Divenire Artisti della propria vita. Regola 4 ”Fissate i punti cardinali” da: “Le Regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio

I nostri valori i nostri punti cardinali spirituali di connessione con la nostra natura profonda e con il nostro posto nel mondo.

Il nostro viaggio ha bisogno di coordinate, in questo caso valori a cui riferirsi per ritrovarsi nelle burrasche dell’anima. I valori spirituali – cosmo artistici – che ci indica l’autore sono l’Amore, la Verità, la Libertà e la Bellezza e non aggiungo altri rispetto a quanto sentirete ben esposto nell’audio. Aggiungo una sola riflessione personale  sull’importanza dei riconoscersi e darsi  dei valori in cui credere e in base ai quali costruire la nostra esistenza. Ascoltiamoci profondamente e senza giudizio alcuno,  approderemo nello spazio sacro  di dialogo profondo ed intimo con la nostra natura profonda. Qui troveremo e sentiremo la melodia autentica dei nostri valori  intonati con il progetto che ci siamo dati. Alcuni valori che sento importanti per me: Essere giusti con noi stessi, essere sinceri, essere fedeli al nostro progetto d’amore, essere accoglienti con le nostre debolezze e con le fragilità degli altri. A voi i vostri, tutti benvenuti.

I nostri valori i nostri punti cardinali spirituali di connessione con la nostra natura profonda e con il nostro posto nel mondo. I nostri valori sono guide nel cammino, stiamo pur certi che non perderemo la rotta e il coraggio non ci mancherà. In qualunque circostanza, e ostacolo,  sotto qualsiasi forma si presenti, i nostri punti cardinali di valore sapranno indirizzare la nostra mano, il nostro pensiero e le nostre parole.   Buon ascolto e buon arte, amore e saggezza a tutti. 

Divenire Artisti della propria vita. Regola 3 ”Correggete la rotta giorno per giorno” da: “Le Regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio

Come acqua di torrente ci è utile apprendere l’arte dell’essere fluidi,  disponibili e accoglienti verso le nostre fragilità. Così centrati siamo pur certi che troveremo sempre in noi un quantum di amore e di coraggio per cambiare percorso, a cercarne di nuovi, a crearne di nuovi per andare avanti e superare gli ostacoli. La meta che ci siamo prefissi di raggiungere è ambiziosa, ce la meritiamo e possiamo attuare decisioni di cambiamento, forti e decise. Come nel mare le correnti marine e i venti possono far deviare dalla rotta fissata ecco che allo stesso modo, ci dice Antonio Mercurio, nella vita bisogna conoscere a fondo il nostro animo per scoprire e bloccare sul nascere le decisioni dettate da volontà di dominio, da pretesa orgogliosa o da progetto vendicativo (per dirne alcune). Queste motivazioni ci fanno deviare dalla rotta e naufragare. La reazione al dolore produce rabbia, e come rivalsa pretendiamo di essere risarciti. Le pretese alimentano i veleni nel nostro animo e questi ci allontanano da noi stessi. Non è facile, ma noi siamo coraggiosi, e decidiamo di  imparare ogni giorno delle nostre pretese quando compaiono. Lo dobbiamo fare non per amore poi stessi. La nostra meta non è la rivalsa, la nostra meta è la creazione di bellezza nella nostra vita.  L’umiltà è un valore prezioso e alleato in questo percorso; lo scorso mese l’Istituto Solaris mi ha fatto dono delle pubblicazione di un articolo proprio sul valore dell’umiltà nel messaggio  di Antonio 

Buon ascolto

Per la foto grazie a Gerd Altmann da Pixabay

Divenire Artisti della propria vita. Regola 2 ”Fissare la rotta” da: “Le Regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio

La meta è invisibile fino a quando non viene raggiunta. Sono tanti gli obiettivi che tutti ci prefiggiamo e che ambiamo a raggiungere, di benessere, di realizzazione, di coppia, professionali ecc. Eppure tutti questi obiettivi saranno visibili nelle loro forme solo una volta raggiunti. Ciò non ci impedisce però di pianificare e, per dirla con le regole, di “Fissare la rotta”.  Fissiamo la rotta centrandoci sull’ascolto profondo del nostro progetto, sentiamo l’intima connessione con noi. I primi marinai osservavano a lungo il cielo da terra, prima di prendere il mare,  e così stabilivano le connessioni tra la meta che si erano prefissati e la stella polare (che è fissa) . Antonio Mercurio ci propone di avere il nostro Sé personale come stella polare e di trovare la connessione tra la meta che ci siamo prefissati ed il nostro Sè per tracciare la rotta in modo sicuro. Come i marinai con le stelle così anche noi dobbiamo imparare a conoscere il nostro Sè, la fonte di amore immodificabile e il nostro progetto, per fissare in sicurezza la rotta. 

Grazie per la Foto a FelixMittermeier da Pixabay

Divenire Artisti della propria vita con “Le regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi” del prof. Antonio Mercurio – Introduzione

Questo progetto di pubblicazione è colmo di gratitudine per il prof. Antonio Mercurio, per la D.ssa Paola Capriani ed il Dr Giampiero Ciappina maestri e direttori dell’Istituto Solaris e per tutti i compagni del Movimento Cosmoartistico con cui ho l’onore di collaborare per la creazione di bellezza seconda. A tutti il mio ringraziamento per essere per me punti di riferimento e maestri.

Cari Amici oggi ho arricchito il mio blog di una nuova pagina stabile, ed era ora…mi dice il mio Sè!!!

Si tratta di una pagina interamente dedicata alle Regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi. Tengo molto alle regole, da circa 15 anni sono presenti nelle memorie dei miei vari dispositivi digitali, le ascolto frequentemente e non c’è volta che io non ne tragga beneficio.

Le regole per la Navigazione Notturna degli Ulissidi sono un opera del prof Antonio Mercurio che, ispirato al mito di Ulisse, ci fa dono di un corpus di regole profonde e belle anche artisticamente nella narrazione. Un linguaggio diretto che parla all’animo e che sa rinnovare e rinforzare l’alleanza per l’amore in noi, la nostra progettualità evolutiva sia individuale che corale. Come Ulisse capita anche a noi di incontrare, e di dover risolvere, qualche ostacolo nella navigazione sul mare della vita. La proposta Cosmo Artistica del prof. Mercurio è un potente alleato per la navigazione. Forti di buone regole e di coordinate spirituali chiare ecco che nostra la navigazione assumerà una prospettiva nuova. Ulisse ha come meta il ritorno ad Itaca e noi, gli Ulissidi, ci diamo come meta il “divenire artisti della nostra vita e della vita dell’universo”. Non vi dico altro, giusto il minimo per introdurvi all’ascolto della intro. Mi sono dato il progetto di pubblicarle tutte e di aggiungere giusto qualcosina di accompagno, ma proprio qualcosina. Se desiderate già ascoltarle tutte le trovate nella pagina. Consiglio per l’ascolto? Si…uno…con cuore♥️. Un caro saluto a tutti

Il conflitto Padre-Figlio nei simboli della mitologia greca (del Dr. Giampiero Ciappina su www.solaris.it)

Cari, oggi ho piacere di condividere un articolo del Dr. Giampiero Ciappina uscito sull’ultimo numero del magazine on line Solaris.it

Buona lettura

Il conflitto generazionale nella mitologia greca

L’invidia per la creatività: dalla tragedia all’amore circolare

Il conflitto padre-figlio è stato spesso un significativo rappresentante del complesso rapporto tra generazioni. I romani usavano una terminologia che scandiva con precisione la successione degli anni. Secondo lo scrittore latino Varrone, a Roma si era Puer fino a 15 anni, Adulescens dai 15 ai 30, Juvenis dai 30 ai 45. Il rito di passaggio più importante era quello celebrato tra i 15 e 16 anni, la vestizione rituale della toga virile con la quale i giovani acquisivano la maggiore età e il diritto di voto e soprattutto la possibilità di ricoprire cariche e il diritto di sposarsi. Se oggi i rapporti tra genitori e figli sono improntati ad una maggiore empatia, storicamente essi erano caratterizzati – al contrario – da distanza affettiva e da convenzioni, le quali spesso sfociavano in incomunicabilità, aperto conflitto e frustrazioni reciproche. Anche se in questo articolo mi concentro sul conflitto genitore-figlio – e più specificatamente sul conflitto padre-figlio – analoghe riflessioni, con le dovute differenze, si potranno fare con la madre e la figlia.

La mitologia e la teoria sull’Invidia di Melanie Klein

Il mondo  allegorico dell’antica Grecia ci propone le quattro figure mitologiche a cui ispirarsi (che vedremo più avanti), e dove ognuno potrà riconoscere alcune sue caratteristiche, rileggendole però alla luce della teoria psicoanalitica sull’Invidia, proposta da .
Perchè proprio l’Invidia in senso kleiniano? Perchè tra i possibili livelli di indagine, certamente non l’unico con il quale si può leggere il conflitto padre-figlio, quello dell’Invidia può essere davvero molto illuminante. Infatti, spesso la consuetudine è quella di leggere il conflitto generazionale pressoché esclusivamente originato dalla spinta dei figli a crescere e dal loro desiderio di autonomia e indipendenza. Siamo stati tutti adolescenti, e la lettura mainstream del conflitto generazionale talvolta rimane prigioniera di una visione miope e monolitica: l’epica romantica dell’eroe che si deve liberare da chi lo tiene prigioniero. Questa chiave di lettura, ancorché valida (e di cui abbiamo già ampiamente trattato), è anche parziale e superficiale, poiché rimane ostaggio dello stereotipo del Padre-Padrone o della Eternalizza questi archetipi, senza tenere conto invece dei processi di crescita. Infatti, secondo la lettura più tradizionale e convenzionale dell’epica romantica, i giovani vorrebbero crescere, decollare e realizzarsi, ma sono impediti dal Padre-Padrone o dalla Madre-Divorante. E da qui nasce il conflitto. Ma perchè questa chiave di lettura è soltanto parziale? Perchè, ad esempio, in un proficuo percorso di crescita personale, dopo aver scoperto ed incontrato questi mostri interiori, spesso l’individuo può eventualmente anche simbolicamente sbarcare – come dice Antonio Mercurio – sull’Isola dei Feaci. E’ ciò effettivamente accade a chi, magari dopo anni di profondo lavoro su se stesso, sviluppa nuove competenze e progressivamente trasforma la propria vita. Può persino incontrare Re Alcinoo e la sua sposa Arete che ricoprono  di doni e che non hanno nessuna intenzione di trattenere Ulisse, ma semmai lo aiutano in tutti i modi nel suo viaggio verso Itaca. In questo caso, come si spiega il conflitto? Con il sostegno delle teorie kleiniane, è invece possibile ipotizzare, che una componente del conflitto sia alimentato – non tanto dal soffocamento parentale – ma piuttosto anche dall’invidia verso la creatività genitoriale.
E sebbene la Klein nei suoi testi faccia riferimento esclusivamente alla Madre, possiamo trasporre le sue proposte psicoanalitiche all’intero nucleo genitoriale (coppia accuditrice) e – con le dovute cautele e differenze – riferirle sia alla figura della Madre che a quella del Padre.

Sostiene Melanie Klein “[…] il seno, nel suo aspetto buono, è il prototipo della bontà materna, della sua inesauribile pazienza e generosità, come pure della sua “. Questa affermazione è rivoluzionaria, poichè nessuno prima della Klein aveva osato ipotizzare che il bambino poteva essere invidioso della creatività genitoriale. E poi prosegue: l’invidia deriva dalla sensazione del bambino che “la gratificazione di cui è stato privato viene vissuta come qualcosa che il seno frustrante ha tenuto per sè“. E prosegue ancora: “l’invidia cerca non solo di derubare la madre, ma anche di mettere ciò che è cattivo […] nella Madre, e in primo luogo nel seno allo scopo di danneggiarla e di distruggerla. Nel senso più profondo ciò significa distruggere la sua creatività.

