma apriamo gli occhi. 

Il malessere di oggi rispetto alla prospettiva di “tornare liberi” non ci deve paralizzare, non è nulla di nuovo ma è solo la forma nuova che hanno assunto i rimandi, gli ostacoli di prima.  Quando la paura arriva, inspiegabile e paradossale, facciamo un ponte con il nostro tempo pre-covid e usiamo questo dolore per lavorare dapprima a conoscere sempre più e meglio le ragioni profonde dei nostri ostacoli ( fase della consapevolezza) e poi passiamo all’azione ( fase della trasformazione) per compiere quei passaggi di armonizzazione dentro di noi che sono e saranno la base da cui ripartire. 

Armonizziamo le nostre parti, ed oggi le vediamo bene nelle loro manifestazioni estreme, pensiamo ad esempio alla paura ed alla voglia di libertà. 

NON c’è nulla di sbagliato in ognuno di noi. 

Iniziamo da ora a lavorare a realizzare i nostri progetti, a prendere le decisioni ed a cambiare ciò che va cambiato. Lavoriamo nello spazio del nostro mondo interiore e creiamo dentro ciò che domani realizzeremo fuori, creiamo le condizioni di amore ed accettazione, di forza e di perdono. 

Importante è non isolarsi ma lavorare e costruire ponti di opportunità dentro e fuori di noi, lavorare con amore e con umana comprensione alle trasformazioni che la nostra vita ci chiede di fare. 

Non trascuriamo l’ipotesi di farci aiutare da professionisti anche, ce ne sono tanti. Il counseling ad esempio è una disciplina di aiuto molto efficace ed io consiglio di potersi dare un opportunità. Noi dell’ Istituto Solaris da tempo abbiamo attivato uno sportello di counseling gratuito on line. Chiamateci e esplorate coni nostri professionisti le opportunità che questo tempo offre, lavoriamo insieme a trovare lo spunto creativo che permetterà già oggi di realizzare la vita che vogliamo, con o senza covid.  Diveniamo il coraggio che desideriamo, e creiamo oggi la vita che amiamo.

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Tecniche di Felicità. I° essere spietati contro il lamento.

Io affermo che per essere felici bisogna essere spietati contro tutto ciò che impedisce il permanere di questo sentimento nella nostra vita.

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Un primo esercizio è quello di essere spietati contro il lamento. Il lamento è una brutta bestia, a suo modo una specie di malsano piacere. Immaginiamoci come una mongolfiera con tante zavorre che ci tengono a terra e ci impediscono di alzarci in volo, il lamento è una grossa e pesante zavorra.

Quando ci parte il desiderio di lamentarci dobbiamo imparare a morderci la lingua ( in senso figurato 😁😁), imparare a stare zitti se necessario, a far morire dentro quel malsano piacere di “lamentarsi”. Attenzione che capiterà frequentemente che incontreremo persone che ci sedurranno con voluttuosi ammiccamenti. C’è poco da fare, bisogna essere spietati e decidere ci cambiare strada all’occorrenza, cambiare stanza, allontanarsi con una scusa, cambiare canale televisivo, disattivare gli stati whatsapp di persone che mettono contenuti che non ci piacciono, non seguire più su facebook o altri social chi alimenta questa propensione. Contro tutto ciò non c’è nessun compromesso da raggiungere. Se vogliamo essere felici, permanere nella serenità ed accrescere i risultati del nostro lavoro a volre stare bene dobbiamo per forza essere spietati contro questo velenoso compagno di viaggio.

Che dite? Io non mi lamento sono gli altri che lo fanno? Beh…valutate voi, io dico che piace a tutti … e che non ci è di nessun aiuto.

Tutto va bene per tutelare la nostra felicità sana.

Il Servizio di Counseling on line gratuito dell’Istituto Solaris di Roma

Questo periodo ha un senso? Io dico di si. Questa fase di sospensione ci vede tutti in attesa e con tante di emozioni. Sentiamo tutti la spinta primaria a trovare una soluzione, ed a fuggire il pericolo. Diciamo subito che NON è un colpa avere paura, riconosciamocelo, ci farà sentire meglio, più leggeri e meno sotto pressione.

Se lo desiderate e sentite il bisogno di un aiuto vi invito a cogliere l’ opportunità offerta dall”Istituto Solaris che ha attivo il un servizio di counseling on line gratuito. I professionisti dell’Istituto Solaris stiamo facendo dono alla vita ed alle persone della nostra professionalità.

Il servizio rivolto a tutti coloro che sentono il desiderio di essere ascoltati e accolti in questo momento di grande trasformazione sociale.
Ci siamo per sostenervi e aiutarvi a prendere nuove decisioni, quelle necessarie a trasformare la situazione di profonda emergenza, che stiamo vivendo, in un’opportunità di crescita e trasformazione personale.

Per usufruire del servizio potete:

Chiamare il numero 3519743118 oppure compilare il Modulo https://forms.gle/dwG99AZCkAa9aLNUA

A piccoli e grandi passi andiamo “Avanti”

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Molto può l’impegno e la tenacia, anche quando non abbiamo voglia e quando le tentazioni dell’abbandono sono forti; Molto fa la buona volontà quando è seguita da gesti concreti e decisioni che vanno nella direzione della crescita del nostro progetto; Molto fa anche un piccolo passo avanti quando il vento contrario è forte; Molto fa l’amore e l’accoglienza delle nostre debolezze; Sana è la fatica ed il suo riconoscimento; Sano è il godimento per ogni piccolo seme di progetto piantato, per una pagina letta, per un appunto evidenziato, per una telefonata fatta, per un impegno preso e portato a compimento. Molto fa bene alla nostra crescita la cura e l’attenzione; Molto fa l’amore e il non smettete mai di sognare, di studiare e di fare ogni momento quella cosa – seppur piccola – che arricchisce la nostra vita di “quel qualcosa in più” che ci lega alla cosa dopo, ed a quella dopo ancora, ed a tutte quelle che verranno.

L’amore ci salva la vita

Le Leggi della Vita di A. Mercurio.

“Impegnati come siamo ad odiare, ad allontanare gli altri, a rimanere ancorati al passato con la pretesa infantile che colei o colui che sono stati mancanti nei nostri confronti tornino a riempire i nostri oceanici vuoti, perdiamo completamente il contatto con il nostro Sé, con noi stessi non vedendo, invece, la nostra capacità di riempire il vuoto con un atto d’amore.”#LeLeggiDellaVita pag. 25 ( https://www.facebook.com/mercurioanton/ )

È Sempre Tempo Buono Per Le “Scelte D’Amore”.

Per tutti c’è un cammino di crescita, il cammino della vita, delle realizzazioni delle nostre autentiche propensioni. Per ognuno di noi c’è un tempo buono, quello della chiarezza e della consapevolezza della cosa buona da fare. Ma che non passi il concetto che “tanto arriva” quindi possiamo starcene seduti ad aspettare. Una e una sola è la scelta primaria, uscire dall’ombra del nostro dolore (a ciascuno il suo), accettare di separarcene e scegliere di investire ogni energia nella via che ci indica il nostro SÉ, la nostra guida interiore sempre presente, fonte si amore sede della nostra tenacia forte e del nostro forte e autentico progetto di vita. Buon tempo di scelta tutti, e non abbiate paura che “andrà tutto bene”. Buona scelta a voi e buona scelta d’amore anche a me. Vi saluto oggi rinnovandomi e rinnovando con voi questa consapevolezza.

Dialoghi Estivi. Suggerimento: “Respiriamo Profondamente Amore✨”

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Cari Amici, in piena estate ci si incontra e si parla tra di noi frequentemente.

Respiriamo Profondamente Amore e facciamolo di continuo ok?

In queste sere estive uno degli argomenti di incontro e condivisione su cui ci si ritrova è “il tempo del lockdown ed il tempo di oggi”. Non dico che bisogna rimuovere, assolutamente, anzi la condivisione ci aiuta a vedere alle tante energie messe in campo.

Su questo terreno argomentale i principali punti di incontro che io ho contattato sono:

1- speriamo non ritornino più tempi come quelli

2- ora meritiamo di rilassarci e divertirci

3- pensavamo che il mondo sarebbe cambiato, che noi saremmo cambiati, eravamo pronti e decisi

4- la fine del lockdown purtroppo ha fatto cadere tanti buoni propositi di cambiamento personali e collettivi e si ha la sensazione diffusa di aver perso un occasione.

5- il distanziamento non c’è

OK BASTA. CHE FACCIAMO?

Ora amici miei lo dico a voi e lo dico anche a me, questa cosa è stata grossa davvero e ha trovato tutti impreparati. NON diamoci addosso se “dopo” abbiamo perso il contatto con “il meglio di noi” che abbiamo messo in campo in quei giorni lì, in quelle settimane lì, in quei mesi lì, in tutte quelle ore e minuti. Questo momento estivo è prezioso e l’incontro con gli altri ci permette un’analisi dei risultati, ci permette di conoscerci un pò meglio.

