1993, tempo dei miei 20 anni. Sono al mio secondo anno di università e mi decido che devo fare i conti con l’esame di matematica. Molti miei compagni mi dicono che sono andati a fare ripetizioni private. Io la vedo male! Ma non demordo. Mi metto di buona lena a frequentare le lezioni ed a prendere appunti. Il primo giorno del corso l’aula è strapiena e ricordo ancora come la docente che dice: “Non vi preoccupate, tanto tra qualche mese ci sarà molto spazio, vedrete!”. Io non le credo, e comunque io non sarei certo stato tra quelli che avrebbero abbandonato. Passano le settimane e prendo appunti come un forsennato. Il linguaggio della docente mi pare alieno e le lavagne piene di “cose” a cui, confido, prima o poi avrei dato un senso. Passano ancora le settimane e poi accade che durante una lezione la docente scrive “Qualcosa” e chiede all’aula di trovare l’errore. Dietro di me c’era una ressa di persone con braccio alzato che volevano rispondere…beh la faccio breve e dico che in quel momento ho capito che quello non era il mio posto😂. Vado avanti, per il momento l’esame di matematica è rimandato, mi dico.
Cresce in me un senso di insoddisfazione e di sfiducia, come potevo fare a superare quel maledetto esame? Era un impresa davvero ardua. A me non piaceva e poi avevo una preparazione di base non proprio adeguata dato che alle superiori la matematica si studiava solo nel biennio. Sentivo tanti parlare di “derivate” e sul mio futuro accademico si addensavano nubi. Al secondo anno faccio 1 esame nella sessione estiva, Ragioneria Generale e va abbastanza bene. Poi preparo Inglese per settembre. Accade però che il giorno dell’esame scopro che l’esame era stato rimandato, colpa mia per mancata informazione ma …mi muove dentro un senso di rabbia.
Avendo fatto un istituto tecnico commerciale mi visualizzavo come un commercialista se mi laureavo, oppure un ragioniere se non mi laureavo, e non pensavo di poter fare altro.
Quel giorno, dicevo, ero molto arrabbiato. Eppure non so come avevo una strategia per tirarmi fuori da quella situazione che mi demotivava.
Arrabbiato per il mancato esame fiuto una opportunità, ora o mai più. Decido di cambiare tutto. Vado in segreteria e faccio la rinuncia agli studi…Bye Bye Economia e Commercio. In un paio di giorni sono di nuovo una matricola e mi iscrivo all’Università degli studi di Bari, facoltà di scienze politiche con indirizzo politico amministrativo, concorro per una borsa di studio e la vinco, concorro anche per la casa dello studente e sono assegnatari di alloggio. Ero contento perché la mia strategia aveva funzionato. Un nuovo inizio.
Abito all’ottavo piano, stanza 801, della casa dello studente di via Fraccacreta ( in foto ). Seppur con un ritardo di 2 anni mi rimetto in carreggiata, certo un pò mi pesa, ma ho dentro un grande desiderio di rivalsa e poi sento che le materie oggetto di questa facoltà mi soddisfano di più. Non c’è quella cavolo di matematica e soprattutto sgombro il campo anche da quell’idea del commercialista che poi a me nemmeno mi è mai piaciuta. Quando si è ragazzi ci si racconta anche un sacco di menzogne per il semplice fatto di non avere “idea” di cosa fare, ci si fa piacere “qualcosa” piuttosto che sentirsi persi.
Questo anno tento anche il concorso in Guardia di Finanza, supero due prove della selezione per sottufficiale ma non supero quella di Italiano; negli anni ho sempre detto “meno male” perché di vero cuore io non mi ci vedevo proprio con una divisa e al contatto con armi.
Incontro persone nuove e sono felice di essere a Bari, la città è accogliente e mi sento motivato. Sono questi gli anni in cui imparo i primi rudimenti di chitarra, da autodidatta.
Per questi cambiamenti in famiglia non ho incontrato ostacolati, mia madre ha sostenuto le mie decisioni. Essere alla casa dello studente mi ha alleggerito molto della pressione legata alle spese, mi sentivo più sereno e con quello che mi finanziava la mia famiglia, con la borsa di studio e l’arte di arrangiarsi ho ripreso il viaggio. Nella casa dello studente ci si aiutava, i tesserini per mangiare gratis a mensa non mancavano e le sigarette – rigorosamente di contrabbando – costavano relativamente poco.
Il mio percorso ricomincia con l’esame di Economia Politica, e prendo un bel 28. Un buon inizio certamente e un buon tonico contro i sensi di colpa che mi ostacolavano facendo mi spesso pensare che avevo fatto una caz.ata.
Presso la casa dello studente si respira un clima di partecipazione politica attiva, si discute e si dibatte degli scenari e delle dinamiche politiche nazionali, faccio esperienza di occupazione e di proteste contro l’ente per il diritto allo studio che non garantiva e non supportava adeguatamente gli studenti fuori sede. Facevamo anche delle belle feste e vivevo in questo ambiente un senso di piacevole familiarità. In termini musicali è per me il momento in cui conosco e ascolto molto i Nomadi, ma anche Guccini (che però già conoscevo).
In Italia il clima politico è caratterizzato dagli sviluppi impetuosi delle indagini del pool di Milano sul sistema di tangenti e corruzione, mani pulite. Questo anno lo stesso Bettino Craxi fa i conti con le indagini e la protesta:
Non so dove ho tratto le informazioni che poi hanno alimentato e indirizzato le mie scelte in quel settembre ’93. Avevo intuito una traiettoria e ho scelto di entrarvi dentro con tutto me stesso. Scegliere di rinunciare agli studi, ed agli esami, fu doloroso ma quella via non portava – per me – da nessuna parta.
Il percorso che ho intrapreso poi negli anni in molti hanno detto che era una sorta di facoltà facile. Io non lo so e sinceramente a me non interessa proprio. Io so solo che a me piaceva un sacco e che in ogni esame sono cresciuto e da ogni esame ( escluso statistica, giuro😂😂) io ho attinto informazioni che negli anni ancora mi alimentano la capacità di ricerca e la curiosità verso il sapere. Sono grato a questa opportunità che mi ha aperto le porte e mi ha fatto sentire “ben accolto”. … c’era solo un piccolo dettaglio però… Avendo fatto la rinuncia agli studi avevo perso la possibilità di fare il rinvio del servizio militare, ma avevo anche per quello una strategia…incrociavo le dita che tutto andasse secondo i miei piani.
Vasco quell’anno cantava “Gli spari sopra”
Ci vediamo domani nel 1994…