L’invidia nelle relazioni

L’invidia è un argomento molto complesso e di difficile acquisizione. Ciò è dovuto alla onnipresente sensazione che di invidia ne siano terribilmente sofferenti gli altri, ma poi di essere – in prima persona – miracolosamente immunizzati. Essa affligge le relazioni in generale: anche molto al di là del ristretto tema di questo articolo sul conflitto padre-figlio, o in generale del conflitto generazionale. La si può osservare nei gruppi di lavoro, tra fratelli, tra amici, tra i soci di una azienda e in tutte quelle situazioni dove il Meccanismo di Proiezione attribuisce all’Altro una funzione materna (reale o immaginata). Può persino spiegare (almeno una parte de) i conflitti di coppia, dove prima si proietta sul partner la propria figura materna, e poi la si invidia (e la sia vuole distruggere) per la sua ricchezza e creatività. In ogni caso, il presupposto keiniano sull’invidia si articola su una polarità fondamentale: l’invidioso presuppone (o percepisce se stesso) come un essere vuoto e presuppone che esista un altro individuo pieno. Ma poichè il vuoto viene costantemente rimosso, la persona invidiosa non sa di esserlo.

Tornando al conflitto padre-figlio, da questo punto di vista, la Klein suggerisce una prospettiva che è in grado di illuminare uno degli elementi del conflitto generazionale facendolo proprio risalire all’invidia per la creatività. Entriamo più nel dettaglio e vediamo come.

Narciso: il conflitto padre-figlio nella non-nascita

Narciso è il figlio che non riesce a nascere. Non ci arriva neppure al conflitto generazionale. Narciso non riesce ad incontrare il Padre: nè per cercarlo e tanto meno per scontrarsi con lui. Jacques Lacan, riferendosi al Narcisismo, al bisogno di apparire e di gratificazione continue, di oggettivazione del rapporto con l’altro, ci ricorda che la passione di Narciso è fondamentalmente una passione suicidariaconflitto padre-figlioNarciso affoga nello stagno delle acque placentari in cui ama rispecchiarsi come metafora dell’impossibilità a nascere come  – la quale è definita da  – come capace sì di amarsi, ma poi anche capace di amare e di essere amato. Fuori dall’utero ci sono relazioni nuove, ma inarrivabili perché terrificanti. Richiederebbero una profonda revisione delle proprie radici identitarie, e Narciso si ritiene incapace di sostenere una rivoluzione così profonda. Lo stesso Lacan ci ricorda che il Narcisismo è una patologia senza conflitti esterni: in altre parole, il Narcisista è chiuso in una monade autistica dove l’invidia raggiunge livelli così estremi da essere totalmente negata e rimossa. Narciso apparentemente non entra neppure nel conflitto generazionale perchè ripiegato in una posizione fetale e schizoide, tesa a negare che esista una bellezza oltre se stesso. Narciso si illude di bastare a se stesso e il seno buono semplicemente non esiste. Non è stato nutrito e non deve essere riconoscente per questo. La creatività e la ricchezza della Madre (o del Padre) sono negati a tal punto che il narcisista si convince della propria autarchia e autoreferenzialità assoluti. Tutto al contrario del sincero riconoscimento che – alla corte del Re Alcinoo – Ulisse porge ai suoi ospiti.
Narciso quindi non è in grado di contattare né il proprio  e tantomeno il proprio . La  soprattutto è una meta irraggiungibile: un’illusione, una chimera soltanto teorica e interamente utopica. Sicché Narciso non può nascere in un Tu e in un Noi, perché rimane profondamente prigioniero dell’Io e non riesce ad uscire dal chiuso di quella relazione angusta, autistica e mortifera. Affoga e ritorna nelle acque dell’utero perché – in fondo – non è mai veramente riuscito a separarsene.

Icaro: il conflitto dell’orgoglio

Icaro è in contatto con il padre Dedalo, ma la mitologia ce lo consegna come il simbolo del figlio ribelle e presuntuoso. Non ascolta i suggerimenti del Padre, si avvicina troppo al Sole e si brucia le ali. Qui l’invidia distruttiva genera orgoglio e presunzione. Dedalo è un grande architetto, inventore e scultore di rinomata esperienza. Icaro invece è ancora un giovinetto: non è veramente in grado di costruire autonomamente le proprie ali – reali e simboliche – ma prende quelle sapientemente costruite dal Padre.  Ad una analisi superficiale, ciò potrebbe apparire come una capacità del figlio di essere erede: ma non è proprio così. conflitto padre-figlioIcaro prende sì le ali: ma non ascolta né consigli di prudenza, né accetta che vi siano regole da rispettare. Dice Ovidio nelle Metamorfosi (VIII, 183-235): “Allorché il giovinetto cominciò a godere dell’audace volo, abbandonò la sua guida….” E’ la ribellione alla funzione normativa del Padre. In altre parole, Icaro è un figlio che sembra accettare una eredità soltanto materiale: ma profondamente poi rifiuta quella spirituale.
Scrive ancora la Klein: “L’esperienza mi ha insegnato che il primo oggetto di invidia è il seno che nutre, in quanto il bambino sente che il seno possiede tutto quello che desidera, ha una quantità illimitata di latte e di amore, ma che lo tiene per il suo godimento“. Ma “[…] anche il seno gratificante può esser oggetto di invidia“. Anche se si sente gratificato dal fluire del latte, “il seno può esser oggetto di invidia in quanto al bambino questo dono sembra qualcosa di irraggiungibile“. Dedalo dimostra di avere una creatività e un’inventiva che il giovane Icaro ancora non possiede, e verosimilmente ciò può apparirgli come qualcosa di inarrivabile.
Certamente Icaro non ha ancora la saggezza e l’esperienza per usare le ali con la necessaria perizia. Non importa se quelle regole possono salvargli la vita. Per Icaro prevale il bisogno di imporre la propria volontà su quella del Padre e ne rifiuta la guida: non lo ascolta. Invece di saper saggiamente ereditare quelle ali, costruite con gli anni e l’esperienza, ha la presunzione di saperle già utilizzare con tutta la maestria che sarebbe necessaria. Non è consapevole dei propri limiti, è rapito da una insana ambizione e non ha l’umiltà necessaria di ascoltare chi ne sa più di lui. Il rapporto tra Dedalo e Icaro è un rapporto filiale appena iniziato: ma poi l’invidia spezza il rapporto.  Generando presunzione, Icaro decide di ascoltare soltanto il proprio orgoglio, e non è in grado di raccogliere l’eredità generazionale. E’ l’antico conflitto tra Puer e Senex, dove al posto dell’alleanza prevale invece l’arroganza e la trasgressione. A differenza di Narciso, Icaro è un figlio che è nato e che avvia un percorso di crescita. Ma poi –  non avendo sciolto il tema dell’invidia verso la creatività parentale – Icaro non sa come separarsi: la sua separazione diventa inevitabilmente uno strappo, una lacerazione, una sciagura. Anche Icaro muore nelle acque: scompare nei flutti, riabbracciato dalla madre-oceanica che lo porterà sempre più a fondo.

Edipo: il conflitto Padre-Figlio nella violenza persecutoria

Il rapporto di aperta conflittualità tra le generazioni possono essere ulteriormente rappresentate dalla terza figura mitologica: quella di Edipo. Con il mito di Edipo, il conflitto padre-figlio fa un salto di qualità: non è più sufficiente soltanto la trasgressione. Edipo ci mostra molto chiaramente l’invidia verso la creatività del padre: vuole letteralmente uccidere e usurpare il trono del Re di Tebe. Mentre il personaggio di Icaro – almeno inizialmente – aveva accettato il rapporto con il Padre, ora con il personaggio di Edipo non c’è più nessuna possibilità di trasmissione tra una generazione e l’altra. conflitto padre-figlioCon le parole di Antonio Mercurio, invece di costruire una vita come dono, Edipo sceglie letteralmente la vita come furto. Il senso della regola – non soltanto non viene ascoltato – ma viene qui deliberatamente rifiutato nel modo più violento e conflittuale. Edipo vive il padre come un nemico: ci restituisce la percezione di un Padre che non vorrebbe farlo crescere. Un Padre frustrante, perfino minaccioso, che vuole impedire la felicità del figlio, e dove l’unica soluzione è quella di ucciderlo e rubargli il trono. Edipo è quindi il simbolo di quelle relazioni padre-figlio cariche di angoscia, dove l’invidia distruttiva si mostra come una conflittualità aperta. Edipo rappresenta un’antropologia minacciata dall’angoscia di castrazione citata da Sigmund Freud: un adulto (uomo o donna) perennemente tormentato dal non essere all’altezza delle sfide dell’esistenza, afflitto dalla disistima in se stesso e dalla sfiducia nelle proprie capacità. Edipo è il prototipo di quegli adulti in perenne conflitto con i padri, perché costantemente temuti (vedi la “Lettera al Padre” di F. Kafka) e caricati di una proiezione persecutoria: in costante conflitto con l’autorità, con i rappresentanti del mondo delle regole, incapaci di perdonare veramente la Madre seduttiva (Giocasta) che li ha imprigionati in un rapporto incestuoso il quale viene – costantemente e ciclicamente – rimosso e negato.
Melanie Klein ancora una volta ci ricorda come simbolicamente l’uccisione del padre può avvenire in tante circostanze diverse. Perfino all’interno di un percorso di psicoterapia. “L’invidia primaria viene rivissuta anche nella situazione di transfert. Per esempio: lo psicoanalista ha appena fornito un’interpretazione che ha dato sollievo al paziente […]. Questa interpretazione buona può essere oggetto di critica distruttiva […]. La critica può rivolgersi a particolari di minore importanza: l’interpretazione doveva essere fornita prima, è stata troppo lunga o ha disturbato le associazioni del paziente, oppure è stata troppo concisa e non è stata capita a sufficienza. Questo tipo di paziente è invidioso del successo dell’analista e […] non può introiettarlo sufficientemente come un oggetto buono, nè accettare la sua interpretazione come vera convinzione e assimilarla.[…]. Il paziente invidioso potrebbe anche essere convinto di non essere degno del beneficio perché si sente colpevole per aver svalutato l’aiuto che gli è stato dato“.
Sofocle racconta che Edipo scoprirà la realtà consultando l’oracolo Tiresia, soltanto dopo molti anni, e accettando una verità su se stesso terribile e dolorosa.