Non dico nulla di nuovo dicendo che in ognuno di noi ci sono istanze del cambiamento alleate con la vita e con il nostro progetto esistenziale,  sono queste fonti di energia che alimentano le nostre visioni, i nostri sogni e le nostre aspirazioni di creazione. In ognuno di noi, poi, ci sono anche le forze opposte, quelle di conservazione. Queste ultime sono spesso saldate tra loro con sentimenti come la rabbia e l’odio (tanto verso gli altri e quanto verso se stessi); queste parti di noi parlano di cambiamento di desiderio di evoluzione MA quello che loro intendono come cambiamento non è altro che la realizzazione di una sotterraneo e nascosto desiderio di “rivalsa”.

Ora che abbiamo chiuso questa prima fase con il COVID possiamo fare un bilancio ricco anche delle esperienze estive “in corso”. ECCO cosa suggerisco di fare.  DOBBIAMO centrandoci assolutamente sull’amore, la speranza e la fiducia:

Decisione di Amore 1- NOI POSSIAMO perdonarci totalmente per non essere riusciti a cambiare il mondo o noi stessi con la stessa velocità di un click😀.

Decisione di Comprensione 2 – comprendiamo che non è facile e che questo genere di evoluzioni incontrano nostre parti profonde, paure e dolori spesso antichi

Decisione di Accoglienza 3- Accogliamo la nostra dimensione umana e i nostri limiti. Con umiltà (sana) riconosciamo le ns pretese e quelle degli altri.

Decisione di “Decisione” 4-  Accogliamo il malessere ed il dolore ed agiamo per trasformarlo alleandoci con più forza al nostro progetto d’amore ed al progetto della vita

Decisione di Fiducia 5- Ad ognuno di noi questa esperienza ha acceso un faro di consapevolezza nuova. Il seme del cambiamento è stato piantato e noi lo stiamo coltivando dentro di noi al meglio

Decisione di Speranza 6- Ascoltandoci profondamente e ancorandoci all’amore per noi tutto andrà bene

NON molliamo quindi e con spirito vacanziero rimaniamo svegli e prendiamoci cura del seme del cambiamento che abbiamo piantato dentro di noi e con tutto il mondo a livello di una coralità che si sta sempre più interconnettendo a livello profondo.

TENIAMO gli occhi aperti, quindi e quando passano dalle nostre parti sirene voluttuose che ci solleticano la lamentosa condivisione diamogli un bel calcio in culo e se ci troviamo troppo vicino agli scogli delle sirene fatte di persone che ci attirano al lamento ed alla recriminazione, critica e quant’altro di negativo magari mettiamo in conto anche di allontanarci a fare due passi… se è sera volgiamo lo sguardo verso le stelle e respiriamo profondamente l’amore.

 

 

Riflessione sul “Perdonare”. Anche in vacanza si può fare ❤

Perdonare chi ci ha fatto soffrire si può fare. Per riuscire in questo obiettivo (se è un ns desiderio) prima è necessario un lavoro. Prima dobbiamo entrare in contatto con il dolore che ci è stato fatto, senza filtri. Chi vogliamo perdonare qualcosa lo ha fatto e questo qualcosa ci ha ferito. Quando si tratta di familiari, genitori ad esempio, parte in noi un azione istintiva di compensione. Passiamo in qualche modo alla fase successiva , quella umana per intenderci ovvero quella per cui nessuno e perfetto ecc ecc. Tutto buono, MA poco utile – se non proprio dannoso – per il nostro obiettivo che è, ricordiamocelo, perdonare loro e liberare la ns vita dai veleni dell’odio ecc ecc. Il perdono non è una cosa superficiale, al cotrario e un lavoro profondo, intimo e richiede forza e tanto amore. Per il nostro lavoro è necessario che il dolore lo sentiamo chiaramente, e non per masochisti godimento o per infervorarci di ulteriore rabbia o per sentirci vittime. No, nulla di questo. Il dolore, e la sofferenza che sono entrati nella nostra vita, non sono un mero esercizio narrativo, non è successo ad altri ma a noi. E noi dobbiamo dare dignità alla nostra storia, tutta. Quindi il dolore che ci tiene all’angolo dobbiamo vederlo e sentirlo tutto e non serve a nulla rimuovere o raccontarci menzogne. Le sofferenze hanno un nome ed un cognome, ed un origine. Avvicinarci a sentire il dolore è “il lavoro”. Solo dopo potremo sentire il grande potere che abbiamo, quello di “perdono”, appunto, in tutta la sua potenza.

Il perdono è una cosa seria, e quando saremo pronti lo scopriremo. Sentiremo in noi che ci stiamo facendo un dono speciale, che solo noi possiamo farci, sentiremo che ci stiamo amando ed in quel momento – come folli – sorrideremo.

Poi ripeteremo questo passaggio ogni volta che il dolore ritorna. Non siamo sciocchi e non crediamo nelle magie e nelle “cancellazioni”, sappiamo lavorare e sappiamo scegliere di amarci e questo ci renderà liberi ogni giorno di più.

Lo stesso vale per il perdonare noi stessi. Si anche noi possiamo e sappiamo farci male. Anche qui lavoriamo, conosciamo, sentiamo, facciamo nostra la nostra storia, accettiamo, ingoiamo il rospo e piangiamo se lo desideriamo. Nulla di questo lavoro è una fatica, e da ogni fase la nostra dignità diventa sacra e ci fa decidere che possiamo smetterla e godere delle belle persone che siamo. Perché lo siamo! Doniamoci amore, non serve che gli altri lo sappiano. Lo facciamo per noi e poi se ci va di raccontarlo beh…quello è l’inizio di una nuova storia, certamente, piena anch’essa di amore e doni sani e prezioso come la speranza ed il coraggio … come solo l’esperienza può far arrivare.

La nostra paura più profonda ( N. Mandela)

La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda è di essere potenti al di là di ogni misura.
È la nostra luce, non la nostra oscurità a terrorizzarci maggiormente.
Noi ci chiediamo: chi sono io per essere così brillante, stupendo,
pieno di talenti e favoloso?
In realtà, chi sei tu per non esserlo?
Tu sei un figlio di Dio. Il tuo giocare in piccolo non serve al mondo.
Non c’è niente di illuminato nel ridursi
perché gli altri non si sentano insicuri intorno a te.
Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi.
Essa non è in alcuni: è in tutti!
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsciamente
diamo agli altri il permesso di fare la stessa cosa.
Nel momento stesso in cui siamo liberi dalle nostre paure,
la nostra presenza libera automaticamente gli altri.”
(Nelson_Mandela)

Bisogno di pace

Con profonda convinzione affermo che il bisogno ed il desiderio più grande di tutti gli esseri viventi è la pace. Pace con se stessi e con gli altri, con il passato ed il presente, con i pensieri, con le paure, con i dolori. Pace per i sogni irrealizzati, pace per la rabbi e l’odio provati, per la realizzazione solo parziale dei nostri progetti. Meritiamo la “Pace”, e già a pronunciare intimamente la parola poi ci si sente meglio. Accolgo la “Pace”, e in ognuno di noi essa trova la parte di anima e

da abbracciare. Desidero la “Pace” che sono stanchi anche i pensieri e desiderano lasciar andare le tensioni e preoccupazioni, smettere di lottare. Meraviglia della pace, meraviglia di abbraccio e ci cura di ogni animo.

Le dirette del benessere dell’Istituto Solaris: Ricostruire la mia culla (il mio Progetto di Vita e di Amore)

Cari Amici è con grande gioia che pubblico questa diretta dell’Istituto Solaris del 10 Luglio. La counselor Kathleen Fenn condivide con tutti il suo articolo pubblicato sul mensile on line http://www.solaris.it.  L’articolo potete leggerlo qui.

Tante e cose ha portato questo lockdown e tanti progetti si sono affermati in parte come risposta d’amore all’emergenza ed al dolore che ci ha fatto contattare; in questa fase storica dall’emergenza, nelle intemperie diffuse nell’animo umano che essa ha scatenato, la nostra scuola ha lavorato con arte e saggezza guidati dai nostri direttori, il Dr. Giampiero Ciappina e la D.ssa Paola Capriani  cui va tutta la mia ammirazione e gratitudine.

Abbiamo scelto di agire in modo artistico, abbiamo scelto di darci un animo che ama ed abbiamo scelto di farlo coralmente. La forza di questa decisione e di amore e di fiducia ha trasformato il dolore ed ha dato vita a questo bellissimo progetto delle dirette del benessere del venerdì che avvengono sulla pagina Instagram dell’Istituto Solaris (https://www.instagram.com/istituto.solaris/), potete seguirle qui sul mio blog certamente ma potete seguirle anche “live” ogni venerdì alle 17 collegandovi con noi. 

