Riflessione sul quasi “post Covid” in un tempo di “strana quasi estate”

Da quando ci sono stati i primi allentamenti del lockdown ho iniziato a sentirne il peso. Stranezza questa! Durante la fase iniziale e centrale di questa pandemia il permanere in casa ha attivato in me tante energie di positiva resistenza e motivazione a fare cose che mi facessero stare bene. Ma da quando la morsa si è allentata qualcosa è cambiato e gradualmente è cresciuta l’insofferenza.

Metti il mondo dell’on-line ad esempio, per almeno due mesi l’ho utilizzato in modo massivo per lavoro, per la mia formazione, per incontrare persone e per mantenere relazioni social e mi piaceva anche un sacco. Da metà maggio invece qualcosa è cambiato, dicevo, e utilizzo questo potenziale con insofferenza. Sarà l’effetto del caldo e della vita che invita a stare fuori ed a incontrare e vedere in modo live, può essere.

Pensavo però che forse sulla distanza l’umano in noi ha bisogno di umane relazioni e di attività tipiche che il digitale non può sostituire. Sono certo che sulla distanza emergeranno tanti insegnamenti da questa fase, molti li racconteranno gli studiosi e tutti coloro che sono bravi a raccontare e descrivere ma tanti emergeranno dalla nostra esperienza diretta e avranno un senso speciale per ciascuno di noi e forse per altri non avranno alcun senso. Ci sta! Può capitare e forse capiterà. E’ stata una esperienza intensa questa della prima pandemia della mia vita, e della vita di tutti. E’ stata un esperienza anche difficile da digerire e che ci ha richiesto di mettere in campo tante energie e tante strategie per fare, crescere, creare, non pensare e non soffrire.  Forse siamo ancora mezzi dentro e tutto ci sembra familiare sconosciuto. Avete avuto anche voi la sensazione, facendo cose comuni come ad esempio guidare sulle strade del vostro quotidiano pre Covid 19, di una specie di smarrimento come se tutto vi fosse al tempo stesso familiare e nuovo? Beh a me è successo e succede. Questo lo ricollego con il senso di quanto questo periodo ci ha coinvolti nel profondo e quando e con quanta intenzione ci siamo dedicati a creare un ambiente domestico comodo al punto di esserci quasi riusciti. E forse ci siamo riusciti talmente bene che quando si è potuti di nuovo ritornare in strada in molti stiamo contattando sensazioni particolari.

Cambiamo in continuazione e questo periodo è stato uno un incubazione. Sotto la minaccia della paura ci siamo rinchiusi ed abbiamo creato ambienti i più confortevoli e sicuri possibili. Molti ci si sono trovati tanto a loro agio in queste limitazioni, penso ai tanti che nella vita facevano un pò fatica o si trovavano in un momento di stanchezza e di stress esistenziale per cui questa pausa di fatti li ha trovati disponibili, un pò anche contenti di vedere tutti fermi ai box un po contenti di sapere che tutti erano come loro finalmente fermi che lo volessero o meno. Molti invece non ci si sono trovati affatto a loro agio, per loro è stata una grande sofferenza ed una difficile condizione. Chiusi nelle nostre case in ciascuno di noi si sono annidati sentimenti ed emozioni opposte e così un pò per contenerle ed un pò per non vederle ci siamo tuffati nelle settimane delle 1000 cose da fare in casa e con 1000 strumenti e 1000 connessioni.

Come fanno i bachi ci siamo avvolti nel nostro bozzolo e dentro ci siamo rintanati e “forse” un pò anche trasformati. Non credo che ora verremo fuori cambiati in modo rivoluzionario, non verremo fuori trasformati in bellissime farfalle no non ora. Il cambiamento che potrà venire ha bisogno di tempo, ognuno ha avuto la propria incubazione, tante cose le abbiamo condivise con la comunità intera ma tante sono cose intime e che affondano direttamente ed in modo sacro nei sancta santorum della nostra anima e dei nostri pensieri.

Ora che le aperture si susseguono e possiamo andare dove ci pare con mascherine messe più o meno bene manteniamo il contatto con noi stessi perché in questi due mesi un pò è stato come ritornare in un utero e ora ci viene detto che possiamo venir fuori e possiamo farlo in tanti modi, possiamo far finta che non sia successo niente e “sticazzi”, e andiamo al mare, ed andiamo al ristorante, ed andiamo a lavoro, ed andiamo a correre, ed andiamo a trovare i genitori ed i nonni e chiunque ci metta quello che vuole.

Ci sta bene tutto, perché la paura è ridotta e alle minacce di una possibile ripresa se non stiamo più attenti non ci crede nessuno e questo non lo dico io, la prova è fuori per strada e basa uscire al balcone e guardare in strada per vedere che forse “sticazzi” sta vincendo.

Allora come veniamo fuori da questo utero in cui ci siamo rinchiusi per 2 mesi in full immersion? Possiamo far finta che non è successo niente, possiamo. Possiamo però anche scegliere di uscirne fuori per intero e scegliendo che quei messaggi e quei pensieri che abbiamo contattato sono speciali e che non vanno banalizzati o messi sull’altare del comune sentire espresso da imbonitori televisivi o della rete universale. No che nessuno possa scegliere di dare un senso profondo a quel nostro sentite in questo tempo sospeso. No non permettete ad altri di tirare le somme e di interpretare cose che non sanno. Probabilmente occorre tempo e non tutto deve avvenire entro domani o tra un mese o un anno, abbiate tempo e prendetevene tutto quello che vi serve perché quello che è successo i sono sicuro ha seminato in ognuno di noi tante cose buone e tante consapevolezze che forse non siamo pronti ad affermare e realizzare ma rispetto a prima tutto ora è ad un livello meno lontano dalla portata delle nostre mani, del nostro cuore e delle nostre quotidiane decisioni. Forse non tra un mese o un anno ma il seme di qualcosa di importante sono sicuro che è stato seminato e come tutti i campi seminati noi e solo noi potremo scegliere se prendercene cura, estirpiamo l’erba cattiva che la riapertura farà rispuntare nei nostri cuori, riconosciamola e tagliamola prima che cresca alta. Sono tempi particolari quelli che abbiamo vissuto e non ci dobbiamo far distrarre dal tran tran quotidiano e che ci chiede di correre e correre ancora persi in pensieri di poco respiro e di mezze parole, che ci chiede di dimenticare tutta questa smarrita primavera catalogandola nel dimenticatoio con il rischio di svegliarci pensando che sia una cosa “normale”. No, è stato un tempo pazzesco quello trascorso e di esperienze intense che saranno forse non tra un mese o tra un anno la piattaforma di una consapevolezza nuova per ogni persona e per l’intero genere umano.

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