Telemaco: le soluzioni al conflitto Padre-Figlio

Dopo tanti Juvenis che scelgono un destino tragico, finalmente la mitologia greca ci consegna anche una antropologia più armonica: l’immagine di Telemaco. Con la figura simbolica di Telemaco non ci sono morti. Non deve morire nessuno. telemacoTutte le precedenti figure allegoriche infatti, sono vittime – direbbe Antonio Mercurio –  di una volontà omicida (Edipo), oppure di una volontà suicida (Narciso e Icaro). Telemaco invece sente il bisogno del Padre e – pur sapendo di correre un grave pericolo – si impegna per cercarlo. Sa che questa ricerca è rischiosa per la sua stessa vita, ma decide che il rapporto spirituale con il Padre è indispensabile. Si stabilisce quindi un amore circolare. L’Amore circolare è un tipo di amore – che al contrario del triangolo edipico – è capace di includere, senza che ci sia un escluso in maniera oppositiva. Dice Mercurio – “L’amore circolare, proposto dalla Sophia-Analisi, si augura di vedere realizzato un salto qualitativo molto importante: arrivare a chiedere come dono – e non come un diritto – l’oggetto d’amore desiderato“.
La figura di Telemaco ci racconta quindi una storia completamente diversa del rapporto tra generazioni, della possibilità di meritarsi una eredità. In un’epoca come la nostra, dove nessuno accetta che vi possano essere regole se non quelle proprie, dove la figura del Pater Familias è continuamente aggredita, assente, evaporata, “il processo dell’ereditare, della filiazione simbolica” – afferma Luciana Sica – “sembra venire meno e senza di esso non si dà possibilità di trasmissione del desiderio da una generazione all’altra e la vita umana appare priva di senso“.
Telemaco all’inizio dell’Odissea, è un figlio in attesa del padre. Guarda l’orizzonte del mare, e lo invoca. Attende che il nome del padre riporti la regola nella reggia invasa dai Proci. La presenza del Padre Ulisse infatti è l’unica in grado di riportare la giustizia e l’ordine. Telemaco sa coltivare la dimensione etica della vita e riconosce pienamente questo ruolo normativo del Padre: non ha bisogno di trasgredire e comprende l’importanza fondamentale delle Regole. “Telemaco cerca il padre” – sostiene Recalcati – “non come un rivale con il quale battersi, ma come un augurio, una speranza, come la possibilità di riportare la Legge sulla propria terra“. Siamo lontani dalla presunzione e dall’orgoglio che hanno condotto al suicidio di Icaro, oppure dalla violenza persecutoria che ha reso cieco Edipo. Successivamente Telemaco dimostra la sua volontà di superare l’invidia distruttiva verso il padre, perchè esce dall’attesa passiva e attivamente intraprende il proprio viaggio. E’ simbolicamente il viaggio del Puer alla ricerca del Senex il viaggio metaforico che permette al figlio di scoprire il Padre. Ma in fondo, non si tratta qui del Padre biologico, ma di quello spirituale: è una vera imitatio patris, un viaggio alla ricerca del proprio se stesso nel futuro, del Padre che quel determinato figlio un giorno vorrà essere. E’ proprio questo uscire dalla passività, il mettersi in moto, questo voler ridurre le distanze, questo desiderio di entrare veramente in contatto, che consente metaforicamente il ritorno del padre. In altre parole: il Padre torna, se il figlio decide attivamente di cercarlo. Similmente ad un brano del film “L’uomo dei Sogni” (di P.A. Robinson, 1989) dove proprio in riferimento alla riconciliazione tra padre e figlio, una voce ultraterrena suggerisce a Ray Kinsella: “… Se lo costruisci, lui tornerà“.
Nella cultura mediterranea dell’antica Roma, il rapporto fra padre e figlio era di grande importanza. Dal momento che il figlio era destinato a succedere al padre nel far fronte agli oneri della casa, doveva sforzarsi di imitare sempre le sue qualità migliori e le sue virtù. “Telemaco è il figlio giusto” – dice ancora Recalcati – “perché sa essere erede, e sa ricomporre il giusto rapporto tra le generazioni e non solo contrapporre sterilmente le generazioni tra di loro“.
E se Narciso, Icaro e Edipo rimangono nell’incesto intrauterino, distruggono e si autodistruggono per l’invidia, Telemaco trova una soluzione all’invidia. Vuole una alleanza, vuole lavorare con Ulisse, ha bisogno del sodalizio con il Padre e gli riconosce il suo ruolo di Senex.  Per dirlo ancora con le parole di Freud, Telemaco è il figlio che trova la chiave per superare quell’angoscia di castrazione attraverso la positiva identificazione con Ulisse.
Telemaco rappresenta la nuova generazione che finalmente non ha bisogno di tragedie per continuare a crescere. Partire alla ricerca del Padre infatti è anche significativo del rapporto di riconoscenza e gratitudine con Ulisse. E la gratitudine, ci ricorda la Klein, “è strettamente collegata alla generosità. La ricchezza interiore deriva dal fatto che si è assimilato l’oggetto buono e si può ora dividerne i doni con gli altri“.
Dopo tanti figli che non sanno nascere e non sanno separarsi perchè devono ingannare, mentire, rubare e scontrarsi con il Padre, Telemaco sa evitare qualunque dramma. E’ il prototipo del figlio che vuole veramente uscire dall’utero, che sa riconoscere il Padre e accettare le sue ali. Attraverso l’alleanza, la sintesi della coniunctio oppositorum, il riconoscimento e la gratitudine, Telemaco può – non soltanto proseguire il suo percorso di crescita senza lasciarsi cadaveri alle spalle – ma anche potendo pienamente accogliere e meritare l’eredità del regno di Ulisse.

Crescita personale: L’umiltà come strumento spirituale per riconoscere ed eliminare le pretese.

Antonio_400x400Esprimo gratitudine ad Antonio Mercurio per il dono immenso di discipline e conoscenze, fonte di ricchezza per la mia crescita personale e per il lavoro con i miei clienti. Se leggendo desiderate approfondire la tematica e se la sentite di vostro interesse sappiate che io sono disponibile e quindi potete sicuramente contattarmi e sarò ben lieto lavorare con voi anche on line. 

Per parlare del tema delle pretese mi farò guidare dal racconto del mito di Ulisse,  come narrato da Omero,  e dal pensiero di  Antonio Mercurio che nella sua opera “Ipotesi su Ulisse” ci presenta un il re di Itaca come prototipo dell’uomo che nel suo viaggio trasforma i propri veleni e fa della sua vita un opera d’arte.

orologio_interna-nuovaOk Partiamo…andiamo un pò indietro nel tempo, andiamo al tempo sempre vivo del mito.

E’ la sera prima della strage dei Proci e siamo nella reggia di Ulisse. Il re tanto atteso, cerca di dormire, sotto le sembianze di un mendicante, ma è irrequieto il suo animo e tanti dubbi lo tormentano.

Stana indecisione🤔! Eppure fino a poco prima era forte la sua determinazione e non vi erano dubbi sulla volontà di annientare i pretendenti, avidi e pieni di pretese, che gli divorano le ricchezze, gli insidiano la moglie e minacciano di uccidergli il figlio.

Eppure ora che tutto è quasi pronto ecco che il suo animo ora si agita, è ambivalente la sua decisione, … intanto nel salone i proci si divertono con le ancelle, fa fatica il suo spirito e l’eroe prega:

“CUORE, SOPPORTA! SOPPORTASTI BEN ALTRA VERGOGNA, QUANDO IL CICLOPE MANGIAVA, CON FURIA IMPLACABILE, I FORTI COMPAGNI; E TU SOPPORTASTI, FINCHE’ L’ASTUZIA TI TRASSE DALL’ANTRO, QUANDO CREDEVI GIA’ DI MORIRE”.

Ulisse si chiede anche: “Ce la farò io da solo?”

Quindi anche Ulisse ha il suo momento di svalutazione e paura. Quindi non vogliamocene quando capita anche a noi  di essere in difficoltà😀ok?

In questa tempesta interiore ecco che di nuovo Atena interviene, lo sostiene e lo incoraggia. Atena alleata di Ulisse nell’odissea,  ma Atena (ci dice Antonio Mercurio) è per noi la nostra saggezze interiore che ci indica sempre cosa è bene fare e che fa dissolvere i dubbi.  

Ma un altro dubbio più profondo disturba Ulisse, ed è quello di eliminare le pretese rappresentate dai proci.

Odissea_Ulisse_mendicanteI Proci, i giovani principi che ambiscono a prendere il posto di Ulisse, ci dice Antonio Mercurio nel suo bellissimo libro ” Ipotesi su Ulisse”,  possono essere visti come rappresentanti simbolici delle pretese che albergano nell’animo umano. Nell’Odissea i Proci sono numerosi , ci dice Omero. Tante pretendenti ci sono nella casa di Ulisse e tante sono le pretese che albergano nel suo animo ancora nonostante i mille patimenti, ci dice Antonio Mercurio.  La richiesta dei Proci di avere un successore alla guida di Itaca è legittima, a ben vedere, ma quello che ci preme ora rilevare è come a monte di questa motivazione esteriore poi ne profondo li muove un avido desiderio di divorare e depredare la casa di Ulisse e di insidiarne la sposa ed il potere.

Dopo aver tanto agognato il ritorno, Ulisse è combattuto proprio sulla linea del “traguardo”. Questa immagine ben esprime come anche per noi arrivano i dubbi sulla “soglia” del cambiamento tanto desiderato. Il dubbio si lega con il fatto che il cambiamento è doloroso e richiede di far morire (simbolicamente, sia ben chiaro) delle nostre parti e questo non sempre è facile e ci mette in contatto con le nostre fragilità. Ma come un messaggio di fiducia è nell’Odissea, la dea Atena, allo stesso modo un messaggio ed un indicatore forte di fiducia e forza è in ognuno di noi, la nostra saggezza interiore (ci dice Antonio Mercurio).

Quindi in questo cammino non siamo soli, ci vuole impegno ma è di sicuro successo.

Chissà quante sono affollate di pretendenti le stanze del nostro mondo interiore e quanto sono velenose le pretese che dentro si annidano vantando sacrosante ragioni. Le istanze dell’ “IO VOGLIO, IO PRETENDO” chissà quanti followers hanno. In tutto l’umano albergano legittime istanze di crescita, e questo è sano. Accanto a queste motivazioni sane ed in armonia con le leggi della vita ve ne sono altre che non hanno nella crescita il fine autentico ma perseguono piuttosto il desiderio di riscatto, di risarcimento costi quel che costi. Accade questo perché il dolore che sperimentiamo nella vita se non viene conosciuto, accolto e trasformato può alimentare il risentimento e questo ci devia dalla “sana crescita”; il risentimento può sedurci con miraggio che la “sana crescita” coincida con le ragioni del  riscatto, della vendetta, del tanto ambito risarcimento per il dolore patito. Pressappoco succede che questo obiettivo diviene “l’obiettivo”, e ci deruba e divora le nostre energie creative e ricchezze.

Questa posizione avvelena e depreda la nostra reggia, il luogo della nostra vita risiede il nostro potere sano e l’arte di essere signori della nostra vita, il luogo dove con saggezza decisione ed arte costruiamo la nostra potenza reale fatta di capacità di accogliere, di perdonare, di riparare e di essere costruttivi, realizzare i nostri sogni e stare bene!

Spesso inconsce e ben camuffate le istanze di “IO VOGLIO, IO PRETENDO” sono frequentemente in pole position a motivare le nostre decisioni.

unnamedLa pretesa è ogni volta che l’altro DEVE essere o fare qualcosa per noi. Così l’altro ha tante facce, l’altro è la vita,  lo stato, Il presidente del consiglio, i medici, i ricercatori che in questo momento devono trovare il vaccino, il sistema politico, i genitori, il partner,  gli amici, gli insegnanti, la tecnologia, il modem, skype, il datore di lavoro, il vicino di casa, il comune, l’amministratore di condominio ecc ecc.

Le pretese inquinano la nostra progettualità sia personale che di relazioni con gli altri e di questo è bene che ne abbiamo consapevolezza. In questo modo saremo sempre liberi e padroni della nostra vita.

Che fare allora per venire fuori da questo ginepraio di pretese? Un primo suggerimento è l’umiltà, ovvero osservare e conoscere a fondo le nostre pretese e poi rinforzare l’alleanza con il nostro Sé.

Ma torniamo al nostro eroe ed ai dubbi ed alle paure, e veniamo anche a noi.

Atena non ha mai abbandonato Ulisse anche se lui ogni tanto perde la fiducia. A

Così gli risponde Atena: ” Ostinato! ci si fida persino d’un compagno più debole, che è pure mortale e non sa tanti accorti pensieri; ed invece io sono la dea, che sempre veglio su di te in tutti i travagli. Ma ti dirò apertamente: ci accerchiassero pure cinquanta drappelli di uomini splendidi, bramosi di ucciderci in guerra, torresti anche ad essi i buoi e le pecore grasse. Ma il sonno ti colga: anche questa è una pena, vegliare, desto per tutta la notte; uscirai presto dai mali”.