In questa estate mi prendo l’impegno di pubblicare quante più dirette possibile. Oggi 24 luglio c’è l’ultima diretta “live”, poi ci sarà una pausa estiva ed a settembre ci ritroveremo per nuovi momenti insieme. 

Ora però mi fermo, e vi lascio in compagnia della diretta dell’istituto Solaris. Buona visione all’insegna dell’impegno e dell’amore. 

Crescita personale: Abbiamo bisogno d’amore e di contatto.

(…)C’è bisogno d’Amore sai Zio per tutto quanto il mondo. Di un overdose d’amore(…).Cit Zucchero.

Noi abbiamo un bisogno, e si chiama Amore. Ma non solo questo, anche del contatto abbiamo bisogno ed abbiamo bisogno di sentire e di essere toccati e di toccare, di vedere, parlare e ascoltare. Ne abbiamo bisogno e quando tutti questi aspetti fanno parte della nostra vita possiamo sentire scorrere in noi il benessere e se lo osserviamo bene vedremo scorrere ai suoi piedi quel che resta degli ostacoli e del malessere. Abbiamo bisogno di essere soggetto ed oggetto di queste qualità ed attenzioni umane, esse ci arricchiscono e ci sostengono e ci rimandano un messaggio fondamentale, che noi siamo vivi ed esistiamo.

Frequentemente andiamo in “sbattimento esistenziale” e queste meraviglie per l’anima non riusciamo a sentirle ed a agirle e non riusciamo ad essere umili da chiederle.

Quando siamo giù ad esempio noi vorremmo tanto parlare con qualcuno, vorremmo tanto raccontare ogni cosa di ciò che riempie la nostra mente di pensieri vorticosi e di paure eppure facciamo fatica. Frequentemente preferiamo mettere mano al portafoglio per andare dallo psicologo e per svuotare nel suo studio tutto il nostro contenuto interiore, e questo è comunque un bene, è comunque una cosa positiva, è comunque un movimento di crescita e di cura verso quel passaggio e quella domanda di crescita che abita in noi.

Abbiamo bisogno di tutte queste cose e dico che prima ce ne rendiamo conto e prima le daremo il giusto conto nelle nostre esperienze umane. Riuscire a soddisfare in modo sano ed autentico questo bisogno farà splendere la nostra luce e ci nutriremo di una ricchezza e di una bellezza senza eguali, nell’altro e nelle relazioni noi troviamo anche noi stessi, ci conosciamo, viviamo, ci amiamo. Con gli altri nella reciprocità possiamo essere alleati della crescita e del benessere, è prezioso avere progetti corali e condivisioni, sono pratiche attraverso le quali le nostre attitudini, un tempo naturali e spontanee, ritrovano un varco da sotto la cortina dell’orgoglio e delle pretese per tornare a respirare e riscoprire sorridente che gli piace tanto, un sacco e una sporta.

Amiamo, quindi, amiamoci e lasciamo che l’amore venga a noi ci sentiremo vivi e benissimo.

Buoni propositi in tempo di “Fase 2” – Darsi una meta.

IMG_2437Il nome di questa fase non ha nulla di solenne, si chiama semplicemente fase 2, ed è quella della convivenza con il Covid 19.

L’essenzialità del none fa da contraltare ad un abbondanza di dibattito e di opinioni di prescrizioni e di minuziose indicazioni su ciò che è bene fare e cosa no, sui rischi che si corrono se si violano le regole o meglio “LA REGOLA” di  “stare a distanza”.

L’umanità ha molte anime, molte sentono di essere all’inizio di una nuova era, altre più pragmaticamente non vedono l’ora di tornare a fare come prima.

Io oggi ho lavorato di penna e di foto ispirandomi appunto alla “Fase 2”, ho lavorato per sintetizzare in un immagine la mia idea di cambiamento e di direzione verso cui andare.  Uno scatto semplice per il mio desiderio chiaro, desiderio di voltare pagina in termini esistenziali e relazionali andando verso tutto ciò che ci aiuta a crescere ed evolvere come persone. Ne io ne l’umanità abbiamo la pretesa di riuscire a fare tutto con la facilità di un idea narrativa o di un click.

Non mancheranno le tempeste e dobbiamo essere pronti e flessibili cambiare la rotta tutte le volte che le circostanze lo richiederanno, ma con la meta ben fissata nell’anima potremmo arrivare con un pò di ritardo…ma arriveremo dove desidera il nostro cuore.

 

 

 

 

Domande per crescere al tempo del Coronavisus: “Quando Finirà questa storia?”. Noi…Antonio Mercurio e il Mito di Ulisse

Già, ci chiediamo tutti: ma quando finirà?
I tecnici dicono che sarà una lunga e lenta planata il ritorno alla normalità, o comunque ad un nuovo modo di vivere che impareremo a chiamare “normalità”.

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Certo ci auguriamo tutti che i ricercatori mettono a punto in breve tempo un  farmaco o un vaccino così da poter accorciare i tempi. A loro da questo post mando tutta la mia e energia.

Ora però, mentre loro fanno il loro lavoro, noi che facciamo? Anche noi possiamo fare qualcosa e anch’io voglio fare il mio lavoro, così ecco che come Persona, come Counselor e ricercatore in Antropologia Cosmoartistica guardo al mondo dell’umano e mi interrogo sul “Quando finirà questa storia, ovvero,  quando finiranno le tante storie che ci impediscono di crescere e di approdare al tanto sognato cambiamento per stare bene ed essere felici?

Usiamo il simbolismo e per un momento vediamo il Coronavirus come alla rappresentazione fuori nel mondo di parti umane, parti nostre, e precisamente come rappresentazione di quelle parti nostre velenose che se non riconosciute e se lasciate libere di agire infettano e devastano la nostra vita, penso al veleno dell’odio al veleno dell’orgoglio, al veleno della volontà di potenza e di voler dominare gli altri, penso alla svalutazione, penso lamento, penso a tante forme virulenti che a volte agiamo nelle relazioni con noi stessi e con gli altri.

Così ecco che la domanda arriva alla nostra coscienza oggi in modo più chiaro, dalla situazione planetaria ed in tutte le lingue si è diffuso il messaggio che “bisogna fare qualcosa”. In questo momento in cui abbiamo preso consapevolezza del problema stiamo lavorando tutti a contenere il contagio e la diffusione. In questo modo l’ Io Adulto presente in ognuno di noi “qui e ora”, ed in alleanza solida con la saggezza interiore e  tutto il seguito di qualità positive umane che abbiamo  la capacità di scegliere per il bene e la costruttività, la comprensione, l’empatia, la speranza, il perdono ( IL PERDONO!!), la fiducia, la fratellanza … per dirne alcune; Ecco in questo momento di lucida consapevolezza abbiamo preso atto della virulenza dell’odio ed abbiamo deciso e stiamo facendo tutto il possibile per ridurne la diffusione.

Ad un mese dalle azioni difensive e quando si pianifica il “dopo” ecco che dalle nostre parti positive si alza la domanda “Hey tu! MA quando finirà questa storia?”  ed ancora…quando la finiremo inquinarci la vita con l’odio, i capricci e le pretese?

Già. Quando?

Ed allora mi metto in ascolto profondo in questo tempo e mi viene un sospetto.

Ma noi stiamo cambiando? Oppure stiamo aspettando che tutto finisca per riprendere a fare semplicemente quello che facevamo prima e magari anche con un pò più di veleni e di jubris, spavaldi e ringalluzziti dallo scampato pericolo?

Non è facile il momento che stiamo vivendo ed è forte la spinta umana a difenderci rimuovendo e negando il grande invito al cambiamento che la vita ci chiede di fare. Eppure qui tocca fare qualcosa…la vita lo dice chiaramente.

Recentemente in miei post vi ho parlato dell’IO FETALE. ( invito al leggere il post cliccando sul link). Di questa nostra parte  dobbiamo esser ben consapevoli e imparare a riconoscere quando essa sale in cattedra e comanda.  Ma per fortuna non c’è solo questa parte in noi, tante ne abbiamo ed in tanti post vi ho parlato anche del nostro Sé, della nostra saggezza interiore e dell’incondizionato amore per noi e che ci sostiene nei passaggi di crescita e ci spinge fermamente ad evolverci.  Ecco quindi che forti nell’amore e centrati con il nostro Sé possiamo cercare di rispondere alla domanda: Quando finirà?

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Finirà quando noi decideremo di finirla veramente, senza se e senza ma. Finirà quando il nostro IO ADULTO avrà piena cittadinanza nella nostra vita e si muoverà in armonia con il nostro SE’ Personale alla luce del sole e non solo quando ne abbiamo bisogno. Finirà quando avremo preso coscienza del grande potere che abbiamo e che si chiama “libertà” di creare la vita che desideriamo. Noi ficchiamocelo in testa siamo sempre liberi sia quando siamo centrati sull’AMORE che quando siamo centrati sull’ODIO.

imagesQuando finirà?  La mia risposta è che finirà quando avremo deciso nella volontà cosciente ed in quella profonda che è ora di finirla e deciso di amarci come si deve.

