Libri #1. “Furore” di John Steinbeck

Antefatto: Quella sera ero a casa come una delle tante sere, e su Rai 1 c’era il Festival di Sanremo.
Forse ero in attesa e forse mi sono trovato per caso, non ricordo ma questo è comunque secondario.
Fatto primario è invece che a distanza di anni ricordo la grande emozione che ho provato nel sentire l’esibizione live con chitarra ed armonica di Bruce Springsteen in “The gost of Tom Joad”.
Ogni tanto ho rivisto il video su You Tube. Da chitarrista autodidatta mi sono divertito a cantarla, a modo mio naturalmente
🙂  . Sapevo che il brano era ispirato ad un romanzo.
Sono passati anni, poi lo scorso aprile il ricordo mi si è riacceso e con essa la curiosità: “ Ma quale cavolo è il romanzo?”.
Detto fatto, un click qua un pagamento on line e nel giro di 3 gg il pacco è sulla mia scrivania.
John Steinbeck “Furore”. Passano 6 mesi e poi dieci gg fa lo ritrovo tra i libri ancora da leggere.

2014-10-07 08.17.56Ok, Si parte.

Sin dalle prime pagine ho provato un sentimento di rispetto per la storia che gradualmente si andava sviluppando.
Furore ( titolo originale The Grapes of wrath) è un racconto intriso di umanità, una umanità dignitosa e polverosa.

Come lettore ho sentito un senso di cura e di rispetto per le vicende che la famiglia di Tom Joad vive nel suo viaggio dalla arida ed ormai ostile fattoria dell’ Oklahoma, percorrendo la famigerata Route 66 a bordo di un camioncino allestito alla meno peggio, e fino alla terra dei “sogni” – o almeno così dicono i volantini – la California.  Tante difficoltà sbiadiscono al confronto con quelle che hanno vissuto i Joad e tante famiglie di mezzadri americani costretti a lasciare le case e le terre, un tempo ricche e fertili, ma ora non più loro … non più fertili … non più ospitali ed accoglienti e sotto la minaccia delle macchine dei grandi latifondisti.

Intere famiglie di mezzadri si svegliano un bel giorno con la consapevolezza di doversi reinventare la vita, con una meta da raggiungere si mettono in viaggio, diventano nomadi in viaggio per sopravvivere.

La meta è indicata su un volantino in cui si invita ad andare in California a lavorare alla raccolta delle pesche con la promessa di una casa, un buon salario ed accoglienza. Nulla di più falso, e pian piano quello che sembrava un viaggio verso un nuovo sogno si arricchisce di disillusione e di triste constatazione che la meta, la California, è un luogo di sfruttamento e di rifiuto.

Lungo le pagine del romanzo emerge il grande valore della vita, il valore sostanziale fatto di decisioni che continuamente cambiano il corso della storia. La famiglia di Tom non ha tempo per piangere troppo, non ha tempo di ostinarsi troppo. Vivere è l’unico modo per avere una speranza, ed anche odiare fino in fondo è un lusso che i Joad ( e molti altri come loro ) non possono permettersi. Accettare di lavorare per mangiare, accettare di lasciare andare un figlio, accettare l’impotenza e aiutarsi vicendevolmente per reciproco bisogno, piangere quel poco che basta per rimettere tutta la propria vita su un camion e ripartire.

Quella della famiglia di Tom Joad non è il racconto dei vincitori, ma è una finestra aperta sul tempo e lo spazio di allora come di oggi e che narra delle vicende umane che vive chi decide pienamente di vivere, vicende multicolori di fame e di passioni, di emozioni acute in tutte le direzioni, di grandi errori e di grandi speranze, di grande rispetto per l’umano che fa semplicemente tutto il possibile per non cedere alla morte ed alla disperazione finale.

Un libro che consiglio di leggere sicuramente, e consiglio di farlo con un senso di silenzioso rispetto. Entrando nelle pagine forse capiterà anche a voi di percepire di trovarvi in una storia che vi appartiene e appartiene all’umanità intera e di cui è bene prendersi cura.

Il tempo del riscatto e della vittoria ….quella è un’altra storia. In queste pagine c’è l’uomo che vive, che ha fame, che è sporco, che scappa, che uccide, che decide e deve difendere la sua esistenza perché essa è il vero sogno e la vera meta … non la California.

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