Beh cari, con questo invito di Atena vi saluto e rilancio ancora l’invito a tutti  di accrescere la conoscenza di noi, delle nostre parti luminose e quelle no,  per non lasciare che le pretese divorino la nostra vita e la nostra bellezza. Come Ulisse con i Proci anche noi restiamo centrati e pronti ad eliminarle… senza esitazione. in alleanza con il nostro Sé.  Con questa centratura e le decisioni d’amore noi diverremo sempre più e sempre meglio i padroni della nostra vita e artisti della nostra vita.

Se desiderate approfondire la tematica e se la sentite di vostro interesse potete sicuramente contattarmi e sarò ben lieto lavorare con voi anche on line per fare un percorso di crescita “insieme”.

 

 

 

 

 

La vita sostiene sempre i nostri sogni e la nostra crescita.

(…) Possa compiere Zeus e agevolare felicemente ciò che medita nell’animo l’uomo (…).

Telemaco convoca l’assemblea per condannare la condotta dei pretendenti e per chiedere una nave e dei compagni,  come indicato dal suo Sé,  Atena, per crescere divenire pienamente persona lasciando l’universo materno per andare alla ricerca del padre.

 

Domande per crescere al tempo del Coronavisus: “Quando Finirà questa storia?”. Noi…Antonio Mercurio e il Mito di Ulisse

Già, ci chiediamo tutti: ma quando finirà?
I tecnici dicono che sarà una lunga e lenta planata il ritorno alla normalità, o comunque ad un nuovo modo di vivere che impareremo a chiamare “normalità”.

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Photo by Miguel Á. Padriñán on Pexels.com

Certo ci auguriamo tutti che i ricercatori mettono a punto in breve tempo un  farmaco o un vaccino così da poter accorciare i tempi. A loro da questo post mando tutta la mia e energia.

Ora però, mentre loro fanno il loro lavoro, noi che facciamo? Anche noi possiamo fare qualcosa e anch’io voglio fare il mio lavoro, così ecco che come Persona, come Counselor e ricercatore in Antropologia Cosmoartistica guardo al mondo dell’umano e mi interrogo sul “Quando finirà questa storia, ovvero,  quando finiranno le tante storie che ci impediscono di crescere e di approdare al tanto sognato cambiamento per stare bene ed essere felici?

Usiamo il simbolismo e per un momento vediamo il Coronavirus come alla rappresentazione fuori nel mondo di parti umane, parti nostre, e precisamente come rappresentazione di quelle parti nostre velenose che se non riconosciute e se lasciate libere di agire infettano e devastano la nostra vita, penso al veleno dell’odio al veleno dell’orgoglio, al veleno della volontà di potenza e di voler dominare gli altri, penso alla svalutazione, penso lamento, penso a tante forme virulenti che a volte agiamo nelle relazioni con noi stessi e con gli altri.

Così ecco che la domanda arriva alla nostra coscienza oggi in modo più chiaro, dalla situazione planetaria ed in tutte le lingue si è diffuso il messaggio che “bisogna fare qualcosa”. In questo momento in cui abbiamo preso consapevolezza del problema stiamo lavorando tutti a contenere il contagio e la diffusione. In questo modo l’ Io Adulto presente in ognuno di noi “qui e ora”, ed in alleanza solida con la saggezza interiore e  tutto il seguito di qualità positive umane che abbiamo  la capacità di scegliere per il bene e la costruttività, la comprensione, l’empatia, la speranza, il perdono ( IL PERDONO!!), la fiducia, la fratellanza … per dirne alcune; Ecco in questo momento di lucida consapevolezza abbiamo preso atto della virulenza dell’odio ed abbiamo deciso e stiamo facendo tutto il possibile per ridurne la diffusione.

Ad un mese dalle azioni difensive e quando si pianifica il “dopo” ecco che dalle nostre parti positive si alza la domanda “Hey tu! MA quando finirà questa storia?”  ed ancora…quando la finiremo inquinarci la vita con l’odio, i capricci e le pretese?

Già. Quando?

Ed allora mi metto in ascolto profondo in questo tempo e mi viene un sospetto.

Ma noi stiamo cambiando? Oppure stiamo aspettando che tutto finisca per riprendere a fare semplicemente quello che facevamo prima e magari anche con un pò più di veleni e di jubris, spavaldi e ringalluzziti dallo scampato pericolo?

Non è facile il momento che stiamo vivendo ed è forte la spinta umana a difenderci rimuovendo e negando il grande invito al cambiamento che la vita ci chiede di fare. Eppure qui tocca fare qualcosa…la vita lo dice chiaramente.

Recentemente in miei post vi ho parlato dell’IO FETALE. ( invito al leggere il post cliccando sul link). Di questa nostra parte  dobbiamo esser ben consapevoli e imparare a riconoscere quando essa sale in cattedra e comanda.  Ma per fortuna non c’è solo questa parte in noi, tante ne abbiamo ed in tanti post vi ho parlato anche del nostro Sé, della nostra saggezza interiore e dell’incondizionato amore per noi e che ci sostiene nei passaggi di crescita e ci spinge fermamente ad evolverci.  Ecco quindi che forti nell’amore e centrati con il nostro Sé possiamo cercare di rispondere alla domanda: Quando finirà?

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Photo by Pixabay on Pexels.com

Finirà quando noi decideremo di finirla veramente, senza se e senza ma. Finirà quando il nostro IO ADULTO avrà piena cittadinanza nella nostra vita e si muoverà in armonia con il nostro SE’ Personale alla luce del sole e non solo quando ne abbiamo bisogno. Finirà quando avremo preso coscienza del grande potere che abbiamo e che si chiama “libertà” di creare la vita che desideriamo. Noi ficchiamocelo in testa siamo sempre liberi sia quando siamo centrati sull’AMORE che quando siamo centrati sull’ODIO.

imagesQuando finirà?  La mia risposta è che finirà quando avremo deciso nella volontà cosciente ed in quella profonda che è ora di finirla e deciso di amarci come si deve.

Quale è la strada per arrivare a questo obiettivo? Allora una possibile strada ce la dona Antonio Mercurio con il suo grande lavoro di rilettura del mito di Ulisse in chiave antropologica Cosmoartistia.  Ecco cosa accade all’eroe dai mille patimenti e dal grande ingegno in un momento del suo viaggio di ritorno a Itaca. Provo a raccontarvela:

“Siamo sull’isola di Ogigia, qui è approdato Ulisse ormai senza più compagni navi e tesori, solo. Nell’isola vive con la Ninfa Calipso,  e per 7 anni il nostro eroe di giorno piange il ritorno a casa e di notte giace con la bella dea, godendone. Con l’intervento di Atena, Zeus tramite Mercurio fa arrivare a Calipso l’ordine di lasciar libero Ulisse e di permettergli di costruirsi una zattera per riprendere il mare. Così a malincuore la dea fornisce a Ulisse il necessario per costruire una zattera. Calipso offre ad Ulisse di scegliere tra andare via oppure di rimanere con lei che in cambio gli avrebbe offerto l’immortalità. 

Ulisse sceglie il mare. Quasi vicino all’isola dei Feaci ecco che Poseidone gli scatena una terribile tempesta. Ulisse viene ripetutamente sbattuto contro gli scogli e poi dalle correnti risucchiato in mare. La Ninfa INO gli va in soccorso e gli dice di lasciare i tronchi a cui era aggrappato e di liberarsi delle sue vesti pesanti, gli offre un telo chiedendogli di stendervisi sopra e che così lo avrebbe portato in salvo. Ma Ulisse che è anche testardo non accetta e si tiene aggrappato ai tronchi (alle certezze tangibili) in quella tempesta e per gran tempo è sbattuto contro gli scogli. Quasi esanime si abbandona e prega, prega il dio del fiume che le cui acque entrano nel mare in tempesta. Prega il Dio del fiume chiedendogli di accoglierlo nelle sue correnti e di farlo approdare, così ormai stremato e quasi esanime dopo tanta battaglia Ulisse tocca finalmente terra e lì si lascia andare ad un lungo sonno(…). 

9788886406505Antonio Mercurio ci propone Ulisse come esempio di uomo che vive gli accadimenti della vita e che in continuazione si trasforma per divenire sempre più artista della sua vita e non solo. Il bisogno ed il desiderio di immortalità che lo muove non è quella offertagli dalla ninfa Calipso ma quella che è il risultato del suo agire che è costantemente fusione di amore e odio e di tanti altri opposti.

Come Ulisse può capitare anche a noi in questo momento di aver iniziato questo tempo storico con le migliori intenzioni ma di trovarci a volte smarriti e di non sapere cosa fare, pensare e decidere. Alla domanda “Quando Finirà?” magari sentiamo che la tempesta in effetti non è ancora placata, non è vinto il nostro odio e non è saldo il nostro amore così come pensavamo e ancora sentiamo che c’è da lavorare.  Non siamo soli ed è un duro lavoro per ciascuno di noi, teniamo duro. Ancoriamoci saldamente al nostro Sé e ascoltiamolo, preghiamo, facciamo come Ulisse affinché si plachi la tempesta dentro e fuori.

Non molliamo, Rimaniamo concentrati, noi siamo forti e possiamo fare un gran passaggio di crescita proprio in questo periodo ostinato e difficile da digerire. Prendiamoci il tempo per entrare profondamente in contatto con le nostre parti ostinate e rinforziamoci nella decisione di amore per scegliere che è arrivato il momento che finisca … ORA.

Non diamoci addosso se scopriamo che ancora un pò ce la stiamo raccontando, amiamoci incondizionatamente siamo umani ed abbiamo anche le nostre debolezze e paure. Nessuna condanna dunque ma tanto amore e perdono. Rendiamoci disponibili, affermiamolo, sussurriamocelo con affetto guardandoci allo specchio ” Io mi rendo disponibile a fare un passaggio di crescita. Io mi rendo disponibile all’amore. Io mi rendo disponibile al perdono.”

Io mi rendo disponibile insieme con tutti voi e più siamo più energia di amore doniamo a noi ed alla vita cui possiamo essere grati.

Preghiera al SE’_ di Antonio Mercurio

download

Leggevo qualche sera fa nel libro “La nascita della cosmo art” di Antonio Mercurio” che Ulisse nel suo viaggio di ritorno è sostenuto sempre dall’intervento di Atena, e la dea opera anche quando l’eroe dai mille patimenti non ne è a conoscenza. Questi, anzi, in più occasioni si “incavola” e pensa e dice (secondo me): “Ma dove cavolo ti sei nascosta mia dea protettrice?! Perché non intervieni, perché non ti mostri e perché non ascolti le mie preghiere?!”. E così il nostro eroe un poco si incavola e a volte è scoraggiato, ma non smette mai di pregare.

Atena, ci dice Antonio Mercurio, nel suo immenso lavoro di lettura dell’odissea in chiave CosmoArtistica , simboleggia il Sé di Ulisse e simbolicamente ci consente di vedere anche il Sé presente in ognuno di noi. Il Sé è la nostra parte saggia, fonte di amore immodificabile per noi e che sempre opera per la nostra crescita e per la realizzazione del nostro progetto esistenziale. Il Sé ha ben chiaro quale è il nostro progetto, non perde di vista la meta come può accadere invece a noi quando siamo smarriti nelle nebbie della rabbia, dello sconforto o seguiamo miraggi e seducenti sirene che falsamente si presentano come “la vera meta”. Quando ci smarriamo e ci sentiamo dentro un malessere, questi proprio sono i modi attraverso i quali il nostro Sé ci fa capire che dobbiamo cambiare rotta.