Quale è la strada per arrivare a questo obiettivo? Allora una possibile strada ce la dona Antonio Mercurio con il suo grande lavoro di rilettura del mito di Ulisse in chiave antropologica Cosmoartistia.  Ecco cosa accade all’eroe dai mille patimenti e dal grande ingegno in un momento del suo viaggio di ritorno a Itaca. Provo a raccontarvela:

“Siamo sull’isola di Ogigia, qui è approdato Ulisse ormai senza più compagni navi e tesori, solo. Nell’isola vive con la Ninfa Calipso,  e per 7 anni il nostro eroe di giorno piange il ritorno a casa e di notte giace con la bella dea, godendone. Con l’intervento di Atena, Zeus tramite Mercurio fa arrivare a Calipso l’ordine di lasciar libero Ulisse e di permettergli di costruirsi una zattera per riprendere il mare. Così a malincuore la dea fornisce a Ulisse il necessario per costruire una zattera. Calipso offre ad Ulisse di scegliere tra andare via oppure di rimanere con lei che in cambio gli avrebbe offerto l’immortalità. 

Ulisse sceglie il mare. Quasi vicino all’isola dei Feaci ecco che Poseidone gli scatena una terribile tempesta. Ulisse viene ripetutamente sbattuto contro gli scogli e poi dalle correnti risucchiato in mare. La Ninfa INO gli va in soccorso e gli dice di lasciare i tronchi a cui era aggrappato e di liberarsi delle sue vesti pesanti, gli offre un telo chiedendogli di stendervisi sopra e che così lo avrebbe portato in salvo. Ma Ulisse che è anche testardo non accetta e si tiene aggrappato ai tronchi (alle certezze tangibili) in quella tempesta e per gran tempo è sbattuto contro gli scogli. Quasi esanime si abbandona e prega, prega il dio del fiume che le cui acque entrano nel mare in tempesta. Prega il Dio del fiume chiedendogli di accoglierlo nelle sue correnti e di farlo approdare, così ormai stremato e quasi esanime dopo tanta battaglia Ulisse tocca finalmente terra e lì si lascia andare ad un lungo sonno(…). 

9788886406505Antonio Mercurio ci propone Ulisse come esempio di uomo che vive gli accadimenti della vita e che in continuazione si trasforma per divenire sempre più artista della sua vita e non solo. Il bisogno ed il desiderio di immortalità che lo muove non è quella offertagli dalla ninfa Calipso ma quella che è il risultato del suo agire che è costantemente fusione di amore e odio e di tanti altri opposti.

Come Ulisse può capitare anche a noi in questo momento di aver iniziato questo tempo storico con le migliori intenzioni ma di trovarci a volte smarriti e di non sapere cosa fare, pensare e decidere. Alla domanda “Quando Finirà?” magari sentiamo che la tempesta in effetti non è ancora placata, non è vinto il nostro odio e non è saldo il nostro amore così come pensavamo e ancora sentiamo che c’è da lavorare.  Non siamo soli ed è un duro lavoro per ciascuno di noi, teniamo duro. Ancoriamoci saldamente al nostro Sé e ascoltiamolo, preghiamo, facciamo come Ulisse affinché si plachi la tempesta dentro e fuori.

Non molliamo, Rimaniamo concentrati, noi siamo forti e possiamo fare un gran passaggio di crescita proprio in questo periodo ostinato e difficile da digerire. Prendiamoci il tempo per entrare profondamente in contatto con le nostre parti ostinate e rinforziamoci nella decisione di amore per scegliere che è arrivato il momento che finisca … ORA.

Non diamoci addosso se scopriamo che ancora un pò ce la stiamo raccontando, amiamoci incondizionatamente siamo umani ed abbiamo anche le nostre debolezze e paure. Nessuna condanna dunque ma tanto amore e perdono. Rendiamoci disponibili, affermiamolo, sussurriamocelo con affetto guardandoci allo specchio ” Io mi rendo disponibile a fare un passaggio di crescita. Io mi rendo disponibile all’amore. Io mi rendo disponibile al perdono.”

Io mi rendo disponibile insieme con tutti voi e più siamo più energia di amore doniamo a noi ed alla vita cui possiamo essere grati.

Stress da iperattivismo digitale al tempo del coronavirus.

Le restrizioni alle libertà di movimento in tanti di noi sta favorendo un maggior uso della rete, chi per motivo di lavoro e tutti, complessivamente, per sentirci e vederci con le persone e mantenere relazioni che allevino il senso di isolamento. É una cosa naturale e comprensibile e non è un reato. È uno strumento positivo, la rete. Eppure nella mia esperienza e dalla condivisione on-line con tante persone emerge il disagio da abuso di rete, in molti hanno sperimentato una forma particolare di stress. Chiusi nelle nostre case abbiamo un iperattivismo social, ed anche nei casi di smart working frequentemente si va ben oltre gli orari lavorativi, per non parlare delle maratone infinite di film in streaming, le chat e le decine di gruppi che ci notificano ogni istante di andare a vedere a controllare a rispondere.

I messaggi del nostro corpo sono preziosi e parlano chiaro, in questa fase dobbiamo stare attenti a non passare da un opposto ( lo stare in casa senza far niente) all’altro (iperattivismo digitale) e fare invece con saggezza una sintesi per armonizzare i nostri ritmi biologici con la situazione che viviamo. Più volte al giorno spegniamo gli apparati e connettiamoci con noi stessi anche in modo creativo, leggiamo un libro, facciamo 10 minuti di meditazione, ascoltiamo un po’ di buona musica, disegnamo, facciamo qualcosa creativo manuale, respiriamo, scriviamo un diario, passiamo del tempo in poltrona a rilassarci e se arriva un po’ di sonno lasciamoci portare per mano.

A sera poi andare a letto presto non è un reato, per il fatto di non dover uscire per il lavoro o per la scuola non dobbiamo necessariamente fare tardi.

In questa fase riprendiamo il controllo della nostra vita per favore, se fuori ci blocca il coronavirus dentro ci blocca la paura e per non sentirla facciamo incetta di ogni tipo di distrazione e di impegno. Facciamo gli artisti, permettiamoci di poter avere anche paura, è un emozione di stagione. Riprendiamoci la nostra normalità e non scappiamo da noi stessi, facciamoci il dono del tempo, del poter provare la noia dell’imparare a conoscerci più intimamente. Gestiamo il tempo in modo saggio, e anche le pause sono preziose in una bella melodia.

Crescita Personale: Evolvere anch al tempo del Coronavirus.

In questo momento storico di tempo e spazio “particolari” ci chiediamo tutti come poter riempire il silenzio e dare qualcosa da fare alle nostre mani e pensieri. In questa fase le emozioni che proviamo possiamo permetterci di provarle, come la paura ad esempio. Se abbiamo momenti di paura possiamo permetterci di provarla, come i momenti di gioia che anche ci sono e la speranza e la fiducia. C’è tutto il mondo in noi in questo momento. Quanto sta accadendo e le emozioni che stiamo provando, proviamo a chiederci, se le provavamo anche prima del coronavirus e approfittiamo di questa grande fase di consapevolezza per accendere un faro di luce sulla nostra storia e decidere magari oggi…ora…qui e per sempre di voleci bene, di non giudicarci più, di perdonare chi ci ha fatto arrabbiare e perdonare noi per la rabbia ed il tempo perso dietro i veleni della rabbia e dell’odio.

Sto rileggendo un libro letto forse due mesi fa ” Avro cura di te” di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale. Ho piacere di condividere con voi questo passaggio a pagina 60 “(…) Nessuno viene al mondo per contemplare la propria perfezione. Ci si arriva con un obiettivo molto più serio: evolvere. (…).

Buona giornata a tutti

Il tuo silenzio mi uccide … ( di Kathleen Fenn) su Solaris.it

LogoAltaDefinizione_sfondato_500px-e1438454191938(con piacere condivido con coi un nuovo articolo della rivista on line Solaris.it  e scritto dalla mia collega counselor Kathleen Fenn 

 

Il tuo silenzio mi uccide. Questa è l’affermazione che spesso sentiamo risuonare dentro di noi quando il nostro partner usa il silenzio come un muro invalicabile fatto di rabbia e di risentimento. É forse il peggiore dei modi per farci sentire soli e senza possibilità di appello. Ma noi in che modo siamo responsabili della situazione di attrito che si è creata? Cerchiamo di assumerci anche la nostra parte di responsabilità. E’ possibile che negli anni ci siamo costruiti un guscio, il quale contiene il nostro orgoglio, le nostre pretese, le nostre maschere, insomma tutto ciò che noi pensiamo che ci possa servire per difenderci, lasciando spazio al nostro assoluto. A volte, viviamo sulle difensive, pensando di dover affrontare chissà quali nemici ed il primo nemico, il più vicino a noi è di solito il nostro partner, sul quale proiettiamo facilmente la figura (di solito materna) che in passato, forse fin dalla vita prenatale, ci ha ferito. Non spaventiamoci, è un processo abbastanza naturale. Si tratta di riconoscerlo, di accettarlo, di trasformarlo e di capire che i nemici non sono fuori di noi, ma dentro di noi, sono i nostri persecutori interni.

Siamo pieni di traumi e di doni

Il fatto è che noi “nasciamo arrabbiati e pieni di traumi …. ma anche pieni di doni” (citazione dal corso di Teatro della Cosmo-Art, Istituto Solaris,A.A. 2019/20, condotto dalla dottoressa Paola Capriani), possiamo quindi cogliere l’opportunità di trasformare nostri traumi in doni. Perché siamo arrabbiati? Per celare e rimuovere il nostro dolore più antico, per non attraversarlo di nuovo, ma solo riattraversandolo possiamo sciogliere questo nodo con il perdono. “Il perdono libera l’anima e cancella la paura.” (Nelson Mandela) Il passaggio da fare è ammettere di essere arrabbiati e di avere odiato, sì, odiato, anche se in molti rifuggono da questa parola. Riflettiamoci, se siamo capaci di amare dobbiamo essere capaci di odiare, siamo un meraviglioso miscuglio di sentimenti, positivi e negativi, abbiamo la capacità di fare la sintesi tra gli opposti e di darci  “un cuore ama e non un cuore che odia” (Regole della Navigazione Notturna degli Ulissidi – Antonio Mercurio) Questo ci suggerisce la Cosmo-Art.

Colpa e responsabilità

Il lavoro deve cominciare da noi stessi, solo perdonando noi stessi saremo capaci di perdonare l’altro, di essere accoglienti e di non attribuirgli più ogni responsabilità per gli accadimenti della nostra vita. ”E’ colpa tua!” , “Ho ragione io!” e  “il silenzio mi uccide” sono le frasi più ricorrenti tra i partner di una coppia. Non sentiamoci subito le vittime, facciamo gli artisti. Possiamo cominciare col cambiare la parola colpa con la parola responsabilità, e già le cose sembreranno diverse. La parola responsabilità implica la scelta e la conseguente decisione che tutti noi possiamo prendere. Se siamo responsabili stiamo scegliendo: e quindi fermiamoci, riflettiamo un momento e non incolpiamo sempre l’altro di ogni accadimento della nostra vita. Ogni giorno noi scegliamo tra il prendere decisioni d’amore o decisioni di odio. Scegliamo l’amore!

La chiave sta nel cambiamento

Quando, dopo aver superato la fase dell’innamoramento, fase in cui viviamo avvolti in una nube dorata che lentamente si dissolve, ci troviamo di fronte alla prima trasformazione da attuare e cominciamo a scegliere. Saremo capaci di passare dall’ innamoramento all’amore? E di decidere che la nostra vita di coppia è un progetto: un progetto che è nato, ma che dobbiamo impegnarci a far crescere ed evolvere, come due adulti responsabili? Sarà inevitabile affrontare dei cambiamenti, ed i cambiamenti avvengono solo attraverso un travaglio, forse attraverso l’attraversamento di un dolore, nuovo, ma che ci richiama un trauma antico. Anche un conflitto costruttivo può servire per capire, crescere, sanare e trasformare.

Andare oltre

Ecco perché è necessario partire dal perdono di  stessi e dell’altro. È come se il perdono ci riportasse al blocco di partenza ed il percorso ora fosse scevro da ogni ostacolo, perché l’ostacolo è stato rimosso col perdono. Ora possiamo ripartire, disposti sempre ad accogliere l’altro e a perdonare ancora e ancora, anche a cadere e a rialzarci, per procedere imparando a trascenderci e per costruire una relazione sempre più sana e più forte. Impariamo ad andare oltre, tenendo a bada il rancore che a volte ritorna e ci fa sentire soli e feriti, oltre il dolore per il nostro trauma più antico che ci fa alzare quel muro. Allora sì che possiamo abbatterlo quel muro di silenzio che ci atterrisce, anzi, forse crolla da solo, travolto dall’onda d’amore e di gioia, che creiamo con la decisione di realizzare con forza e con determinazione il nostro progetto di coppia.

Oggi è un nuovo giorno ed io scelgo l’amore e la bellezza (Antonio Mercurio – Patto cosmoartistico per la Creazione della Bellezza Seconda).

Strumenti di Crescita personale: Il potere della Riparazione

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Capita a tutti di fare piccoli e grandi errori.
A volte il nostro comportamento ferisce altre persone. Ci sta, siamo umani e sbagliamo!
Oggi voglio parlare di cosa possiamo fare quando ci scappa di non essere bravi e vi propongo uno strumento spirituale molto potente, un arte preziosa e che genera benessere.
Mi riferisco al potere ed all’arte di Riparare.

Vi Riporto un esempio di un caso accaduto a me recentemente in cui la “dimenticanza” ed il continuo “rimandare” sono state le forme che ha assunto il non prendermi cura di una relazione con una persona.

Ecco il mio esempio.
Un’amica mi affida un suo oggetto che io gli ho chiesto per farne delle prove d’uso per un progetto a cui stavo lavorando. Andando via la mia amica ha dimentica di riprendere l’oggetto. Io non l’ho vista andare via e così non gli ho potuto riconsegnare il bene. Nulla di grave, come vedete, sono cose che accadono, chissà quanti di voi è capitata una cosa simile.
Ora torno a me.
Mi propongo di chiamarla subito, per informarla e per rassicurarla.
MA…passano le ora e non chiamo, rimando.
Passano i giorni e non chiamo, rimando.
So che devo chiamare ma non lo faccio, rimando.

Delle vocine dentro se la raccontano a modo loro:
– Tanto non gli serve, dice una, altrimenti avrebbe già chiamato;
– E’ colpa sua che si è dimenticata, dice un’altra;
– Tanto la rivediamo tra qualche giorno e quindi che senso ha chiamare ora?;
– Si vabbè poi gli mando un messaggio;

Quindi tagliando corto trascuro di prendermi cura della mia amica.

Come facciamo a capire che qualcosa non va bene?

Nel mio caso i continui rimandi e le dimenticanze mi davano un disagio, non parlo di malessere vero e proprio ma di un senso di fastidio sull’anima.

Dal mio Sé mi viene in soccorso la consapevolezza di come a volte attraverso delle piccole ed apparenti dimenticanze e rimandi non mi prendo cura a dovere del mio progetto e delle relazioni con altri.
Il mio Sé mi parla chiaro, basta rimandare … riparare è la cosa da fare. Obbedisco e decido :
1) riparare;
2) Accendere un nuovo faro di consapevolezza sull’importanza di “prendersi cura” a partire dalle piccole cose;
3) vedere come l’ io fetale si annida anche nel “rimando continuo”. Ricordate l’io fetale? Ne ho parlato qui. Lui vive nell’assoluto, lui risolve il tutto con un ” non è colpa mia”.

patch-2328289Dal pensiero all’azione: Operazioneriparazione.

Ho preso il telefono, ho chiamato la mia amica, le ho chiesto scusa (a dire il vero anche lei mi ha chiesto scusa per essersi dimenticata di riprenderlo), mi sono proposto – per riparare – di raggiungerla a casa sua e di potergli consegnare l’oggetto. Mi ha ringraziato per averla chiamata.

E’ un esempio semplice semplice come vedete ma utile perché cose simili accadono frequentemente.

L’arte di riparare è una competenza quotidiana e migliora la qualità della nostra vita, garantito.

Per rinforzare questa qualità umana (che tutti abbiamo) o se vi è difficile fare un azine di riparazione verso qualcuno beh fatevi aiutare, può essere utile fare dei percorsi di crescita, ma anche gli incontri di counseling sono sicuramente utili.

La riparazione per sua natura non è perfetta e non può cancellare la ferita originaria, essa non è magia e non riavvolge il nastro del tempo e non cancella ciò che è accaduto.
La riparazione tuttavia è liberatoria, sempre. Nei casi di ferite gravi non cancella il dolore ma ci permette di poterlo contattare in modo trasformativo e con la dignità della nostra dimensione umana, dove non è possibile ricostruire ciò che è definitivamente rotto o perso la riparazione abbraccia la nostra umanità e la conduce per mano a fare qualcosa di buono per chi abbiamo ferito, ci libera dal senso di colpa e ci libera dal senso di impotenza.

La riparazione porta un messaggio speciale: “Mi dispiace e voglio fare qualcosa per te per riparare al meglio di quello che “ora” mi è possibile. Tengo a te, tu sei prezioso ed anch’io lo sono”.

Con la riparazione liberiamo la nostra capacità creativa e costruttiva dagli orpelli velenosi della pretesa e del lamento che ci legano le ali.

( L’articolo non nasce con finalità promozionale della mia attività di Counselor ma se vorrete approfondirlo con me fate pure scrivendomi)

Un saluto affettuoso a tutti voi.