Io, quindi, e tutti noi e ciascuno con il nostro Sé è bene che iniziamo a dialogarci e a conoscerci. Intanto mettiamo un punto fermo sulla qualità di questa parte di noi, E’ UNA PARTE POSITIVA, FONTE DI AMORE E DI CORAGGIO, SEDE DEL NOSTRO PROGETTO ESISTENZIALE UNICO AUTENTICO E IMMODIFICABILE. In sintesi il nostro alleato buono, onnipresente.

Anche mentre ne ignoriamo la presenza, esso opera per noi. Anche quando dopo averlo conosciuto poi ci smarriamo, esso opera per noi.

 Dalla “Preghiera degli Ulissidi” vi propongo il passaggio della Preghiera al Sé”.

O mio SE’,
Signore della mia vita
E figlio del mio amore
E del mio coraggio,
Quel che Tu vuoi
E’ giusto che accada
E dove Tu vuoi
Io voglio andare.

Aiutami solo a capire:
Perché mi hai messo
In questa situazione?
E che vuoi da me
Che Io faccia?

Quando Tu vuoi
Allora è tempo
E quando Tu vorrai
Io arriverò all’isola
Della bellezza seconda.

Anche se pare
Una sventura
Quel che Tu vuoi
Per me è guadagno.

Ma dimmi:
Che vuoi che io crei
Da tanto dolore?

E che c’è di sbagliato
In me
Che io devo
Trasformare?

Anche se a volte
Mi sento precipitare
Negli abissi
Se Tu lo vuoi
Per me è bene
E per questo
Ho coraggio.

Prima che Io sia Te
E Tu sia me,
Mentre muoio e
Rinasco
Per realizzare i miei sogni
E i tuoi sogni
Nelle tue braccia
Trovo il mio riposo.

Un caro saluto a tutti.

Giochiamo a crescere.

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Ciao a tutti, vi ritrovate se dico che frequentemente abbiamo la tentazione o il bisogno di paragonarci agli altri vero? Ok, non lo faremo forse tutti ma tanti lo facciamo, a me almeno capita🤷‍♂️. Può essere che lo facciamo per trovare fuori – nell’altro, appunto – un punto di riferimento e che ci faccia in qualche modo da specchio per capire: “noi a che punto siamo”?

Ma attenzione però, dobbiamo essere cauti nell’uso di questo metodo e usarlo con saggezza e arte! Perché potrebbe capitare di essere “derubati” da seducenti e voluttuosi paragoni che – più che la sana “spinta a migliorarsi” – possono alimentare il bisogno di recriminare.

A volte gli “altri” ci fanno vedere a nostre parti e a cose per le quali non siamo proprio al top. Vediamo le cose che magari a noi non piace fare e che koro fanno, oppure vorremmo fare/avere le cose che vediamo altri fanno/hanno.

Una volta visto poi che facciamo?

Io consiglio di fare come Ulisse con il canto delle sirene. Omero fa passare Ulisse dalle sirene solo una volta affinché potesse ascoltare la profondità del suo desiderio profondo di bramosia di potere e di dominio. Come lui, io penso che sia bene anche per noi conoscere, vedere e sentire … ma poi andiamo avanti e portiamoci via da tali luoghi.

Ulisse saggiamente si è fatto legare per benino dai compagni e anche noi tenendoci fortemente all’amore mi raccomando. Stacchiamo la spina a questo gioco di recriminazione e puntiamo la prua verso la meta che ci piace, quella di riconoscerci il “pieno” che abbiamo e che “siamo”. Possiamo essere soddisfatti di noi perché facciamo il massimo e lavoriamo sodo sui muscoli e sullo spirito per trasformarci e fare sintesi continue tra cose belle e cose no. Facciamo arte?

Ciao cari 😊😊

Le chiavi del benessere: l’amore e il perdono

20190223_004955292188928.jpgAvete nel vostro mazzo di chiavi una, o più chiavi, che non sapete più cosa aprono?
Io si, ed in ben 2 mazzi di chiavi!
Recentemente condividevo con una persona questa cosa e ci siamo fatti 4 risate… e ci sta ed è bene anche prenderci un pò in giro.
Per qualche giorno però sono andato in giro con questa immagine e una bozza di riflessione che ha preso a dialogare bene con il mi pensiero ed il mio desiderio di esplorare.
Le chiavi, quindi, ecco che nei casi più frequenti capita che c’è un cambio di serratura e noi non ci siamo aggiornati. Io ad esempio non ho ancora la chiave del cancello centrale del mio condominio; questo infatti subisce frequenti cambi di serratura … e non si contano le volte che ho detto tra me :”ok domani vado a fare la copia”.

Le chiavi è chiaro servono per “aprire” e se non aprono nulla allora non servono a nulla e devono essere riciclate, cambiate! .
Eppure le conserviamo!Ma perché le conserviamo?

Provo a spiegarmelo e per farlo ho bisogno di spostarmi dal regno delle chiavi e del loro rapporto con le serrature a quello delle persone.

Simbolicamente la chiave che non serve più ma che conserviamo non vi sembra rappresenti bene nostre abitudini ormai obsolete e che siamo sempre in tempo utile per cambiarle?

Immersione rapidaaaaa!!! Penso alle pretese ora e alla rabbia ed a tutta l’allegra brigata di emozioni che proviamo quando contattiamo dolore e frustrazioni ed il loro comunicare che pressappoco dice:
Il dolore : Tu non mi hai dato questo? Tu non hai fatto questo?
La rabbia: “Bene allora, io resto come sono e non cambio fino a che tu non mi darai quello che voglio e che mi spetta di diritto.

La permanenza nella reazione rabbiosa al dolore alimenta quello che l’antropologia personalistica esistenziale chiama “il progetto vendicativo”.

Il progetto vendicativo dice pressappoco: “Tu mi hai fatto del male e quindi ho diritto ad essere ripagato per l’ingiustizia subita”.

Ognuno di noi è libero di rimanere su questa posizione è una nostra prerogativa umana, ognuno di noi è anche libero di scegliere altre posizioni come il perdono ad esempio e anche questa è una nostra prerogativa.

Rabbia e perdono sono forze opposte e portano alla realizzazione di mondi e realtà opposte.

Ci sono dolori che ci portiamo dentro e che ricontattiamo in certi momenti, pensiamo al rapporto con l’ambiente di lavoro ed a come in esso si ripropone frequentemente ed in modo proiettivo il tema del rapporto con i genitori per cui se ci siamo sentiti poco amati allora ecco che magari viviamo una dinamica similare a lavoro e dento di noi attendiamo/pretendiamo/pensiamo che l’Azienda ci deve riconoscere e se non lo fa commette una ingiustizia e quindi bla bla bla bla .
L’ambiente lavoro, come a anche la coppia, sono laboratori speciali in cui – se vogliamo e opportunamente preparati magari facendo un percorso di crescita e di consapevolezza – possiamo vedere al nostro mondo interiore ed al nostro posizionamento spirituale rispetto al tema del dolore dandoci la possibilità di decidere ogni momento in modo nuovo e creativo a partire proprio da saper fare continuamente sintesi tra “realtà” e quello che è invece la proiezione di un nostro “nostro vissuto storico”.
Si lo so che è faticoso! Ma non mortifichiamoci, ridiamoci sopra in modo maturo tanto quanto basta e dopo aver goduto un pò nel vittimismo dei non sentirci capaci ecc e bla bla bla cambiamo di nuovo rotta e viriamo decisamente verso il voler stare bene.

Emersione quota periscopioooo. Siamo umani e cambiare è impegnativo e faticoso come faticoso è anche amare ed amarsi. Queste posizioni che passano spesso come smielate romanticherie sono delle vere e proprie imprese alla conquista della nostra libertà e della nostra bellezza e mettono alla prova tutta la nostra forza ed il nostro coraggio.

E allora ripenso tra me: Come mai ancora conservo chiavi che non aprono più nulla? E se fossero rappresentanti del mio progetto vendicativo che ancora pensa di dover aprire… o anzi di avere il diritto di aprire serrature che non esistono più, leggasi seghe mentali?!

Quelle chiavi, la pretesa la rabbia ed il progetto vendicativo non aprono nulla e non hanno mai aperto nulla.
Forse le conserviamo perché abbiamo paura, si perché le chiavi spirituali nuove sono forgiate di materia umana e sudore come consapevolezza del nostro dolore e la decisione di riconoscervi dentro il messaggio di cambiamento che contiene, e questo può spaventare.
Messaggio a chi si è spaventato: Non succede nulla di tutto ciò che vi spaventa, quelli sono solo pensieri neri, la verità è che una volta sfondato il muro della paura voi siete sempre voi e siete migliori e lo percepite bene che siete migliori e vi sentite bene.
Sono le chiavi dell’amore e dell’accettazione, quelle del perdono e del progetto che vogliamo realizzare e potare con noi sempre, esse aprono le porte ad un esistenza più libera e serena.

Certe chiavi non servono più e sono grato alla vita perché questa cosa all’apparenza banale ha saputo ridestare in me una consapevolezza che da un po di tempo non sentivo.
Manteniamoci in contatto con la vita ed osserviamoci e fermiamoci a riflettere, usiamo il simbolismo delle cose che ci accadono, non liquidiamole come banalità perché a volte sono portatrici di messaggi preziosi…che siano chiavi o altro ogni cosa va bene.
Riportiamo quanto ci accade alla nostra storia personale e facciamoci portare dall’ispirazione e mettendoci in ascolto della nostra saggezza interiore che ha un bel messaggio da farci arrivare: “E’ con le decisioni di amore che si aprono le porte del nostro cuore e lo si lascia libero di esistere e creare”.

Odissea_Ulisse_mendicanteE’ tardi e per fortuna domani non si lavora, penso ad Ulisse prima di mettermi a dormire, al suo ritorno a casa da mendicante. Aveva la casa piena di pretendenti, giovani e forti che divoravano le sue ricchezze ed ambivano alla sua sposa. A lui la sua saggezza – attraverso la dea Atena – fa vestire i panni di un mendicante, un mendicante a casa propria, un Re mendicante a casa propria.
Tutti quei Proci ci dice Antonio Mercurio nel suo capolavoro Ipotesi su Ulisse sono le rappresentazioni esteriori delle pretese che ancora vivono in lui e che sono l’ultima parte che deve morire prima che si compia appieno la sua trasformazione in artista della vita.
Penso a Lui e alle chiavi da cambiare per aprire e per percorrere le strade della crescita e del vero amore…le nuove serrature da aprire.

Buonanotte sognatori e creatori di chiavi …nuove.

Roma h 19:59…tempo di una riflessione veloce…di libri…di tempo…e di armonia

Ciao a tutti,
Oggi giro in libreria. Di libri da leggere ne desidero tanti. Ho finito “L’inverno del mondo” di Ken Follet qualche giorno fa e stavo cercando un nuovo libro. Per un attimo mi sono ritrovato faccia a faccia con Ghoete, “i dolori del giovane Werther”, prima o poi faremo un giro insieme lo sento. Ma oggi no! Oggi mi ritrovo di nuovo a camminare tra gli scaffali e ritrovo i titoli che ho letto, quelli che ho amato e quelli che ho odiato…e quelli che sono in pausa come”  l’Ulisse ” di Joyce. Oggi però più forte del desiderio di leggere un nuovo libro ho sentito di nuovo la voglia di rileggere i titoli che mi hanno accompagnato negli anni. Si ho desiderio di rileggere alcuni libri che ho amato in modo particolare, rispolverarli, lasciarli raccontare ancora ed io stesso raccontarmi e ritrovarmi insieme a loro nel tempo di ora. Ah a proposito, Ken Follet non l’ho finito, l’ho divorato. Amo i suoi libri ed a breve vi dirò di quest’ultimo in una mia personale recensione.
Mi ispiro e mi lascio guidare dalla parola “armonia” del tempo e delle storie, che ho storie nuove da esplorare ed alcune vecchie da rispolverare e sono certo che entrambe avranno qualcosa di nuovo da donare.
A voi capita?

daZeroaInfinito.com…che è un giorno caldo ed è da un po’ che non scrivo. Così mi fermo subito…metto in pausa i motivi del rientro ed anche le commissioni ancora da fare. Mi faccio il dono del tempoche ho desiderio di ritrovarmi narratore…me lo hanno suggerito prospettive di libri del mio passato e del mio presente…qui e ora. 

#NarraAscoltaStorie_12. Un sussurro di preghiera può essere l’inizio di una rivoluzione.

La NarraScoltaStorie di oggi è trasversale al tempo ed allo spazio. Dalla sua nascita in poi l’Odissea è opera sapienziale che trasuda utilità e suggerimenti. Tra il racconto di Omero e ipotesisuulissela potenza della proposta interpretativa di Antonio Mercurio mi infilo io che oggi voglio narrare di uno dei messaggi in essa contenuto, la speranza. Un messaggio di speranza che narra di come anche quando sembra che non vi sia via di scampo dal casino delle Odissee quotidiane in cui ci infiliamo c’è sempre (se ci crediamo) la possibilità di venirne fuori vittoriosi. Ulisse non è solo nel suo viaggio verso casa e anche nei momenti di maggior sconforto e di impotenza, quando è fermo e piange, ci sono sempre forze in lui che sanno cosa è bene fare. Buona lettura nella mia NarrAscoltaStoria di oggi dedicata al valore dell’umiltà e della gratitudine che – se ci credi – piegano l’orgoglio. Provare per credere, e se funziona … continuare.

Direttamente dal corso “Cosa farebbe ulisse al posto mio_edizione 2014 realizzato con la Counselor Professionista D.ssa Alessandra Martorelli” ecco a voi…

Protagonisti: Ulisse, Calipso, Atena, Zeus, Mercurio, l’umiltà, l’orgoglio, la preghiera, la decisione, il coraggio, la paura, la gratitudine e naturarlemte un chiaccherone 🙂 narratore (spettinato come sempre 🙂 ).

wpid-wp-1434452469650.jpegChiacchierone Narratore: Succede che il passaggio tra Scilla e Cariddi ha lasciato il nostro eroe solo, tutti i compagni di Ulisse sono periti tra le fauci di Scilla e inghiottiti da Cariddi. Ulisse solo sopravvive e per lungo tempo si tiene sospeso tra la vita e la morte aggrappandosi con ogni residuo di forza ai rami elastici di un’albero di fico. Dal mare, dopo che Cariddi richiude le acque sotto di lui, riaffiorano brandelli di nave. Ad un pezzo di questi si aggrappa e per giorni va alla deriva sul mare…vinto. Si risveglia tra le braccia di unan bellissima ninfa, Calipso. Bella la ninfa, seducente è la sua giovinezza e la sua freschezza. E lui, Ulisse, il Re e colui che con il suo ingegno ha espugnato Troia ora con lei giace…per anni.

(… Poi…)

350px-Arnold_Böcklin_008Ulisse: Provo malessere e sono molto triste. Ho un dolore in cuore che ogni giorno mi porta su questi scogli. Guardo lontano, laggiù da qualche parte c’è Itaca … il mio regno, e la mia sposa e il mio unico figlio Telemaco. Piango e con le mie lacrime alimento il mare…immenso, non so che fare. Ogni giorno ripeto questo rito. Con lei, Calipso, la notte mi perdo in giochi d’amore … ma di giorno l’animo mio soffre ed ho un dolore sempre più forte, non trovo risposta e non so darmi una prospettiva di soluzione… quest’isola è un porto sicuro per le mie paure e quella donna sa come prendermi e nelle sue braccia soddisfo il mio desiderio di potenza … ho paura. Cosa devo fare di tutto questo dolore?

cropped-herbert_james_draper_calypsos_isle11Calipso: Ulisse, giovane e forte re. Da qui non partirai più, io e te per sempre insieme. Io vedo il tuo dolore e vedo come ti struggi l’anima a guardare avanti…lontanto. Io ti ho salvato ed alla mia isola sei arrivato naufrago e morente. Senza di me oggi non saresti niente…un alito di vento e polvere sparsa da levante a ponente.

atea indexAtena: Ulisse, mio caro. Quanto ancora ti ostinerai a non sentimi? Pensi pure che io ti abbia abbandonato. Io ho tempo lo sai, sono immortale e posso trascorrere anche l’intera esistenza a incitarti e a spronarti a crescere, a rimetterti in piedi e risollevarti. Ulisse, caro mio. Il tempo della vita è per te non è infinito, devi darti una mossa! Sono anni che ti struggi di lacrime e rispondi passivamente ai miei inviti al cambiamento. Ulisse, testone testardo e orgoglioso. Ti inebbri tra le braccia della giovane ninfa, con lei ti avvinghi in una continua danza di complicità. Ulisse, caro mio. Mi ascolti? Lo senti il malessere che ti sta lentamente uccidendo? Ulisse taglia questo legame con la ninfa! Ulisse, caro mio…come sei incasinato, lo vedo sai? Provo per te un amore immodificabile, so che io e te insieme possiamo tanto ma ora stai pure a piangere ancora un pò…struggiti pure nel lamento, senti la tua impotenza perchè tale è quello che tu ora senti.
Ulisse – Aiuto…Aiuto
Atena – Ma ora sento che … Flebile mi giunge un alito di vita, una sussurrata e debole richiesta di “aiuto”, come preghiera.  Un sussurro di preghiera può essere l’inizio di una rivoluzione.  Era da tanto che aspettavo che te ne accorgessi di come ti sei combinato e che mi facessi dono di questa seppur flebile attenzione autentica e di un autentico senso di umiltà che da sola può sciogliere ed abbattere le alte mura dell’orgoglio dietro cui ti sei arroccato. Eccomi vengo a te.  Tu, il Re di Itaca, il distruttore di Troia e l’uomo dalle tante astuzie e patimenti ora resta qui … fermo a piangere impotente io ho ascultato il tuo sussurro, io amplificherà la tua richiesta e la farò risplendere, porterò a mio padre Zeus il tuo sussurro di preghiera.

Statue_of_ZeusZeus: Atena, figlia mia. Ulisse si è ficcato in un brutto pasticcio ed in una situazione da cui da solo sembra non riuscire a trovare una soluzione. La ninfa Calipso lo protegge e gli dona piacere, al tempo stesso lo tiene a sè e non ha nessuna intenzione di lasciarlo libero di andare. Io accolgo la sua preghiera e con te voglio anch’io aiutare Ulisse affinchè possa uscire dal vortice mortale di una complicità che ora non ha più motivo di perdurare. E’ per lui il momento di smetterla di piangere e di recidere il legame mortale. Tutti noi abbiamo bisogno di Ulisse, le nostre forze fuse con le sue possono creare una bellezza che sopravviva all’infinito. Di Ulisse, delle sue forze e delle nostre, della capacità di saper fondere gioia e dolore, amore e odio, della capacità di riattraversare in modo nuovo il mare delle esperienze dolorose per liberare da esse energie e nuovi valori … la vita ha bisogno. Dalla sua impotenza e dal suo dolore – sento nella sua preghiera – il desiderio di uscire per tornare ad essere signore della sua vita.  Io invierò un mio messaggero dalla ninfa …e gli farò dono della possibilità di scegliere … la vita ha bisogno della potenza di una sua decisione … una nuova decisione da poter prendere ora. Grazie Atena e salutami quel testone si Ulisse!

stika_jan-messaggio_di_minerva_a_calipso~OM8ee300~10617_20100305_53_578Mercurio: Ninfa Calipso, Zeus mi manda da te. Lui sa che qui da anni vive Ulisse. Di lui Zeus ha in cuore che faccia ritorno ad Itaca ed alla sposa. Donagli la libertà di scegliere.

Calipso: Sia maledetto Zeus e tutto il suo seguito di Dei. Ulisse è mio e non permetterò mai che lasci questa isola. Io mi sono presa cura di lui e non Zeus quando è giunto quasi morto sulle mie coste. E ora? Mi chiede di lascairlo andare? Io posso dargli tutto e sono sicuro che lui sceglierà di rimanere con me.

imagesCalipso ad Ulisse: Ulisse caro, Zeus in persona mi manda a dire di farti dono di corde e di legni affinchè tu possa costruirti una zattra e riprendere il mare. Ma Ulisse, prima che tu decida sappi che io sola – se tu lo vuoi – posso renderti immortale. Pensa Ulisse, con me non proverai più l’angoscia della morte e insieme con me giacerai per sempre. Penelope è ormai vecchia!

Ulisse: Calipso, mia cara. Ti sono grato per quanto hai fatto per me. Naufrago sono approdato sulle tue coste e senza il tuo aiuto e la tua protezione io sarei morto in mare. Sarei già da anni cibo per pesci e di Ulisse non se ne saprebbe più nulla. Tu Calipso hai accolto il mio cuore ed il mio corpo, con te ho rinforzato la mia carne ed il mio fisico. Con te ho goduto la notte. Ora però il mio cuore è sofferente perchè tutto questo che un tempo mi ha salvato ora inceve opprime l’anima mia che vuole volare. L’immortalità che tu mi prometti è un grande desiderio che ho in cuore. Per anni e durante tutto il tempo della mia prima storia ho cercato nell’onore delle armi e nell’astuzia i modi per affermare la mia gloria  immortal e. Ma ora, ninfa bellissima, ho in cuore il desiderio del mare per navigare verso la mia terra e la mia sposa. Ho in cuore di riunirmi a lei come l’uomo nuovo che io sono diventato in tutto questo continuo naufragare sui mari della mia esistenza dentro e fuori. 1-ulisse_3Ho perso tutto quello che avevo, compagni e tesori. Mi alimenta oggi il desiderio di navigare ancora perchè la mia esistenza stessa è l’opera che io voglio creare ed è con non poca fatica che rinuncio alla tua offerta di immortalità così come è con profonda riconoscenza verso Atena e Zeus per aver continuato a credere in me offrendomi ancora – proprio ora che ero vinto e affranto nell’impotenza di questo luogo – la possibilità di scegliere … ed io scelgo di andare, che la mia sposa è certo meno bella e giovane di te ma ho un progetto in cuore da realizzare e voglio a fondere il mio cuore ed il suo. Atena posso farcela, ti riconosco e non mi sento solo. Calipso, ti sono grato per la possibilità che mi offri di costruirmi la zattera. Ora anche tu vedi chiaramente l’intendimento del mio cuore e la forza di una grande alleanza tra me e la vita intera. Sono consapevole che il viaggio che mi attende sarà ancora minaccioso e duro ma da tutto questo dolore che ho attaversato spero di farne uso saggio e prezioso. Fammi dono delle tua sincerità, Calipso, dimmi che questo non è un tranello … perchè ho tanto sofferto e non voglio cascarci ancora. Atena e Zeus ci siamo … si riparte.  Nei tuoi occhi Calipso vedo che è forte il mio intendimento e tu sai che Libero ora nulla può impedire il mio salpare, delle tue indicazioni Calipso farò tesoro per non perdermi in alto mare. Fisso la meta e traccio la rotta … si parte.
wpid-wp-1434452469650.jpegChiacchierone Narratore – Una preghierina ad esempio (ognuno come la concepisce) ed una, seppur solo sussurrata, richiesta di aiuto sono buone cose dato che ammorbiscono l’orgoglio e alleggeriscono l’animo che vuole volare … aprendo autostrade di nuove possibili soluzioni, decisioni e potenti energie spirituali.

daZeroaInfinito.com … che un sussurro di preghiera può essere l’inizio di una rivoluzione.