Crescita personale: Scegliamo di cambiare, scegliamo cosa pensare.

Certi brutti pensieri o certe cattive abitudini si possono bloccare. Una prima cosa da fare è non alimentarli. Ignoriamoli e non rimanendoci sopra a tessere storie infinite. Quando il pensiero si affaccia considerate che sono solo pensieri, visualizzateli come nuvole nel cielo della mente. Arrivano e passano.
Facciamo questo esercizio: Quando i pensieri negativi arrivano visualizziamoli e poi con gentile decisione li facciamo scorrere via, non tratteniamole ma anzi mentre scorrono via lasciamo entrare in scena l’immagine ed il pensiero di ciò che realmente siamo e del cambiamento a cui stiamo lavorando.

Impariamo a ignorare e disintossichiamoci da voluttuose abitudini come ad esempio il lamento, smettiamola di raccontare la “solita storia”, noi lo possiamo fare perché siamo padroni della nostra vita e dei nostri pensieri. Alleniamoci e manteniamoci allenati ogni giorno. 😉

I pensieri felici il cibo migliore per me

Vi propongo qui un articolo pubblicato sulla rivista on line Solaris.it riporto un bell’articolo scritto da una mia collega bravissima Federica Casolo Counselor Professionista. Buona lettura

I pensieri felici il cibo migliore per me
Cosmo-Art e senso della vita

I pensieri felici….sono il cibo migliore di cui nutrirci e con cui nutrire la nostra anima.

I nostri pensieri, quanti? Tanti. Affollano la nostra mente e possono essere paragonati al cibo che ci nutre. Ci alimentiamo attraverso di loro.

I nostri pensieri sono solo nostri e nessuno li può sentire e vedere.. Molto spesso non ci rendiamo conto di quanto fanno parte di un dialogo che abbiamo stabilito con noi stessi. Il pensiero orienta le nostre scelte e il nostro modo di agire e di vivere. Attraverso di loro filtriamo tutto ciò che ci accade. La realtà quotidiana che viviamo ci viene narrata attraverso un racconto costituito dai nostri pensieri……diviene come il cibo quotidiano che ci nutre. Proprio come nel caso dell’alimento che scegliamo di mangiare per nutrirci. Questo cibo nutre ed alimenta non solo la nostra mente, ma anche il nostro essere spirituale ovvero la nostra anima.

I pensieri felici: cibo per l’anima

Siamo costituiti da una quantità di “cibo per l’anima” cui abbiamo, o non abbiamo, la possibilità di accedere. E come c’è un minimo vitale per l’alimentazione, così c’è una soglia minima di nutrimento dell’anima che non possiamo ignorare.
Prima di assumere un cibo per il nostro corpo facciamo una selezione, a volte ricevuta in eredità, altre volte frutto di una disamina personale. Desideriamo sapere se è commestibile o no, se è compatibile con le nostre convinzioni etiche o con allergie reali.
I pensieri felici: quali scegliamo
Decidiamo se questo cibo possiamo assumerlo così come si trova in natura o se dobbiamo cucinarlo. Del resto, è accostandoci da neonati agli alimenti, dal latte materno ai primi cibi solidi, che elaboriamo il concetto di buono e cattivo, dapprima legato al gusto e poi via via applicato ai nostri valori e convinzioni.
La realtà che ognuno di noi costruisce proviene dalle parole legate a pensieri che si sono articolate dentro di noi attraverso una narrazione antica. Le abbiamo etichettate e classificate come ogni accadimento che vediamo o che viviamo. Una volta identificata e definita tale realtà, abbiamo già dei pensieri in merito a ognuna delle cose che ci accadono. Una volta che crediamo sia la verità, finiamo per identificarci con queste definizioni; questo è quello che si definisce credenze limitanti.

“ Penso, dunque sono” afferma il famoso concetto filosofico di Cartesio.

Ma cosa c’è prima del pensiero? E’ il pensiero stesso l’origine o è soltanto l’effetto di qualcosa di più profondo? Se l’esistenza deriva dal pensiero, allora anche i fatti o le reazioni dipendono da ciò che pensiamo.

Veniamo da un’epoca nella quale tale idea si è trasformata in: “Penso, quindi agisco”. Come poter disarmare questo complesso meccanismo che crea “modelli di vita”. Di quale cibo per l’anima decidiamo di alimentarci? Prima di nutrircene, ci interroghiamo se ci farà del bene o ci procurerà malessere?

I pensieri felici il cibo per la mente

Anche la nostra anima e la nostra mente hanno bisogno di un cibo adatto per crescere e svilupparsi. Una sola parola-pensiero positiva ha il potere di risollevarci moralmente e spiritualmente. La parola crea, e la parola che scegliamo di usare crea delle potenti forme-pensiero che possono cambiare rapidamente la nostra realtà in meglio. Anche la scienza afferma che la nostra parte inconscia crea ogni cosa.
Questo meccanismo funziona in maniera autonoma e automatica dal momento che l’inconscio è strutturato come un linguaggio: da lì nascono le voci interne che parlano e dettano legge, che ordinano e incolpano, che giudicano o esigono; sono voci che provengono dal passato.
Cosa dicono le nostre voci interne?
La “dicha” che tradotto in italiano vuol dire “fortuna”, “felicità” e che viene da “detto” è legata a ciò che ti hanno “detto” da quando sei nato. Un realtà raccontata e non vissuta in prima persona e che condiziona i nostri pensieri.

I pensieri felici : scelgo i migliori per me

Ascoltare i nostri pensieri è un meccanismo molto naturale e automatico di cui non ci accorgiamo. Ci parliamo continuamente! E’ il self-talk o dialogo interiore: la voce narrante della nostra vita. E’ parte di un dialogo antico che abbiamo instaurato sin da quando eravamo molto piccoli. Il dialogo che abbiamo stabilito nel nostro rapporto con noi stessi: è la guida della nostra mente inconscia.

Questi pensieri determinano la qualità stessa della nostra vita. Sarà bene diventarne consapevoli. Alleniamoci al dialogo interiore trasformandolo il più possibile in dialogo positivo: trasformato in pensieri felici. Tale dialogo ci offre una grande opportunità, se rimaniamo in ascolto profondo e consapevole: ci aiuta ad organizzare i pensieri per poterli trasformare in pensieri felici: il cibo migliore per noi!.

I pensieri ci aiutano a prendere atto delle nostre capacità

L’oggetto del nostro rimuginare interiore è inevitabilmente la nostra esperienza: le vittorie e i fallimenti, come i nostri programmi per il futuro. Ne fanno parte sia le intenzioni per pianificare la spesa settimanale o il fare progetti di vita. Il dialogo interiore ci aiuta a prendere atto di quello che sappiamo o non sappiamo fare: di quello che vogliamo o non vogliamo fare, su quale bagaglio di esperienze possiamo contare, quali errori non dobbiamo ripetere, quali alternative percorrere.

I pensieri ci aiutano a rielaborare le emozioni

Parlare con se stessi serve per rielaborare le emozioni, per capire come ci sentiamo davvero. Ci aiuta a percepire il dispiacere, la rabbia, la gioia. Emozioni legate a pensieri che facciamo su di noi perchè forse in alcune situazioni abbiamo paura. Ad esempio quando pensiamo di non essere all’altezza di fare un colloquio di lavoro o come quando non ci sentiamo pronti a dare un’esame. In quel momento ci sentiamo inadeguati, ci sentiamo sbagliati e facciamo “brutti pensieri” su di noi. Tutto ciò finisce per sabotare i nostri propositi migliori, i nostri progetti.

Il pensiero interiore può essere modificato, migliorato; abbiamo le risorse per farlo. Una strategia? Possiamo allenarci come gli atleti a motivarci. Significa che parlandoci con “pensieri felici” ; il cibo migliore per noi, avremo modo di assumere decisioni migliori, da cui scaturiranno comportamenti produttivi che daranno risultati più soddisfacenti.

Non è semplice rivoluzionare il proprio pensiero ma ce la possiamo fare se lo decidiamo profondamente. E’ una questione di allenamento all’ascolto e alla decisione di credere fermamente di poter trasformare la propria realtà.

I pensieri felici il cibo migliore

Alleniamoci allora subito ad usare le parole-pensiero che agevolano la nostra crescita emotiva e rafforzano la nostra autostima: “ce la fai”, “sei capace”, “te lo meriti”, “hai fiducia in te”, “sei sicuramente in grado di riuscirci”, “brava!”, “stai tranquilla”.

Prendiamo il controllo del nostro mondo interiore se vogliamo ambire ad una vita soddisfacente e felice. Scegliamo il cibo migliore per nutrire la nostra mente e la nostra anima!