Libri #5_ Gli Ulissidi di Antonio Mercurio

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Perchè voi passando volutamente o per sbaglio dal mio blog ed imbattendoti in questo articolo dovreste leggere questo libro? La risposta è che non lo so perchè dovreste farlo, io l’ho fatto in passato e lo sto rileggendo in questo periodo traendone piacere ed utilità… lo stesso augurio faccio a voi amici ricercatori.

Antonio Mercurio è un autore prolifico, i suoi libri sono un condensato di conoscenza, forza e saggezza. I suoi libri sono un dono, e la capacità comunicativa dell’autore ti saranno di aiuto nella lettura. Immergendovi nei suoi libri vi potrà capitare di sentirvi presi per mano e condotti in un viaggio che percorre trasversalmente diverse discipline, dalla religione alla filosofia, dalla scienza all’arte, dall’antropologia alla psicologia, dall’uomo al cosmo. Potrebbe anche capirare di pensare di voi: “Cacchio io ho capito!”, potreste provare un sentimento nobile come la gratitudine verso il suo autore e la vita.

Gli Ulissidi è un bel libro che consiglio di leggere senza soffermarsi troppo al concettuale, il suo sviluppo è dialettico e costruttivo. L’autore espone nelle sue pagine i fondamenti di alcuni suoi polastri disciplinari che vanno dalla Sophia Analisi alla Sophia Art e fino alla più recente Cosmo Art.

Lascio a voi, se deciderete di leggere il libro, di penetrare il piano delle definizioni…dedicategli un minimo sindacale di tempo e poi ritornate a farvi prendere per mano dall’autore. Se qualcosa non la capite non vi preoccupate, nel corso della lettura l’autore saprà più volte riconnettervi con lo spirito ed il messaggio della sua opera. Se posso permettermi vi consigli di leggere questo libro con l’anima rivolta verso le stelle. Pensate a voi mentre lo leggete e lasciate che il livello della presenza cognitiva sia limitata alla nencessità di lettura. Fate scendere i concetti ed il racconto nel vostro animo, sentite che sviluppi hanno. Antonio Mercurio propone una visione dell’uomo fondata su una sostanziale interconnsessione tra uomo e vita, tra uomo e cosmo. Parla del nostro potere creativo che sono insieme capacità e competenze spirituali ed artistiche “dell’Uomo – Persona” di fondere gli opposti e di saper fare della propria vita un opera d’arte.

Perchè Ulissidi? L’autore offre in questo testo una sua interpretazione in chiave antropologica cosmoartistica del mito di Ulisse, una visione nuova sia dell’illiade che dell’odissea. Ulisse come artista della vita e della vita dell’universo. Ulissidi sono tutti coloro che nel vivere l’odissea della propria vita si ispirano al mito di ulisse come proposto da Mercurio sia in questa che in altre sue opere.

Vi invito a leggerlo, non ad impararlo. Probabilmente scorrendo le pagine vi potrò capitare di sentire che …tutto sommato …il suo punto di vista e la sua visione cosmologica della vita è sostanzialemente bella e piena di grazia.

Io non aggiungo altro…che io mica sono Antonio Mercurio 🙂 !

Nel video qui sotto potete ascotare direttamente dalla voce dell’autore il suo teorema della cosmo art, proposto nel libro. Buona visione e buona lettura.

Vivi o muori!…Si…ma come?

Resta con me, dice Circe a Ulisse, ti renderò immortale. No, grazie!1-ulisse_3Resta con me, dice Calipso a Ulisse, ti renderò immortale. No, grazie!

Per due volte il pazzo Odisseo rifiuta. Altro genere di immortalità aveva in animo.

La vita ha nella morte un limite e un opportunità, diversamente sarebbe una banale ripetizione.

La vita ha messo in questa storia dell’uomo “la morte” , ed essa si manifesta in molte forme.

C’è la morte fisica, la più comune a cui immediatamente va il pensiero, e poi ci sono le molteplici forme di morti esistenziali che facciamo ( o dovremmo fare ) ogni volta che dobbiamo cambiare qualcosa nella nostra vita ( lavoro, scuola, amicizie, paese, partner) .

Entrambe le forme fanno tremare, su quella fisica l’umanità da sempre si interroga. Su quella esistenziale ci danniamo perché siamo perennemente lancinanti dal dubbio. Faccio bene…faccio male? Ogni volta che dobbiamo decidere qualcosa il dubbio ci ingabbia, e spesso non decidiamo un bel niente…stiamo fermi mentre il tempo passa e ci nascondiamo in un apparente “ho mille cose da fare”.

Odisseo, pure lui, avrà avuto dei dubbi …sentirsi offrire l’immortalità da giovani e belle ninfe deve aver fatto traboccare oltremisura il suo già grande orgoglio. Eppure dice di no, rifiuta e va avanti.

ImmagineAntonio Mercurio ( autore del libro “Ipotesi su Ulisse”) prova a dare una sua spiegazione. Ulisse, dice l’autore, è il protagonista di un opera sapienziale ed è un artista della vita. Egli sa che la vita che lo attende a Itaca sarà mortale e un giorno finirà. Questo però non lo trattiene da intraprendere un percorso di crescita che dura 10 anni in cui continuamente è chiamato ad affrontare la morte ( Polifemo, Circe, Scilla e Cariddi e altri personaggi dell’Odissea a turno vogliono ucciderlo chi fisicamente e chi spiritualmente, togliendogli la libertà). In ognuna di queste esperienze Ulisse muore e rinasce, muoiono alcune parti e ne nascono altre. Muore il suo orgoglio, la sua volontà di dominio e nasce e si rafforza la sua saggezza, la sua potenza e la sua umiltà.

Ulisse rifiuta quel tipo di immortalità che gli offrono gli dei ed entra nel ciclo della vita, fatta di patimenti e di grandi sfide e grande bellezza. Ulisse rifiuta perché sa che quel tipo di immortalità è sterile e non ha nulla di suo. Egli vuole fare di se stesso e della sua vita un opera d’arte, e visti i risultati diciamo che ci è riuscito.

Ulisse non fugge la morte che il cambiamento richiede, e non fugge la sofferenza ed il patimento. Egli sa soffrire e patire l’impotenza ma non è un masochista, anzi. In contatto profondo con Atena, la sua saggezza, sa prendere la giusta decisione e sa trasformare il dolore in azione. E rinasce continuamente.

La morte fisica è giunta per lui, ma nessuno l’ha notata. Egli l’ha vinta e si è dato un anima immortale…molto molto più di quanto le ninfe potevano dargli.

Tocca spesso anche a noi di fare i conti con la morte, nelle sue molteplici forme. Se ci entriamo dentro ben centrati sulla nostra saggezza e sul nostro progetto sono sicuro che abbiamo anche noi una possibilità, anzi mille, anzi infinite possibilità di farcela. Quando ci capita di sentirci morire, e abbiamo paura ispiriamoci a quel pazzo scatenato di Ulisse e decidiamo cosa far morire e cosa far nascere. Molte parti di noi si opporranno, sono parti che ci albergano dentro. Noi “ce la possiamo fare”, impugniamo ben stretto l’arco andiamo avanti fino alla fine.

deplian Ulisse versione definitiva_18032014-page-001Lo scorso 22 maggio si è concluso presso la Scuola di Counseling dell’Istituto Solaris il primo ciclo di Eventi di Counseling dal titolo “Cosa farebbe Ulisse al posto mio?”. Ringrazio tutti i partecipanti e un ringraziamento speciale per la Dott.ssa Alessandra Martorelli con cui ho condotto l’evento. E’ stato un lavoro ricco …ed il progetto continua. Perché anche noi siamo artisti!

daZeroaInfinito

Obiettivo crescita e bellezza. Tra mito di Ulisse e realtà.

Mega generalizzazione ( passatemela ) “Ad Ulisse e al suo mito vogliamo tutti molto  bene”.deplian Ulisse versione definitiva_18032014-page-001

Si…perchè comunque è un esempio meritevole di lode.

Ci ispira fiducia, speranza, capacità di riuscire a cavarsela comunque vada.

Una Odissea comunque a lieto fine.

E di  storie a lieto fine ne abbiamo anche un gran bisogno soprattutto in questi tempi storici in cui a volte davvero è dura, e a volte ci manca la speranza.

Antonio Mercurio nel libro “Ipotesi su Ulisse” lo propone come esempio della persona che decide di divenire artista della propria vita. Ed è una bella idea.

Ulisse l’abile ed astuto, l’odiato e che si odia…l’uomo dai tanti pianti e patimenti,

che vive l’impotenza e che sa pregare e piegarsi, l’orgoglioso e il diffidente. Vi ricorda qualcuno? Un pò non somiglia a tutti noi?

Ulisse smanioso di gloria e di una immortalità nuova, duratura, di una vita che lasci in qualche modo il segno di sè. Vi ricorda qualcuno?Non vogliamo tutti vivere una vita in cui potere creare e contribuire alla magnifica esperienza della esistenza umana con il nostro speciale essere ed esistere come persona e come organismo?

Ulisse muore e rinasce continuamente.

C’è poco da fare, a Itaca ci vuole tornare

ma non come il re ed il guerriero che vi è partito molti anni prima.

Vuole ritornarci ripulito, trasformato per benino, cresciuto. Vi ricorda qualcuno?

A Itaca ci era quasi arrivato grazie all’aiuto di Eolo, ma evidentemente non era ancora  pronto, forse se vi approdava ora di lui non avremmo nulla da raccontare, si la storia del cavallo di Troia ma…ben altra cosa è l’Odissea!

Non vi arriva perchè ha in grembo avidità, bramosia di essere fonte di invidia altrui…uno schifo che io chiamo “non riconoscimento”. Che bramosia quell’otre dei venti…tutto mio…tutto per me…io Ulisse l’astuto che ha piegato fortezze e raggirato anche gli Dei.

No, non era ancora il momento. Troppo ancora il veleno che covava dentro.

Un altro giro allora…mia cara sorte, e stavolta prendiamola larga perchè il lavoro da fare è tanto… ed io lo voglio fortemente

perchè ho un obiettivo è ambizioso non fatto di bottino trafugato e coppe d’oro ma di me stesso capace di creare piegando

tutta la mia storia al mio nuovo volere, da Zero a infinito.

Un volere che sa apprezzare i doni della vita ed accoglierli con gratitudine, un volere che non vuole soggiacere al vittimismo ma che riconsce che in  tutto ciò che accade vi è un occasione per realizzare un passaggio, forse anche doloroso, ma essenziale di crescita…perchè la bellezza di Elena per la quale ha lottato e vinto piano piano sfigura…e lui ne vuole una nuova, altra, immorale e duratura…la sua stessa esistenza come opera d’arte da creare con forza, saggezza, arte e coraggio per attarversaere e trasformare i dolori.

Beh si. E’ un grande dono il pensiero di Antonio Mercurio e gli sono grato, dalle sue riflessioni traggo ricchezza e sul suo pensiero nascono gli eventi di counseling.

Capita spesso di vivere passaggi che sono una vera e propria Odissea.

Nuovo consiglio? Impariamo a modificare la rotta, giorno per giorno.  Meglio evitare colpi di testa e testardaggini…credetemi.

 

 

 

 

 

 

Crescita personale: Con l’amore e la forza realizziamo i nostri sogni e come Ulisse arriveremo alla nostra Itaca

Io: Ulisse non era un pazzo.
Voi(forse): “E chi lo ha mai detto?”
Io: “Tutti lo abbiamo detto”.
Uno di voi (forse): “Ma strano! A me non mi risulta, io ho sempre detto che era un figo uno di successo abile ed astuto…uno da imitare, invidiare, ma un pazzo no…ma se l’ho detto forse ho toppato…me lo ricorderei”.
Io: Mi spiego meglio, uso il mito.

Ulisse da Calipso ci stava anche bene.
Calipso è bella, una ninfa, sempre giovane e passionale,immortale e fonte di piacere.
Tutto attorno alla sua isola un mare immenso. A lui è andata anche bene visto che vi è approdato dopo giorni e giorni alla deriva e dopo che tutti gli altri sono morti. Eppure lui vuole andare via. Come minimo viene spontaneo dirgli “Ulisse tu sei un pazzo!”.

E noi quante volte nella nostra vita abbiamo sentito qualche volta che tutto quello che abbiamo non ci gratifica appieno? Un idea da diventarci pazzo (lo dice anche Morpheus a Neo nel film “Matrix”)

Vi è capitato mai? A me si.
Quante volte ci siamo detti – a bassa voce intimamente – che era un idea pazza e che dovevamo accontentarci e difendere quello che avevamo.

Ulisse non era un pazzo. Lui aveva il suo progetto di tornare a casa.

Noi pure ne abbiamo, vogliamo crescere e realizzarci, fare cose nuove e diverse, un altro lavoro, un’altra città, un rapporto di coppia, diventare genitori…ecc ecc.

E’ solo che come lui anche a noi il cambiamento fa paura.
Ma chi me lo fa fare? Quante volte ce lo siamo detti e quante volte lo abbiamo detto agli altri.

Io credo che ogni momento al mondo molte persone legano insieme due legni con una corda, caricano su tutto quello che hanno e si mettono in mare verso un idea ed un progetto, la loro personale Itaca.
Lo abbiamo fatto anche noi tante volte, è solo che non ce lo ricordiamo. E’ solo che ogni volta decidere è dura e non ci ricordiamo delle tante vittorie già all’attivo.

Ulisse non era un pazzo e non parte a caso. Con l’aiuto degli dei ottiene di poter lasciare Calipso che gli dona valide indicazioni per la navigazione, coordinate per la sua meta.

E noi? Beh noi abbiamo i nostri sogni ed i nostri valori che sono anch’essi una mappa.

Ulisse è partito. Bye Bye Calipso. Mani, zattera, mare … non mi tradite! E noi pure…sogni e polmoni, amore muscoli e coraggio teniamoci forte che ad ogni nuovo cambiamento un pò si balla…ma poi passa e noi siamo già persone nuove.

 

 

 

 

 

Calipso con dolore … scelgo ancora il mare.

Sottotitolo: Cara Calipso non sono insensibile alla tua proposta di immortalità. Se scelgo di riprendere il mare è per ubbidienza al mio progetto esistenziale, anch’esso demone in me, che non mi lascia dormire a lungo e mi spinge a crescere e crescere ancora. In questo viaggio non sarò solo perchè la vita intera ha bisogno che io diventa immortale in modo diverso attraverso l’arte, la saggezza e la trasforamazione del dolore. Fammi dono del tuo aiuto, indicami in quale direzione è la mia meta…e non volertene a male. Siamo stati bene insieme ma ora devo andare.

Liberamente ispirata alla chiacchierata finale tra Calipso e Ulisse vista con la proposta di Antonio Mercurio e proposta nel libro Ipotesi su Ulisse. Prima Che questi poi riprenda il mare, di nuovo, per l’ultimo pezzo prima di tornare a casa.

ulisse_e_calipso_20140617_1440828418Calipso:  Penso io a te
non soffrirai
non morirai
non soffrirai.

Mi prendo cura di te
riconosci il mio potere.

Prendere o lasciare
me o la morte
la sofferenza ti aspetta
e la vecchiaia

Amami non morirai
amami …firma qua.

Risultato grantito
formula collaudata
soddisfatto garantito
nessun rimborso
nessun reclamo.

E’ il momento di decidere
prendere o lasciare
vivere o morire
entrare o uscire.
…..

Ulisse:  dammi due legni per favore
ed una corda per poterle legare
il tempo è propizio
non ho più godimento nel mio cuore
non voglio restare
voglio andare
smettere di errare
ho visto abbastanza
ho sofferto a sufficienza

Tutto questo mi seduce
vorrei tanto esser pazzo e accettare

ma voglio andare
riprendere il mare
forse soffrire ancora
ancora piangere e penare
non posso farci niente
se resto sarò pure immortale
ma ho bisogno di nascere e di morire
ogni giorno e tante volte in un ora
il mio viaggio ed il mio dolore
hanno un senso …un onore…
un odore…e questo pure mi seduce
mi fa morire …ardere il cuore
desiderio di creare
fare di me qualcosa buona
essere e divenire.

Preferisco esistere
…ecco la sua penna.

Scappo via dalla sua vista
prima che me ne penta.

Addio Venere.

daZeroaInfinito.com…che tornando indietro nelle pagine del mio blog ho ritrovato questa cara poesia. L’immagine non è mia, è trovata in rete e cerca cerca sono approdato a questo link http://www.graziacalabro.it/1/photo-gallery/dipinti/serie-mitologia/ulisse-e-calipso-255.

Peppino…placa la tua ira.

 

9 maggio 1978. A Cinisi muore ucciso dalla mafia Peppino Impastato. Questo in sintesissima.

Dove hai sbagliato Peppino?
No, di certo non erano sbagliati i tuoi ideali di libertà e di giustizia.
Eppure in qualcosa hai sbagliato, ragazzo arrabbiato. L’ira ti ha accecato, e l’odio.
E questi 2 veleni non ti hanno fatto agire saggiamente.

Come Ulisse con Polifemo, allo stesso modo tu e la mafia.

Per lui, per te e per ognuno di noi c’è un fottuto divoratore che ci attende.
E come lui, come te, allo stesso modo ad ognuno di noi capita di entrare frequentemente nel suo regno.
Forse …per vedere, per capirci qualcosa.

Narra Omero che Ulisse è pieno di ira, Polifemo gli ha divorato due compagni.
Sguaina la spada ed è pronto ad ucciderlo…ma un altro pensiero lo placa.
Solo quel maledetto Ciclope può togliere l’enorme masso che blocca l’uscita.
Osserva Antonio Mercurio che Ulisse placa la sua ira, ma non il suo odio…lo rimuove solo.
Macera il suo orgoglio e decide di vivere un grande patimento da rinuncia.
Lui è pur sempre un Re ( e noi non siamo re?), è colui che ha fregato i troiani ( e noi non siamo i più astuti? ) e se non bastasse è pur sempre il capo dei suoi uomini ( e noi non abbiamo responsabilità?).
Le sue ragioni sono comprensibili, lo sono le tue Peppino, lo sono quelle di chiunque lotti contro l’ingiustizia e le mafie, lo sono quelle di ognuno di noi che vuole essere il re della propria vita.
Ma affermare quelle ragioni, andare allo scontro diretto non lo salverà. Non ha salvato te.

Forse …in questo hai sbagliato Peppino, e mi dispiace.
Forse …ti ha vinto l’ira …prima ancora della mafia.
Forse …sbagliamo noi tutti ogni volta che indossiamo l’armatura e ci armiamo sotto le effige del nostro orgoglio ferito, carichi della nostra ira.
Come l’elenco dei martiri similmente è lungo l’elenco degli eroici cavalieri solitari impegnati “a vita” a combattere contro mostri invisibili, fuori.

Il tuoi ideali oggi sono narrati come quelli dell’ennesimo martire.
Mi piacerebbe tu fossi ancora in vita, quegli ideali avevano bisogno di te per poter diventare qualcosa di più grande, un onda culturale e di sollevamento sociale in grado di chissà quali trasformazioni nelle persone prima che nella società, nell’ambiente e nella cultura mafiosa.
Forse…con la tua morte sappiamo ancor più e meglio quanto è preziosa la saggezza perchè i cambiamenti sono processi lunghi e difficili e dolorosi.
Forse …dovevi essere più saggio anche tu…perchè la mafia la si combatte da vivi, da morti si è solo parole e commemorazioni, mazzi di fiori e frasi fatte.

Ha fatto bene Ulisse, ha deciso di vivere la macerazione del suo orgoglio e della sua ira. Ha potuto così trovare un’altra soluzione e continuare il suo viaggio verso Itaca. Anche tu Peppino avevi un tuo progetto, una tua Itaca. E non voglio credere che il tuo progetto fosse quello di saltare in aria in una macchina.

A te Peppino … e a tutti ed a me ricordo di riflettere profondamente quando ci troviamo di fronte a qualcosa che ci fa avvampare di ira.
Manteniamoci vivi, diversamente la nostra ira genera solo martiri e nessuna bellezza.
Forse…vale la pena provarci.

Ciao Peppino.

Da Omero ad Antonio Mercurio_Dal Mito all’Infinito

Di Ulisse non si hanno prove circa la reale esistenza, Che esistesse ad Itaca un insediamento è dimostrato dai reperti archeologici, ma nulla parla dell’eroe dalle mille astuzie, nessun reperto o incisione. Cosa c’è di strano in questo? Beh niente. Praticamente a nessuno frega poi tanto che Ulisse sia realmente esistito e che l’ Odissea (narrata da Omero) sia vicenda realmente accaduta.

All’umanità del piano probatorio non frega nulla.

Il personaggio Ulisse, le sue avventure, i suoi patimenti, la sua capacità di trovare soluzioni in situazioni pazzesche costituiscono un patrimonio dell’umanità nel senso che ad ognuno è capitato, capita e capiterà di trovarsi in una situazione che simbolicamente è simile ad una delle tappe del re di Itaca. 

Certo che Omero ha fatto un lavorone!

Un altro lavorone lo ha fatto anche Antonio Mercurio che con il suo libro “Ipotesi su Ulisse” è penetrato nel racconto omerico e ne ha portato in superfice il contenuto sapienziale.

Antonio Mercurio ha fondato un corpus disciplinare potente ed innovativo ( l’Antropologia Personalistica Esistenziale – la Sophia Analisi – la Sophia Art e la Cosmo Art).

In “Ipotesi su Ulisse”, Antonio Mercurio prende per mano il lettore in un viaggio alla scoperta del contenuto sapienziale dell’Odissea come storia dell’uomo che compie un cammino di crescita e che vuole diventare artista della propria vita. 

In questa sezione mi ispirerò al lavoro di Antonio Mercurio ed a quello di Omero, con umiltà e consapevolezza.

In racconti dalla Zatterà accoglierò narrazioni ed osservazioni dall’Odissea della vita quotidiana per vedere in che modo le cose oggi sono “simbolicamente” come quelle narrate da Omero, e vedere come Antonio Mercurio le ha interpretate per trovare spunti per la nostra crescita.

E se viene fuori qualcosa di buono, beh ne sarà valsa la pena.

Leonardo 

Vuoi Avere Ragione o Vuoi Essere Felici?

Vuoi avere ragione o vuoi essere felice?

E’ capitato, capita e capiterà di subire delle ingiustizie

Cosa è fare? Reagire, lottare fino alla morte per affermare la giustizia ed avere ragione? Si ci può stare…ma gli altarini già sono troppo pieni di martiri; penso che possono bastare!

Ulisse nella caverna di Polifemo decise saggiamente di non affermare la sua giustizia vendicando i compagni, ne aveva anche lui diritto…era pur sempre un re ed un capo.

Scelse di rinfoderare la spada. Non per viltà, non per giustificare il male subit. Ulisse scelse di non mortificare il suo progetto di tornare a casa e di essere un uomo nuovo. Investì sangue e dolore in contenimento della sua ira per un progetto più grande…ritornare a Itaca…e scelse di voler essere felice.

(Riflessione liberamente ispirata al pensiero di Antonio Mercurio)