La qualità di ciò che ci diciamo ogni giorno influisce su ogni situazione, sul nostro stato d’animo, sul nostro atteggiamento, sulle relazioni e sulla nostra capacità di gestire adeguatamente gli eventi. Da oggi decidiamo di amarci donandoci le parole migliori capaci di nutrirci in modo sano. Capaci di trasformare la nostra vita e la nostra capacità di creare una realtà di Bellezza. Iniziamo col farci i complimenti meritati, gli apprezzamenti dovuti e gli incoraggiamenti necessari per poter realizzare i nostri progetti e sopratutto la nostra vita. Perché come dice Antonio Mercurio: “L’uomo non vive di solo pane ma di pane e Bellezza

Noi siamo creature bellissime e speciali.

“Ognuno di noi é speciale nel far bene qualcuna o più cose. Che sia scrivere o cantare, che sia ascoltare o raccontare, camminare, sorridere, cucinare, amare, andare in bici, strizzare l’occhio, abbracciare, parlare, soffiare, sognare, danzare, passeggiare, disegnare, dire, incontrare, dare, credere, sperare  ma anche semplicemente pensare di sé di essere speciale sentendosi dentro un qualcosa che non si sa ancora ben descrivere… ma c’è. 

Il senso perduto del tempo – Keep calm

Con piacere riporto l’articolo del Dr. Giampiero Ciappina ( Direttore dell’Istituto Solaris) pubblicato sulla rivista on line solaris.it

L’attimo presente: una specie in via di estinzione

Siamo da poco approdati al 2020: giusto un rapido istante per riflettere sull’anno che si è concluso, e lo sguardo è già rivolto in avanti, alle mille cose da fare. Perché alla fine, ciò che facciamo è cercare di stare al passo, inseguire il tempo. Lungi dall’aver veramente più tempo, la modernità se da una parte ha offerto più tempo cronologico, contemporaneamente ne ha però ristretto la sua disponibilità, rendendolo fondamentalmente un tempo sfuggente. La promessa scientista presagiva che con la tecnologia avremmo lavorato tutti meno e avremmo avuto più tempo libero. I dati dimostrano che nella maggioranza dei casi, si lavora molte più ore e molto più velocemente, nell’ansia di rendersi sempre più multitasking, come le macchine. “Il desiderio di emulare le macchine rapide create da noi stessi” – ci conferma Lamberto Maffei, Presidente dell’Accademia dei Lincei ed ex Direttore dell’Istituto di Neuroscienza del CNR – “a differenza del cervello che invece è una macchina lenta, diventa fonte di angoscia e di frustrazione” (Elogio della lentezza, 2014).

Dopo più di un secolo, come nel Manifesto futurista di Marinetti del 1909, la velocità è ancora un mito. Mentre la lentezza è un difetto, una perdita di tempo, un errore e perfino una colpa. Il risultato è che siamo costantemente proiettati in avanti, nell’istante immediatamente successivo, in un altrove che ancora non c’è. L’era digitale ha velocemente sgretolato l’istante, rimodellando la nostra percezione del tempo e accelerandolo vorticosamente.

Il senso perduto del tempo e la superficialità

I guru del Marketing sentenziano che – per essere seguiti dal pubblico assuefatto – i video non possono durare più di 60 secondi, gli spot pubblicitari scendere sotto i 30 secondi e le radio trasmettere solo brandelli delle nuove canzoni da promuovere. Oracolari algoritmi di Google profetizzano che soltanto il 5% dei lettori che avevano cominciato a leggere questo articolo, sono arrivati fin qui. Il restante 95% aveva di meglio da fare. Oppure semplicemente, si è spazientito perché … se non arrivo al punto entro 5 secondi allora trattasi di … lettura impegnativa per intellettuali e quindi … lo leggo dopo, quando ho tempo. In verità questo tempo futuro non esiste. È un tempo soltanto ipotetico e astratto, gettato alla rinfusa in quel futuribile e magmatico caos di … mille libri che avrei voluto leggere, delle tante ricette di dolci che avrei voluto cucinare, dei tanti viaggi e delle tante cose che avrei voluto fare e che non ho mai tempo di fare. La modernità pretende risposte semplici e rapide, anche per realtà complesse. Non importa se poi le risposte semplici e rapide rischiano di essere superficiali – o peggio – perfino deleterie.

Se la retorica dei Social ci mitraglia con le esortazioni al Carpe Diem (variamente declinate) è perché in verità, il qui ed ora rischia di sciogliersi velocemente quanto i ghiacciai della Groenlandia. L’attimo presente è in via di estinzione. Sempre più premuto, compresso e appiattito tra passato e futuro, il presente è ridotto ad un brevissimo istante che resiste sempre meno: e sempre meno è abitato e vissuto. Inesorabilmente siamo ossessionati e rapiti dall’attimo successivo: quello che anestetizza il presente e si allontana, talvolta nella speranza o – molto più spesso – nell’illusione.

Il senso perduto del tempo e le sue conseguenze

Questa alterazione del nostro orologio interno, ha tre principali conseguenze.

La prima è che siamo costantemente impazienti, inquieti, stranieri al nostro tempo interno, sempre fuori posto e in ansiosa attesa di trovarci in un luogo diverso e in un tempo diverso. Come se quello presente in fin dei conti fosse un tempo inaccessibile, carico di angoscia e – fondamentalmente – insopportabile. Meglio allora vivere alienati e in costante accelerazione: nel prossimo post, nell’email che deve arrivare o nel prossimo messaggio What’sUp. Una sorta di bulimia del futuro prossimo.

La seconda è la perdita della libertà. Perdendo la coscienza del presente, siamo costretti a vivere nei rimpianti del passato o nella paura del futuro. Non siamo più liberi di vivere la nostra vita – quella di adesso – l’unica veramente esistente. Al di fuori del presente, barattiamo la libertà in cambio della schiavitù delle ossessioni: di ciò che è già accaduto o di ciò che deve ancora accadere.

La terza inevitabile conseguenza è la disperazione. La guarigione, la gioia, la trasformazione e la felicità dimorano certamente soltanto nell’attimo presente. Se perdiamo il contatto con il nostro , e siamo assenti a noi stessi, immancabilmente siamo anche disperati.

Altre cosmologie

La concezione del Tempo, tipica dell’antica Grecia, ma anche della cosmologia buddista e induista è quella di un Tempo ciclico. Simile all’alternarsi delle stagioni, la grande Ruota del Tempo ritmicamente scandisce i cicli del lavoro nei campi e i cicli della vita: nascita, crescita e morte, in un infinito ripetersi. In occidente invece prevale una concezione lineare del Tempo, tipica della tradizione giudaico-cristiana. Al passato, segue sempre il presente e poi il futuro, come una freccia in un avanzare continuo. Dio crea il mondo, e il mondo – come causa ed effetto – procede dritto verso il Giudizio Universale e l’Apocalisse. Dice Andrea Colombo citando il grande filosofo (recentemente scomparso) Emanuele Severino (1929-2020): “L’Occidente è nichilista, perchè lega irrimediabilmente l’Essere al Nulla. E il cattolicesimo condivide questo tragico destino, così come tutte le forme di nichilismo che dominano la terra del tramonto, dal comunismo al capitalismo, fino al trionfo incontrastato della tecnica“. L’idea di un Tempo lineare conduce inevitabilmente al nichilismo – secondo Severino – perchè è fondata sull’illusione che tutto ciò che esiste, prima non ci fosse e poi non ci sarà. Ciò riduce la vita semplicemente ad una corsa verso la morte.

In entrambi i casi, sia nella concezione del Tempo ciclico che in quello lineare, i tempi sono sempre separati.

Diversa – ed interessante – è invece la concezione degli antichi Incas, dove il Tempo è un tutto unico: passato, presente e futuro sono contemporaneamente presenti, come linee del tempo che corrono parallele. Similmente a quanto raccontato nel film Interstellar (C. Nolan, 2014), dove Cooper e la figlia Murph pur abitando tempi diversi, tentano di comunicare tramite i libri e la sabbia. Gli antichi Incas vivevano insieme agli avi e insieme agli spiriti delle generazioni future: ogni decisione importante della Comunità coinvolgeva inevitabilmente tutti. Gli sciamani potevano spostarsi fra le diverse linee del tempo, e tutti venivano consultati per decidere del bene della società. Gli avi contribuivano con la saggezza, e i discendenti futuri con la speranza: ai presenti era quindi richiesto il massimo rispetto e una alta considerazione per le opinioni di tutti. Non era possibile sfuggire, accelerare o rifugiarsi altrove, perché tutto il tempo importante era lì, simultaneamente presente.

Il tempo della coscienza: un presente di senso

Oggi, abitare il nostro tempo è diventata una sfida semantica. Non si tratta di fermare il progresso, ma di resettare il nostro fuso orario interiore per sintonizzarlo nuovamente su un presente di senso, degno di essere vissuto. Oltre al tempo che fugge nei cronometri, esiste un tempo della coscienza che esige invece di essere conquistato con una presenza consapevole. Il tempo presente può riscoprire il suo significato soltanto entro un orizzonte spirituale. Ecco allora che l’attimo non fugge più quando ci ascoltiamo profondamente. Il qui ed ora si dilata – ad esempio – nella meditazione, nella preghiera, nell’amore verso un Tu, nella coralità, nella realizzazione di un progetto esistenziale. Tutti istanti che invece di fuggire, si eternalizzano nel nostro tempo interiore, perché ricchi di significato. Istanti senza tempo, perché permettono di conoscerci e di comprenderci, armonizzando e orientando il caos interno attraverso continue sintesi degli opposti. È questo il compito di chi vuole recuperare il senso perduto del Tempo. È questo il compito dell’Artista dell’esistenza, che vuole realizzare la propria Vita come un’Opera d’Arte.

Fermarsi per ritrovare il presente, abitarlo in modo consapevole, ci fa contattare un profondo senso di unità e di pienezza. Ecco il carpe diem! Non siamo separati: siamo uniti in una coralità a-temporale all’amore dei nostri avi e agli spiriti dei nostri discendenti. Assumere la realtà significare riscoprire il senso dell’esistenza. Possiamo allora guardare al presente con la necessaria saggezza e la necessaria speranza, recuperando il valore della memoria e la vera natura del coraggio. Un po’ come facevano gli antichi Incas.

…siamo Angeli

Gli angeli, le avanguardie “buone” del regno cielo azzurro…e se fosse diverso da come li intendiamo tradizionalmente? Mi spiego meglio, io in senso tradizionale percepisco gli angeli come creature speciali che hanno ricevuto questa investitura in ragione di particolari qualità e meriti nella loro esperienza di vita.

E se non funzionasse così? Se funzionasse invece all’inverso?

Magari funziona che ognuno di noi è libero di scegliere e può decidere se comportarsi da angelo o piuttosto da diavolo.  Le nostre scelte hanno effetti sulla nostra vita e su quella degli altri, e sulla vita nel suo complesso.

Si anche dare la precedenza, anche fermarsi ai passaggi dei pedoni sulle strisce…piccole cose certamente. Eppure se le facciamo con “valore” sono comportamenti speciali e fanno stare bene. Siamo angeli quindi, con noi stessi e con gli altri,  e possiamo fare per noi tutto quello che silenziosamente chiediamo ad un angelo nella visione tradizionale. Non entro nel merito dei miracoli … ma sono certo che ora che ci diamo un identità di valore molto centrata sull’amore e valori come la bellezza sono certo che tante cose cambieranno.

Counseling: Un opportunità per ritrovare il nostro valore

Siamo soddisfatti di noi, della nostra vita in generale?  Proviamo ad ascoltarci profondamente e rispondiamo autenticamente alla domanda: “Mi riconosco un valore?”. No, non è un compito per casa e non è nemmeno un compito facile a cui si possa rispondere con un semplice Si o No. E’ una proposta ed una mia riflessione ad alta voce, e penso che probabilmente la gran parte di noi si posiziona in uno dei valori tra gli opposti “Si con lode”  e il “No, per niente”. In mezzo troviamo “Si, abbastanza” al “Si, però dipende” al “a volte si a volte no” al “quasi Si” al “non proprio SI” al ” poco”.

Ovunque ci posizioniamo tra SI con lode ed il NO ora quello che mi preme dire è che è assolutamente cosa buona iniziare a “riconoscersi un valore”, migliora la qualità della nostra vita e soprattutto è una menzogna. La menzogna è che noi tutti “noi valiamo”, e valiamo anche se non ci crediamo.

A volte serve il malessere per farci aprire gli occhi, si perché a furia di non riconoscerci bravi le nostre energie si abbassano e diventiamo lamentosi e preda della insoddisfazione e dell’invidia .

Manteniamo quindi su ON il nostro sensore della capacità di ascoltarci e di non svalutarci.

Un valido aiuto può essere quello di fare percorsi di crescita personale. E’ necessario, indispensabile? Beh io dico che è uno strumento valido. In questo ambito il Counseling è un ottima opportunità. Lavorare con un Counselor aiuta.

Un mio cliente mi ha riferito di se come lavorando insieme ha notato che quando cammina in strada il suo sguardo e la sua postura sono migliorati,  riconoscere i propri valori e accrescerli migliora la qualità della relazione con noi stessi e della nostra vita in tutti gli ambiti.

Oggi ho fatto qualche foto e mi piace condividerle con voi. In tutte io vedo l’affermazione di “io valgo”. Noi tutti valiamo e se percepiamo delle difficoltà accogliamoci con amore e doniamoci la speranza di crescere e per far brillare la nostra luce. Con il Counseling, ad esempio e se volete fare degli incontri con me – anche on line – potete scrivermi.

 

 

 

 

Counseling: Andiamo avanti, oltre la svalutazione

Metti che ci troviamo in una situazione della vita, a lavoro ad esempio, e facciamo fatica a concepire di poter “cambiare”.

Che fare?

Un primo punto positivo da cui muovere è “ascoltarsi” profondamente e con coraggio.
A volte cambiare è difficile per una serie di aspetti pratici, ci può stare.
Quello che però mi interessa qui è evidenziare che frequentemente le cose “pratiche” nascondono una difficoltà più profonda ed a un profondo senso di “svalutazione” verso noi stessi.
Pressappoco la svalutazione dice: “non valiamo” e che quindi non meritiamo nessuna posizione migliore perché tanto “questo siamo”!

Quindi se abbiamo fatto emergere il senso si svalutazione siamo già stati molto bravi, è molto positivo imparare ad ascoltarsi e conoscere le proprie emozioni e farle emergere sempre più, renderle dignitose, libere e decolpevolizzarci. Sono cose umane, a ciascuno la sua area di svalutazione!

A più ampio raggio, se questo mood lo ritroviamo anche in alte situazioni riconosciamole e facciamole emergere per quelle che sono, delle vere e proprie “menzogna esistenziale” che ci raccontiamo, magari per paura di entrare nel “travaglio” del cambiamento che può anche essere molto impegnativo e doloroso.

Iniziamo allora con il riconoscerci che cambiare non è facile e può fare paura ma riconosciamo anche che noi valiamo eccome e che possiamo approdare al cambiamento che desideriamo gradualmente e accogliendoci con amore in tutto il nostro essere.

Il nostro valore si alimenta nell’amore per noi delle persone belle e speciali che siamo, armonizzando tutte le nostre parti.

Migliorare la capacità di ascolto ed accrescere la consapevolezza di noi stessi e di quello che desideriamo autenticamente possono trovare in percorsi di crescita personale dei validi strumenti.
Affermo che quanto più riusciamo ad aver consapevolezza del nostro essere e dei nostri obiettivi tanto più il nostro valore si accresce e alimenta la capacità di prendere le giuste decisioni in modo armonico con la nostra saggezza interiore.

Rompiamo le catene… della svalutazione. Noi abbiamo un grande valore.

Il tema della svalutazione mi ha fatto ricordare un passaggio del film “Ricomincio da tre con Massimo Troisi. Il protagonista ci fa vedere bene quello che succede dentro quando non ci diamo un valore, ecco ora che lo sappiamo vogliamoci un sacco di bene, accettiamo le ns fragilità e riconosciamo i nostri meriti che sono tanti e… andiamo avanti.

Il titolo della Clip su you tube è “la gelosia” ma io ci vedo tanto altro.

Buona serata amici

40° Seminario di Cinematerapia

Si è tenuto questo fine settimana il 40° Seminario di Cimematerapia. Un bel traguardo per gli eventi di benessere dell’istituto solaris. È stato un seminario molto ricco e si è creata una bella energia e tanti approfondimenti e riflessioni da oggi arricchiscono la vita dei partecipanti.

Alimenti sani e pensieri positivi

Come certi cibi sono da evitare per i valori del colesterolo allo stesso modo certi schemi di pensieri ed abitudini sono da evitare per i valori del nostro benessere e per la nostra serenità. In un caso e nell’altro ci vuole tanto amore per se e fermezza nella rotta del cambiamento.

Ogni esperienza è un opportunità

A volte amiamo ciò che facciamo, a volte ci è insopportabile… come il lavoro, per esempio. Gioie e dolori, una ricerca continua di armonia ed una continua sfida a superare e trasformare le difficoltà.

Io sono certo che ogni cosa che ci accade ha un senso per noi, e per sapere qual’è ci dobbiamo mettere in ascolto autenticamente.

 

Atelier Lavoro, Arte esistenziale e volo.

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L’ambiente di lavoro è un laboratorio pazzesco, mette a nudo tutto e mette a nudo tanti. Tutti sappiamo vedere le criticità e le potenzialità degli altri ma solo chi ha coraggio e strumenti adeguati può scegliere di andare oltre e vedere le proprie, e se le assume responsabilmente e con intento trasformativo beh allora si fa l’arte e si fanno capriole esistenziali buone per spiccare il volo verso la prossima tappa del cammino della realizzazione di sé.